Esistono luoghi, usanze e tradizioni di posti lontani sempre esistiti che diventano improvvisamente conosciuti in tutto il mondo a causa di spiacevoli eventi. Inizia allora la presa di coscienza globale, l’indignazione, i cittadini si smuovono per firmare petizioni e notizie ed immagini circolano impetuose. Spesso, però, il tormentone finisce poi nel dimenticatoio.
Un esempio sono i “wet market”. Diventati famosi tra il 2020 ed il 2022, ne avremo sentito parlare tutti. I mercati dell’orrore entrati nella cronaca attuale grazie al noto coronavirus. Gli scienziati, infatti, ritengono che proprio un wet market di Wuhan, in Cina, è avvenuto il salto di specie del virus, trasformando così uno di questi mercati nell’epicentro della pandemia di Covid-19. Ma cosa sono?
Cosa sono i wet market?
La parola wet market si traduce dall’inglese “mercato bagnato”, “mercato umido”. Questi sono generalmente i mercati dove si vendono prodotti freschi e degradabili come pesce, pollame e carne di diverse specie, tra cui anche di animali selvatici. Nei wet market si trovano anche banchi di frutta, verdura e spezie. Ma non è per questo che sono diventati noti. Si contrappongono ai “dry market” (mercati secchi) dove si vendono invece prodotti come tessuti, utensili e cibo essiccato.
Nei wet market vi sono diversi tipi di banchi; macellerie di animali domestici, pesce ma anche animali selvatici (wildlife markets). Spesso sono esposti e venduti animali vivi che vengono macellati direttamente sul posto su richiesta diretta dell’acquirente.
Questi mercati, nonostante siano comunemente attribuiti alla Cina, sono usuali in numerose parti del mondo: nel Sud-est asiatico (per esempio Tailandia, Vietnam, Indonesia), nell’Asia del Sud (per esempio India, Bangladesh, Sri Lanka) e in Africa. Meno frequenti nell’immaginario collettivo, ma non inesistenti, in Sud America.
Le peculiarità di questi mercati, riconducibili alla vendita di animali vivi, alla tipologia di animali (selvatici protetti, cani e gatti) e alla loro macellazione sul posto, è ciò che li collega alla loro notorietà.
Criticità dei wet market
Mentre in Europa i mercati, ma anche l’allevamento, il trasporto e la macellazione animale, devono rispettare rigorose normative igieniche e di protezione animale, lo stesso non accade in Asia e in Africa.
Le criticità più evidenti in questi mercati sono quindi legate principalmente a:
- condizioni igienico-sanitarie
- condizioni di benessere animale
- vendita di animali selvatici in via d’estinzione o protetti.
Le condizioni igienico-sanitarie
Per chi ha visto le immagini dei wet market online o in televisione, o per chi ci ha fatto una passeggiata durante una vacanza, non c’è bisogno di sottolineare la totale assenza di igiene di questi luoghi.
I minimi standard di pulizia e disinfezione degli ambienti non sono rispettati, come anche la conservazione dei prodotti alimentari. Non esistono frigoriferi e non vi sono separazioni tra ambienti diversi, animali vivi sono tenuti promiscuamente ai prodotti alimentari. Non vengono utilizzati dispositivi di igiene dal personale e lo smaltimento dei reflui e degli scarti è totalmente inesistente.
Sono note le immagini di fiumi di sangue e altri liquidi attraversare le canalette tra i banchi; organi, pelli, piume e altri resti di animali sono ammassati ai lati delle strade nella confusione generale ed in prossimità dei prodotti di consumo in vendita. A questi si aggiungono gli escrementi e le escrezioni degli animali ingabbiati o incatenati e venduti vivi. Inoltre, da non sottovalutare la presenza di insetti come mosche e zanzare, solo per citare i più conosciuti, che sono anche vettori di patogeni.
Queste condizioni favoriscono la contaminazione degli alimenti e quindi la trasmissione di malattie di origine alimentare; banalmente possiamo citare la salmonellosi, la campilobatteriosi o la listeriosi.
La promiscuità di diverse specie animali, la maggior parte delle volte vive, è metaforicamente definibile come bomba biologica. Malattie infettive e parassitarie sono facilmente trasmissibili in questi ambienti, con anche la possibilità di effettuare il salto di specie; fenomeno biologico ormai noto grazie al Covid-19. La maggior parte di queste malattie sono zoonosi, quindi trasmissibili dagli animali all’uomo.
La scienza ha chiaramente dimostrato il legame tra epidemie e wet market. Hanno fatto scuola negli anni passati la SARS (Sindrome respiratoria acuta grave) del 2003, l’influenza suina H1N1 del 2009 e la MERS (sindrome respiratoria mediorientale) del 2012.
Questi ambienti rappresentano quindi, oltre che dei punti critici nell’igiene urbana del luogo, anche un rischio per la salute globale.
Condizioni di benessere animale
I mercati, oltre a rappresentare un innegabile rischio per la salute delle persone sono estremamente crudeli nei confronti degli animali.
Oltre a prodotti di origine animale, come carne e pesce, in questi mercati sono ampiamente tenuti animali vivi da macellare al momento per poter garantire al consumatore la freschezza del prodotto.
La varietà degli animali è davvero impressionante. Vertebrati e invertebrati, mammiferi e no. Insetti, coccodrilli, serpenti, volatili di vario tipo, conigli, pangolini, pipistrelli, tartarughe di terra e di mare, ratti, scimmie, capre, squali, cani e gatti; nessuno si salva!
Gli animali sono esposti in gabbie anguste, sporche e taglienti, o legati, imbustati vivi, immobilizzati e imbavagliati nelle maniere più disparate.
La loro uccisione avviene poi senza nessuna attenzione per evitare il dolore e la sofferenza. Possono essere spennati, scuoiati o squamati vivi; bolliti vivi o dissanguati lentamente, senza alcuno stordimento.
Quanto descritto converte questi spazi in veri e propri luoghi dell’orrore, dove sia mercanti che acquirenti appaiono totalmente indifferenti a tanta sofferenza e crudeltà inferta agli animali in vendita. A queste immagini assistono anche i bambini, spesso costretti a lavorarvi e ad uccidere gli animali con gli stessi metodi.
Vendita di animali selvatici in via d’estinzione o protetti
Questi ambienti sono anche legati a veri e propri disastri ecologici. In esposizione sui banconi, nei wet market del mondo, ci sono ogni giorno migliaia di animali selvatici, spesso protetti, catturati dalla vita libera. Per le catture vengono utilizzati i più disparati metodi, anche i più brutali che non tengono minimamente in considerazione distinzioni di età, epoche dell’anno o stato di conservazione della specie animale. La crudeltà riguarda quindi anche la cattura e il trasporto.
Per noi europei, quanto descritto è totalmente inaccettabile. Per questi motivi, e specialmente a seguito della pandemia di Covid-19, sono nate numerose petizioni per chiedere la chiusura dei wet market. In un primo momento le petizioni sono state accolte positivamente ma nonostante gli impegni e le dichiarazioni di alcuni governi dei primi mesi di pandemia, sembra essere caduto tutto nel dimenticatoio. I wet market del mondo sono ancora tutti operativi, con le stesse norme di prima, cioè nessuna!