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20 Marzo 2023
17:17

Ya Ya tornerà in Cina, ma non sarà libera: per il panda è solo un viaggio verso un’altra prigionia

Scaduto il prestito grazie al quale la femmina di panda gigante viveva in uno zoo degli Stati Uniti, prima in compagnia di un maschio, poi da sola. Dopo vent'anni tornerà in patria ma non sarà un ritorno alla libertà, solo l'ennesimo trasferimento forzato.

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Giornalista

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Ya Ya, la femmina di panda gigante che la Cina prestò agli Stati Uniti vent’anni fa, tornerà in patria. Il “prestito” è scaduto e sono cominciati i preparativi con diversi medici veterinari arrivati dalla Repubblica Popolare Cinese per assisterla durante il trasferimento e l’organizzazione di un viaggio per niente semplice per un'esemplare anziana e ormai fragile che vive in un recinto da due decenni.

Nel frattempo, sembra che tutti abbiano qualcosa da dire riguarda Ya Ya e il suo futuro: sulla sua permanenza allo zoo di Memphis, sulle sue condizioni di salute, sulle controversie politiche che sono dietro a questi “prestiti” di animali tra stato e stato, su dove sarebbe meglio per lei vivere gli ultimi anni di una già miserabile vita, praticamente sempre in cattività.

Sembra che tutti possano dire qualcosa, a parte Ya Ya che da vent’anni è la protagonista di un progetto diplomatico che fa dei panda giganti, originari della Cina e simbolo in tutto il mondo degli animali in via d’estinzione, le pedine di una partita a scacchi tra le diplomazie delle potenze mondiali.  L’ultima volta è stato un regalo al Qatar, in occasione dei campionati di calcio. Ma era solo l’ultimo appuntamento di una prassi consolidata ormai da decenni.

L'arrivo dalla Cina nel 2003 assieme a Le Le

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Tutti sono dunque autorizzati a dire qualcosa, a parte Ya Ya che, tra l’invecchiamento fisiologico, la noia della vita all’interno dentro un recinto, la solitudine delle giornate senza un compagno di avventure, quattro inseminazioni artificiali senza successo e la pelliccia sempre più spelacchiata ai limiti dell’alopecia, a breve prenderà la strada di casa, trasferita come un pacco senza sentimenti e senza emozioni.

«Il permesso di riesportazione dei panda per rispedirli in Cina è stato presentato dallo zoo di Memphis il 13 gennaio e nuovamente presentato il 24 febbraio», spiega Panda Voices, gruppo nato per difendere dai maltrattamenti i panda Lele e Ya Ya arrivati allo zoo di Memphis dalla Cina nel 2003. Sottolineando però che di Le Le tornerà solo il corpo, perché nel frattempo il panda maschio è morto il 1 febbraio: per “maltrattamenti e incapacità dello zoo di Memphis”, azzardano i social cinesi che cavalcano la questione in un’ottica scontro USA/Cina, per “problemi cardiaci”, rilancia invece lo zoo.

Una raccolta firme, lanciata da Panda Voices su Change.org,  ha già raggiunto 165 mila adesioni, con l’obiettivo di convincere il CEO dello zoo del Tennessee Matt Thompson a rimandarlo in Cina per trascorrere i suoi ultimi anni di vita in un ambiente dove venga curato di più di quanto non siano riusciti a fare a Memphis.

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«A partire dal 2007 – denuncia Panda Voices – lo zoo ha effettuato 4 inseminazioni artificiali su Ya Ya in 5 anni, nessuna delle quali ha avuto successo, causando forse danni irreversibili alla sua salute. Già nel 2008, YaYa perdeva parti di pelo, dopo 13 anni, la mancanza di pelo si è diffusa in tutto il corpo». Secondo quanto sostenuto dagli attivisti del gruppo, lo zoo di Pechino avrebbe confermato che già nel 2014 Ya Ya soffriva di infezioni da parassiti che causavano la sua malattia della pelle. «Tuttavia, lo zoo di Memphis continua invece a sostenere che Ya Ya ha una fluttuazione ormonale stagionale che causa il diradamento del pelo e che sembra magra a causa della sua piccola struttura. Hanno anche detto ai fan che YaYa "non è fotogenica" dichiarandola invece "perfettamente in salute!". L’altra questione denunciata è quella del bamboo, che costituisce il 99% della dieta di un panda. Secondo il gruppo quello fornito dal panda è insufficiente per le sue necessità e poco vario, oltre che di qualità scadente, tanto che Ya Ya lo avrebbe rifiutato più volte.

Infine, Panda Voices mette l’accento sulla sofferenza psicologica, sottolineando quanto sia inscindibile nelle valutazioni sul benessere animale: YaYa e LeLe non solo avrebbero sofferto fisicamente per le malattie e la fame, ma anche per la prigionia: «Fino a 18 ore nel recinto ogni giorno! Nelle ultime 4 settimane, a YaYa è stato permesso di uscire all'aperto solo 4 volte!» Da qui i gravi segni di comportamenti stereotipati, un «danno mentale irreversibile causato da un ambiente anormale».

I "progetti di conservazione" dello zoo

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Lo zoo americano, invece, parla della permanenza dei due panda e del ritorno in Cina come di un trionfo delle relazioni tra i due paesi, annunciando sulla homepage la scadenza del contratto di prestito. «Dopo due decenni, l'attuale contratto di prestito del panda gigante dello zoo di Memphis con l'Associazione cinese dei giardini zoologici terminerà e Ya Ya farà il viaggio di ritorno in Cina entro i prossimi mesi» scrivono.

Sugli anni trascorsi in America, lo zoo, che permette l’osservazione in diretta di Ya Ya grazie ad una video cam,  sottolinea come i due panda si fossero trasformati in «parte integrante della comunità di Memphis negli ultimi 20 anni», ma soprattutto sottolinea l’importanza della loro presenza da un punto di vista scientifico, giustificando il prestito come fondamentale per la ricerca: «Siamo grati per il tempo che abbiamo potuto trascorrere con loro. Durante la loro permanenza allo zoo di Memphis, Ya Ya e Le Le hanno contribuito a progetti pionieristici di ricerca e conservazione per insegnare agli altri l'importanza della loro specie. È stato un privilegio ospitare questi incredibili orsi allo zoo di Memphis negli ultimi due decenni e l'impatto che la loro cultura ha avuto sulla città di Memphis sarà ricordato per sempre».

Quale sia stato però l’apporto da un punto di vista scientifico, quali ricerche li abbiano visti protagonisti, quali spunti e quali novità abbia portato il loro studio riguardo ad una specie così amata nel mondo, non è dato sapere.

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Nel frattempo, da quando lo zoo ha annunciato la scadenza del prestito e l’imminente ritorno a casa di Ya Ya, i social cinesi sembrano essere ossessionati da questo ritorno, mentre i media cinesi controllati dallo stato raccontano come l'animale sia stato trascurato, alcuni addirittura mettendo in connessione i peggioramenti delle condizioni fisiche di Ya Ya con il deteriorarsi delle relazioni tra USA e Cina. La morte dell’esemplare maschio all’inizio di febbraio avrebbe ulteriormente acceso la discussione anche se China Daily ha invece fatto riferimento ad un'autopsia congiunta di esperti cinesi e statunitensi, che avrebbero concordato sulla morte per una malattia cardiaca.

L'autopsia condotta dopo l'arrivo di un gruppo di esperti cinesi allo zoo di Memphis – secondo quanto riporta il quotidiano in lingua cinese – avrebbe escluso alcune malattie comuni che potrebbero aver causato la morte di Le Le, come torsione intestinale, aortoclasia e rottura di un ascesso epatico piogenico. Infine gli esperti arrivati da Pechino in questi giorni per gestire il trasferimento, sottolineando la perdita di pelo di Ya Ya, hanno riacceso il focolaio. Ya Ya, che dalle immagini dei tanti video che la riguardano, appare molto emaciata e con un pelo piuttosto malandato, tace. E rimane in attesa di un lungo viaggio alla fine del quale non cambierà molto: l’attende un nuovo recinto e altro bamboo. Forse però di qualità migliore.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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