L’inferno sulla terra sta per ritornare e Yulin, come ogni anno, si prepara ad accoglierlo. Anche il 2021, malgrado l’inversione di tendenza registrata in tutto il sud est asiatico e in Cina che fa del consumo di carne di cane una pratica sempre più obsoleta e detestata, vedrà ripetersi i dieci giorni del Festival del solstizio d’estate che trasforma Yulin, in Cina, nel più grande mattatoio all’aperto del mondo. Cani e gatti, randagi o rubati ai proprietari, per dieci giorni ammassati dentro minuscole gabbie, venduti e uccisi sul momento per essere cucinati. Un festival che, inventato dai macellai cinesi nel 2009 per rilanciare una tradizione sempre più in caduta libera, celebra l’antica credenza orientale che mangiare carne di cane (e di gatto) aumenti la virilità, sia bene augurale e, genericamente, faccia bene alla salute. Soprattutto se questi animali muoiono fra le più indicibili sofferenze (bruciati o bolliti vivi, anche) perché la tradizione vuole che la sofferenza renda la carne più tenera. Tutto questo in aperto contrasto con quanto insegnato dalla pandemia da covid-19 sul consumo di carni di animali selvatici o comunque macellate in condizioni estreme come i mercati all’aperto, gli ormai famosi wet market.
Il flash mob a Roma di APA Action Project Animal
A Roma lunedì 21 giugno alle 15:00 scatterà il primo flash mob di protesta contro il Festival di Yulin e il consumo di carne di cane. Ad organizzarlo sarà Davide Acito, fondatore di APA Action Project Animal che dal 2016, con una serie di missioni sul posto, ha salvato più di mille cani dai mattatoi cinesi. È l’attivista a lanciare il flash mob dalla sua pagina Facebook, contro «una ‘"pratica" che non più essere tollerata perché indegna non solo di quella nazione, ma dell'umanità tutta». L’appuntamento è a via Bruxelles 56. «Quest’anno – spiega Davide – come anche nel 2020 non saremo in Cina ma dall’Europa coordineremo gli interventi dei nostri attivisti sul territorio di Yulin. La squadra locale di Apa è sempre presente a Yulin, come in altre zone della Cina, e ci invia aggiornamenti continui lungo tutto l'arco dell'anno sui diversi aspetti della questione animale, soprattutto relativamente ai cani. Monitoriamo i mercati, così come di anno anno, osserviamo direttamente sul posto l'evoluzione di questa pratica ormai osteggiata e condannata da una parte considerevole dei cinesi, soprattutto giovani, ma comunque ancora dura da debellare».
Il Festival di Yulin, malgrado il covid-19
Il Covid-19 e la pandemia che si è scatenata dal wet market di Whan, infatti, non ha messo un freno definitivamente né il festival né il Dog Meat Trade. «Purtroppo non si è mai fermato, nemmeno lo scorso anno in piena ondata da pandemia a livello globale da Sars-cov2 – continua Acito – In Cina di fatto ha chiuso solo il wet market di Wuhan nei pochi mesi in cui il governo cinese ha messo in atto tutta una serie di strategie per contenere il contagio. E di fatto il Festival del Solstizio d'Estate di Yulin non ha mai subìto nessun tipo di ripercussione, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare o sperare». È d’accordo anche Martina Pluda, rappresentante in Italia di HSI Humane Society International, associazione per il benessere degli animali attiva in tutto il mondo. «Il commercio di carne di cane a Yulin avviene tutto l’anno. L'anno scorso, durante la pandemia, i nostri gruppi partner cinesi hanno osservato il commercio ad un livello che molto probabilmente potremmo definire al minimo storico, come ci si poteva aspettare. Quest'anno a Yulin gli stessi partner ci riferiscono che il commercio si è ripreso leggermente dall'anno della pandemia, il che non ci sorprende. Tuttavia, nel complesso, i volumi del commercio non sono gli stessi del passato. In ogni caso, migliaia di cani e gatti soffriranno ancora a Yulin».
Il commercio di carne di cane nel mondo
Secondo HSI sono 30 milioni i cani che ogni anno vengono uccisi in tutta l’Asia. «Si stima che in Cina ci siano oltre 91 milioni di cani e gatti domestici. Ben 10 milioni di cani vengono uccisi per la loro carne soltanto in Cina – continua la Pluda – tutto questo mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che tale commercio diffonde malattie come la rabbia e aumenta il rischio di colera». Malgrado questi numeri impressionanti, alcuni dati confortanti emergono dalle ultime ricerche fatte. Secondo il sondaggio condotto nel 2016 dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con HSI Humane Society International e Avaaz, la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane. «La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani – conclude la Pluda – Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Nel 2017 un nostro sondaggio rivelò che anche a Yulin il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla».
Il consumo di carne di cane continua a diminuire: cambio di mentalità?
«Il consumo di carne di cane è sicuramente in calo, lo abbiamo visto nel corso degli ultimi anni in occasione delle nostre missioni a Yulin», aggiunge ancora Acito che, oltre a sostenere un rifugio con oltre 300 cani in cui ce ne sono dieci pronti per essere adottati in Italia e in Germania grazie alla collaborazione con l'associazione tedesca Förderverein Animal Hope and Wellness. «Sta sicuramente cambiando la mentalità della popolazione. E’ stato molto importante anche il segnale che il governo cinese ha lanciato lo scorso maggio escludendo, almeno come indicazione, cani e gatti dalla lista degli animali considerati "bestiame'" indicandoli espressamente per la prima volta come "animali da compagnia" per gli umani. Sono solo indicazioni e non sono vincolanti, ma un passo fondamentale. Certo non è ancora tempo di cantare vittoria, perché è necessario un reale cambiamento culturale, prima ancora che legislativo».
I wet market: I mercati orientali dove si vendono animali vivi
Per chi frequenta l’Asia, i wet market sono una consuetudine. Si trovano ovunque tra Cina, Vietnam e Thailandia. La presenza di animali vivi, stipati dentro le gabbie ed esposti per essere venduti e macellati rimane sempre inquietante e disturbante soprattutto per gli europei. I nostri mattatoi sono nascosti alla vista e non abbiamo l’abitudine di vedere gli animali spaventati per la sorte che stanno per subire. In Cina, al momento solo la città di Shenzen, seguita da quella di Zhuhai, ha trasformato in divieto la dichiarazione del governo cinese, vietando di fatto il consumo di carne di cane e di gatto. «Ma sono città accanto a grandi metropoli come Hong Kong e Macao – spiega Acito – e quindi possono contare su un'opinione pubblica molto differente da quella che si trova nel resto del sud della Cina, molto più rurale ed arretrato. Ma in Cina ogni grande città ha almeno un grosso wet market dove è possibile trovare qualsiasi tipo di animale destinato al consumo umano: Yulin, ad esempio, ha due grossi mercati dove è possibile trovare regolarmente durante l'anno carne di cane, come in altre grosse città del Guangxi: Qinzhou, Guilin e la capitale, Nanning. Ma non mancano nemmeno Pechino e ad Harbin (detta la città di ghiaccio), dove fa molto freddo e si crede che il consumo di carne di cane renda più resistenti alla rigidità delle temperature locali, allevamenti di cani e slaughterhouse dedicate sono purtroppo ancora molto diffusi».