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29 Aprile 2021
17:06

Zoonosi e One Health queste sconosciute: gli italiani non sanno di cosa si sta parlando

Gli italiani non sanno cosa sia la zoonosi. E, a pensarci bene, non sanno neanche come definirla. L’approccio sanitario “One health”, che lega la sanità animale a quella veterinaria, è un illustre sconosciuto. E’ quanto emerge in un sondaggio condotto dall’Istituto di ricerche Swg per conto di Federchimica Aisa, l’Associazione nazionale delle imprese della salute animale.

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Gli italiani non sanno cosa sia una zoonosi. E, a pensarci bene, non sanno neanche come definirla. L’approccio sanitario “One health”, che lega la sanità animale a quella veterinaria, è un illustre sconosciuto. E’ quanto emerge in un sondaggio condotto dall’Istituto di ricerche Swg per conto di Federchimica Aisa, l’Associazione nazionale delle imprese della salute animale.

Otto italiani su dieci non hanno mai sentito il termine zoonosi. Il 56% ammette di non saperne dare la definizione. La situazione si fa complessa anche quando si chiede se si sa il significato di “One Health”, sconosciuta per più dell’80% degli intervistati. L’85% degli italiani, però, si dichiara d’accordo sul fatto che la salute umana, quella animale e quella dell’ecosistema siano interconnesse, con più di 6 su 10 che dichiarano che per tutelare la salute dell’uomo sia fondamentale assicurarsi che in buona salute sia anche l’ambiente circostante. Il 72% infatti sottolinea come la tutela dell’ambiente e quella della biodiversità (68%) siano fattori chiave.

Su Kodami abbiamo spinto sin da subito nel voler contribuire a aumentare la consapevolezza e la conoscenza tanto del concetto di "One Health" che nello spiegare cosa sono le zoonosi. In una puntata di MeetKodami, il format video in cui incontriamo personalità del mondo della scienza e della cultura, il giornalista scientifico David Quammen ha così spiegato l'importanza della interconnessione tra la nostra e le altre specie: «Il concetto di One Health è importante per descrivere una vera e propria filosofia di vita per prenderci cura del mondo. Come? Ricordandoci che queste malattie diffuse dagli animali ci colpiscono duramente, come nel caso della covid-19 che fa parte proprio della stretta interconnessione tra animali umani e non. Abbiamo dunque bisogno che gli animali vivano in salute: tutti, selvatici compresi soprattutto. Dobbiamo trovare un equilibrio nel rapportarci a loro e non continuare a distruggere ambiente e fauna e ciò va fatto non solo per proteggere loro ma anche noi stessi. Questo significa avere a cuore il concetto di “una sola salute”».

Anche la lotta ai cambiamenti climatici risulta tra le necessità da affrontare: sono infatti il 67% gli intervistati che ne sottolineano l’urgenza. Spazio poi anche alla salute degli animali, che siano da compagnia, selvatici o da allevamento: la preoccupazione per il loro benessere è alta e percepita dal 62% degli italiani come da “molto” a “fondamentale” strumento per assicurare anche all’uomo una vita in salute.

Le incertezze spariscono anche quando si parla di possibili future pandemie. L’emergenza sanitaria in corso non sarà unica e irripetibile per l’80% degli intervistati, secondo i quali il rischio sarà molto altro anche nei prossimi anni. Quando si passa a chiedere dei fattori che possono aver influito sul diffondersi della pandemia, le idee si fanno meno chiare. Il 42% dichiara che uno scarso controllo sanitario sugli allevamenti e una sempre maggiore commistione tra animali e uomo abbia pesato “abbastanza” sul diffondersi della pandemia. Stessa risposta quando viene chiesto di esprimersi sul ruolo dell’inquinamento atmosferico (40%), sulla riduzione della biodiversità (43%), sull’eccesso nell’utilizzo di antibiotici nell’uomo e negli animali (37%). Il 92% concorda sul bisogno di investire nella riduzione dell’inquinamento, così come nel mettere in atto pratiche significative per il miglioramento della qualità di vita degli animali allevati (92%). Alte anche le percentuali di chi ritiene fondamentale intervenire a tutela della biodiversità (91%) e infine sulla necessità di migliorare la capacità di cura degli animali, da allevamento e domestici, sviluppando nuovi medicinali veterinari (88%).

Ilaria Capua: «I veterinari non sono medici di serie B»

E’ Ilaria Capua, direttrice del Centro di eccellenza One Health dell’Università della Florida, a sottolineare che i veterinari possono avere un ruolo da «guardiani di ciò che sta accadendo» perché «possono leggere i cambiamenti e devono spingere le istituzioni a fare determinate cose». «Noi veterinari non siamo medici di serie B – aggiunge Capua – Sono amareggiata dal fatto che durante la pandemia i veterinari non siano stati cercati per niente».

Per Arianna Bolla, presidente di Federchimica Aisa, «l’emergenza sanitaria in corso sta rendendo tutti più consapevoli di quanto la salute umana sia interconnessa con quella animale e del pianeta in cui viviamo. Un concetto, quello di One Health, che non può realizzarsi senza crescenti e continui investimenti in ricerca e innovazione, da cui la richiesta che la medicina veterinaria sia parte a pieno titolo del piano di resilienza istituzionale. Una sola salute presuppone anche una collaborazione ed un dialogo trasparente e aperto tra istituzione pubblica e interesse privato. La sfida maggiore è quella di riconquistare la fiducia dei cittadini».

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