La pandemia ha triplicato le adozioni dei gatti e ha diminuito del 20% quelle dei cani. E’ questo il dato più completo che oggi c’è in Italia. Ed è di Legambiente, che nel X Rapporto Animali in città ha fornito una fotografia chiara e attendibile.
Nell’anno del boom della Covid, il 2020, sono state forti le disparità tra Nord e Sud, con un Paese ancora indietro sulle sterilizzazioni, con un alto costo per i cani vaganti, la mancanza di regolamenti e uno scarso livello di conoscenza della biodiversità animale. Il lavoro è stato realizzato grazie al patrocinio di Ministero della Salute, Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Enci, Fnovi, Anmvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva.
18 milioni di italiani hanno risposto su base volontaria, l'importanza del report
Ma vediamo cosa è successo e perché è il report più attendibile ora in circolazione. All’indagine hanno risposto 656 amministrazioni comunali (l’8,3% del campione contattato), tra cui il 50% dei Comuni capoluogo, e 50 aziende sanitarie (il 44,6% del campione). Un numero, dunque, che può essere la base per una buona statistica, anche se è da tener presente che lo studio si è basato su risposte su base volontaria, e quindi che potrebbero essere più invogliate a rispondere le realtà maggiormente sensibili. La qualità delle domande fa comunque alzare il livello di scientificità e attendibilità dello studio. E particolarmente notevole è il numero di popolazione rappresentata dalle istituzioni: 18 milioni di italiani. Tra le grandi metropoli sopra i 500 mila abitanti, cinque su sei hanno risposto: Roma, Milano, Palermo, Napoli e Torino. Solo Genova non lo ha fatto. Si tratta di un lavoro che aggiorna e completa quello che già aveva fatto Kodami sulle adozioni durante il Covid su oltre 5 milioni di abitanti.
Quasi il 50% delle amministrazioni comunali ha attivato un servizio dedicato agli animali
Quasi la metà (il 47,4%) delle amministrazioni comunali ha detto di avere attivato un ufficio o un servizio dedicato agli animali, oltre i tre quarti (il 76%) delle aziende sanitarie di avere almeno un canile sanitario o un ufficio di igiene urbana veterinaria: ciononostante, poco meno di un Comune su 13 (il 7,8%) raggiunge una performance almeno sufficiente, più di quattro su cinque aziende sanitarie (l’82%) si attestano sui medesimi livelli.
Le migliori performance si registrano a Prato, Verona e Modena, rispettivamente al primo, secondo e terzo posto della classifica riguardante i Comuni, nell’Ats Brescia, Ats della Montagna e Asl Vercelli per quanto concerne, invece, le aziende sanitarie. Guardando ai costi sostenuti da Comuni e Aziende sanitarie per i servizi ai cittadini e ai loro amici a quattro zampe, nel 2020 la spesa pubblica nel settore (in calo rispetto al 2019) è stimabile in quasi 193 milioni di euro, pari a 14 volte la somma impegnata per tutte le 31 aree marine protette in Italia o a 55 volte quella destinata alle 19 riserve naturali statali. La spesa media pro capite si attesta invece a 2,4 euro per i Comuni e a 0,85 euro per le aziende sanitarie. La maggior parte dei costi in Italia è assorbita dalla gestione dei cani presso i canili rifugio: i Comuni spendono ben il 61,8% del bilancio destinato al settore.
Le adozioni: crescono quelle dei gatti, diminuiscono quelle dei cani
Nel 2020 cresce di oltre tre volte, rispetto al 2019, il numero di gatti adottati (di tutte le amministrazioni che hanno risposto al questionario se ne sono contati 42.081 nel 2020, contro i 12.495 del 2019). Parallelamente, tuttavia, c’è un calo nelle adozioni dei cani nei canili che diminuiscono del 20% rispetto all’anno precedente (si è passati dalle 19.383 dei Comuni rispondenti nel 2019, alle 16.445 nel 2020), coerentemente con i dati dichiarati di nuove iscrizioni in anagrafe canina (85.432 nel 2019, contro le 67.529 nel 2020).
A livello nazionale, il rapporto tra cani iscritti all’anagrafe degli animali d’affezione e cittadini è di un cane ogni 4,7 abitanti, con Umbria e Sardegna che primeggiano in positivo (rispettivamente un cane iscritto ogni due cittadini e un cane ogni 2,8), e Puglia e Calabria fanalini di coda (rispettivamente un cane iscritto ogni 7,4 e ogni 9,6 cittadini). Per i gatti, invece, il rapporto nazionale è di un gatto iscritto all’anagrafe degli animali d’affezione ogni 72,4 cittadini: a primeggiare sono Valle d’Aosta (un gatto ogni 31,4 abitanti) e Provincia autonoma di Bolzano (un gatto ogni 32,6 cittadini).
Continua la poca attenzione al fenomeno del randagismo
Meno della metà delle Aziende sanitarie italiane (il 40% del campione) dichiara di effettuare azioni di prevenzione del randagismo delle popolazioni (padronali e non) di cani e gatti. I numeri del 2020 parlano di 6.888 cani e 19.740 gatti sterilizzati (tra i Comuni rispondenti), cifre che, stando al dossier di Legambiente, sono «del tutto insufficienti per una seria politica di controllo demografico, se confrontati con il numero dei cani dichiarati entrati nei canili sanitari (36.368) e con i gatti presenti nelle colonie feline (313.288)».
Nel 2020, in media, nei Comuni ogni 10 cani catturati 8,8 hanno trovato felice soluzione tra restituzione agli umani di riferimento, adozione o reimmissione come cani liberi controllati con un rapporto di 1:1,4. Ma le situazioni sono differenti a seconda dei territori considerati, come mostrano i casi negativi di Campi Salentina (Lecce), dove su 5,4 cani entrati nei canili solo uno ha trovato una soluzione; di Sciacca (Agrigento), uno su 4,9; Catania, 1 su 4.
Ai poli opposti ci sono Napoli, dove per ogni cane preso in carico, 8,7 hanno trovato una soluzione. Il capoluogo campano è molto interessante come dato: va infatti analizzato in modo diverso rispetto agli altri Comuni perché, secondo Legambiente, la quasi totalità dei cani catturati è stata rilasciata sul territorio attraverso il sistema dei "cani di quartiere", adottati da persone che hanno deciso in modo comunitario di prendersene cura. Poi ci sono altri Comuni come Priolo Gargallo (Siracusa), 4 su 1, e Corato (Bari), 2 su 1.
Per quanto riguarda le Aziende sanitarie, 9 cani su 10 hanno trovato una soluzione felice, ma anche qui le performance variano: su tutte, in negativo, spicca quella dell’Asp di Ragusa, dove su 21,5 cani presi in carico nei canili appena uno ha trovato una soluzione. In positivo, si segnala Area Vasta 1 (Pesaro-Urbino) con 6,6 cani che escono dal canile per uno che entra.
I canili
I dati disponibili al 31 dicembre 2020, raccontano dell’Italia spaccata in due. Il Nord è virtuoso sul fronte della popolazione canina e ha Milano al primo posto, con appena un cane in canile ogni 10.190 cittadini, seguita da Bolzano (un cane ogni 7.703) e da Verona (un cane ogni 7.402). Numeri in positivo che fanno il paio con quelli forniti dalle Aziende sanitarie e che vedono ai primi posti Ats della Montagna (un cane in canile ogni 296 mila abitanti); Ats Insubria (uno ogni 295 mila) e ATS Brescia (uno ogni 96 mila). Ai poli opposti, si segnalano invece i Comuni di Premilcuore (Forlì-Cesena) con un cane in canile ogni 9,8 cittadini; Carloforte (Sud Sardegna), un cane ogni 9,6, Fratte Rosa (Pesaro e Urbino), uno ogni 2,1 cittadini, e le aziende sanitarie delle Marche (un cane ogni 271 abitanti), Asl 1 Abruzzo (uno ogni 211), Asl Caserta (uno ogni 185 abitanti). Ci sono poi le esperienze dei cani liberi controllati (o cosiddetti cani di quartiere), presenti in un Comune su 25: per ben l’84,6% si trovano al Sud e nelle Isole, con Palermo al primo posto con 3.402 cani liberi registrati, per il 15,4% al Centro, mentre nessun caso si registra al Nord.
I controlli
Poco più di un Comune su cinque (il 21,6%) nel 2020 dichiara di aver effettuato controlli specifici, da quelli per mancata ottemperanza all’anagrafe canina alla raccolta delle deiezioni. Nel 2020 solo il 42,9% dei Comuni dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città, mentre l’accesso ai locali pubblici e negli uffici in compagnia degli amici a quattro zampe è regolamentato in poco più di un Comune su sei.
L’arrivo e la sosta di spettacoli che coinvolgono animali sono regolamentati nel 13% dei Comuni, mentre le amministrazioni che dichiarano di avere regolamentato botti e fuochi d’artificio costituiscono appena il 7,9%. Poco più di un Comune su otto ha adottato un regolamento contro l’uso illegale di esche o bocconi avvelenati. Poche, ancora, le amministrazioni che hanno approvato regolamenti per facilitare le adozioni nei canili (il 9,6%), e quelle che hanno adottato (il 9,1%) un regolamento per facilitare cremazione, inumazione e tumulazione dei milioni di amici quattro zampe.
Le aree cani
Rispetto alle aree cani, luoghi indispensabili nella quotidianità per milioni di italiani, il 34,3% dei Comuni dichiara di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, in media uno ogni 13.774 cittadini residenti. In negativo ci sono Napoli (con un’area cani ogni 79.071 cittadini), Bari (una ogni 18.659), Bologna (una per 15.667). Tra le grandi città più virtuose, invece, Milano che, per offrire un’area cani ogni 3.411 cittadini, ne ha realizzate 403.
La mappatura delle specie animali
Solo il 7,2% dei Comuni ha una mappatura delle specie animali presenti in città. A fronte di ritrovamenti sempre più frequenti di animali selvatici in difficoltà, feriti, debilitati o abbandonati, Legambiente evidenzia, inoltre, come in poco meno di un Comune su due (il 48,9%) il cittadino che contatta l’amministrazione può ricevere indicazioni puntuali per sapere a chi rivolgersi. Un problema cui l’associazione ambientalista offre una soluzione attraverso il nuovo servizio gratuito Ecosportello Animali, disponibile tramite app.
Cosa chiede Legambiente
Diversi sono i temi che l’associazione ambientalista propone sul tavolo delle amministrazioni pubbliche. Si comincia dalla richiesta di approvazione, entro il 2022, dell’anagrafe unica nazionale per tutti gli animali d’affezione o da compagnia per poi passare alla sottoscrizione, entro il 2025, di 1.000 accordi o patti di comunità per costruire reti e alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati per la tutela e la cura degli animali d’affezione e selvatici. Legambiente chiede di arrivare, entro il 2030, a 10 mila veterinari pubblici assunti a tempo indeterminato, per rafforzare il personale in servizio attualmente composto da 4.642 unità, di cui il 78,5% uomini e con età media di 56,9 anni e di inaugurare, entro il 2030, 1.000 strutture veterinarie pubbliche, tra canili sanitari e gattili sanitari (uno ogni 50-100 mila cittadini) e ospedali veterinari (uno ogni 300-400 mila cittadini) opportunamente distribuiti sul territorio. La quota per le aree cani proposta da Legambiente è di una ogni 1.000 abitanti (da fare entro il 2030).
«Prendersi cura di persone e animali è prendersi cura del pianeta e del benessere di tutti – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. Il nostro rapporto focalizza l'attenzione sui dati di Comuni e Aziende sanitarie relativi ai servizi e alle esigenze nel vivere la relazione con gli animali d'affezione e da compagnia che riguarda oltre 30 milioni di italiani». «Siamo sbalorditi sul dato delle adozioni dei gatti – dice Antonino Morabito, responsabile nazionale Cites, Fauna e Benessere animale di Legambiente – Il tema della relazione con gli animali, a partire da quelli d’affezione o da compagnia, è tanto urgente quanto centrale e strettamente correlato al vero benessere umano e al recupero dell’equilibrio nelle relazioni tra uomo e ambiente, ancor più all’affacciarsi di un’era pandemica che vede aumentare crisi sanitarie e disagio socio-economico tra la popolazione. Animali in Città conferma l’urgenza di una rinnovata visione e di una strategia condivise tra i diversi attori istituzionali e sociali responsabili di tali aspetti per superare le criticità».