È atterrata a Shanghai giovedì dopo un volo di 16 ore, con uno speciale aereo "panda express" FedEx. È tornata a casa YaYa, il panda gigante da vent’anni esatti ospite dello zoo di Memphis negli Stati Uniti grazie ad un programma di prestito ventennale stipulato tra le due superpotenze mondiali a conferma di quella che viene definita la “diplomazia dei panda”. Tutto come previsto e come programmato, con tanto di invio di uno staff di veterinari cinesi per organizzare e supervisionare le operazioni di un trasporto non facile e di sicuro ritorno mediatico planetario. Viaggio e arrivo come da programma e coda di polemiche sullo stato di salute del panda che non accennano a diminuire, soprattutto grazie ai social. Nel frattempo, YaYa trascorrerà a Shanghai un mese di quarantena e quindi prenderà di nuovo il volo verso Pechino, dove trascorrerà il resto della sua vita. Come un bravo soldatino, ha offerto il suo servizio di ambasciatrice di pace e di buoni affari ed ora potrà finalmente riposare in pace, nel posto dove è nata.
Venti anni nello zoo di Memphis per YaYa
Il permesso di riesportazione di YaYa e del suo compagno di vita LeLe, morto a febbraio, per rispedirli in Cina era stato presentato dallo zoo di Memphis il 13 gennaio e nuovamente presentato il 24 febbraio, così come avevano spiegato gli attivisti di Panda Voices, gruppo nato per difendere dai maltrattamenti i panda LeLe e Ya Ya arrivati allo zoo di Memphis dalla Cina nel 2003. LeLe però è nel frattempo morto a febbraio e quindi il ritorno di YaYa in Cina è stato un ritorno solitario, anche se molto atteso. Da diverso tempo, infatti, in Cina si era diffuso un malcontento generale riferito alle condizioni fisiche del panda. YaYa era stata spesso ritratta smagrita ed emaciata. Il pelo ormai opaco e chiazzato ai limiti dell’alopecia era diventato il simbolo di una vita vissuta al di sotto dei livelli di benessere che i cinesi auspicano per i loro beniamini distribuiti nel mondo in nome di prestiti soprattutto diplomatici. Sempre Panda Voices aveva inoltre denunciato: «tra il 2007 e il 2012, lo zoo ha eseguito 4 inseminazioni artificiali su YaYa, tutte terminate in aborti spontanei. Ciò ha causato danni irreversibili al suo corpo e al sistema immunitario e potrebbe aver peggiorato la sua malattia della pelle».
Sempre secondo l'associazione «dal 2008 a oggi, YaYa ha avuto un‘infezione da parassiti, che causa prurito estremo e perdita del pelo. Questo fatto è stato confermato dallo zoo di Pechino nel 2014 e nel 2020. YaYa potrebbe anche avere problemi con i parassiti del sangue, ma non può essere confermato senza il permesso dello zoo di fare esami indipendenti e di controllare gli esami già fatti». Oltre ad una nutrizione insufficiente a base di bambù forse di cattiva qualità, secondo le denunce dell'associazione inoltre i due panda avrebbero negli anni sviluppato atteggiamenti stereotipati a causa della mancanza di movimento. «Dal 2020 ad oggi, lo zoo di Memphis ha temporaneamente sospeso le visite. Attraverso la panda cam 24 ore su 24, i fan hanno scoperto YaYa e LeLe rinchiusi in una cella fino a un massimo di 18 ore al giorno. Poiché i panda hanno bisogno di grandi spazi, ciò ha causato un grave disagio mentale chiamato "comportamento stereotipato"».
Al di là del valore attribuito ai panda dalla popolazione cinese come simbolo di una nazione e della sua storia, sta di fatto che alla storia di YaYa, e in qualche modo di LeLe, è stato attribuito anche il ruolo di barometro dei rapporti tra Cina e Usa. Si è voluto sottolineare che, nel momento in cui la Cina aveva bisogno di affermare il suo ruolo di superpotenza, i due panda sono stati utilizzati come messaggeri di pace e simbolo dei migliori rapporti esistenti fra i due stati. Oggi, che questi rapporti appaiono se non compromessi almeno sicuramente molto più fragili, il ritorno del panda superstite è stato invocato dalla popolazione e presentato dalle autorità quasi come il riaffermare autonomia e indipendenza dai voleri degli Stati Uniti.
Cattive condizioni di salute documentate
In mezzo a tutto ciò, YaYa ha trascorso venti anni in uno zoo americano, quello del Tennessee, dove era stata accolta con tutti gli onori nel lontano 2003 insieme a LeLe. La sua storia è stata quella di un animale in cattività: accolta come una principessina, ha poi continuato a vivere le sue giornate esposta nello zoo, sotto continua osservazione dei visitatori prima e poi delle telecamere che la spiavano ventiquattro ore su ventiquattro per informare tutti del suo stato di salute, raccontando contemporaneamente come trascorreva le sue giornate. Proprio queste immagini, quando avevano cominciato a raccontare la sua trasformazione, dimagrita e il pelo cadente, avevano suscitare sdegno da parte della popolazione cinese che aveva cominciato ad accusare lo zoo e gli americani di maltrattare il panda. Lo zoo, però, ha sempre negato qualsiasi maltrattamento, indicando invece nell’avanzare dell’età e in una malattia della pelle le causa della caduta del pelo e del suo dimagrimento. Alla partenza da Memphis di YaYa, la raccolta firme per il suo ritorno in patria, lanciata sulla piattaforma Change.org da Panda Voices, aveva appena superato le 190 mila adesioni.
In natura restano solo 1.900 panda giganti
I panda giganti sono considerati vulnerabili dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) fin dal 1990. Le cause vanno ricercate nella bassa fecondità, visto che le femmine si accoppiano una volta l’anno e danno alla luce uno o al massimo due cuccioli, ma anche a causa della scomparsa delle foreste di bambù provocata dai cambiamenti climatici. Il bambù rappresenta infatti il 90% del cibo il panda gigante mangia quotidianamente, complessivamente tra i 12 e i 30 chilogrammi al giorno. Secondo uno studio condotto dal WWF, nel 2014, in natura, esistevano ancora 1864 panda. «Sebbene la stima attuale sia di circa 1.900 individui, si ritiene che il numero di panda maturi che si riproducono sia compreso tra 500 e 1.000 – spiega il WWF. – Come molte altre specie, il panda è in pericolo perché le sue foreste vengono distrutte e sono sempre più ridotte ed isolate. Questo porta gli animali a spostarsi maggiormente esponendosi al bracconaggio e a molti altri rischi. L’ultimo nostro censimento ha individuato 1.864 panda, di cui almeno 1.000 nelle aree protette create dal WWF in collaborazione con il governo cinese. La deforestazione, la costruzione di nuove strade, di dighe e di insediamenti urbani causa la riduzione e frammentazione dell’habitat del panda che oggi è relegato a una ventina di aree residue, per una estensione complessiva di circa 23.000 km2. Le foreste in Cina, diminuiscono di anno in anno a causa di un crescente disboscamento e diventa quindi sempre più difficile per questo animale trovare germogli di bambù necessari al suo sostentamento».
Molto inferiore il numero dei panda che tuttora vive in cattività negli zoo di tutto il mondo, anche grazie ai progetti di prestito oramai diventati una consuetudine per il governo cinese. Secondo il China Conservation and Research Center for the Giant Panda, una struttura di ricerca e allevamento di panda gigante a Bifengxia Town, a Sichuan in Cina, i panda giganti allevati in cattività in tutto il mondo sono 673, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa. Duan Zhaogang, direttore del centro, ha recentemente attribuito questo aumento della popolazione al rapido sviluppo delle tecnologie di riproduzione artificiale. «La popolazione selvatica in Cina è passata dai 1.114 esemplari degli anni '80 a 1.864, mentre nello stesso periodo anche gli habitat protetti per la specie si sono notevolmente ampliati – ha dichiarato Duan – negli ultimi 10 anni sono stati liberati in natura 10 panda giganti in cattività, nove dei quali sono sopravvissuti».