I sanitari del Niguarda hanno esaudito il desiderio di un paziente: dopo un anno di ricovero fargli riabbracciare il suo cane Buk. Sulla pagina Facebook del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda a Milano sono proprio i volontari a raccontare la storia di Roberto e Buk:
«Un desiderio emesso sottovoce, quasi senza farsi sentire. Un sibilo che, tuttavia, è stato immediatamente accolto dagli infermieri e OSS del reparto di Ortopedia e Traumatologia del Niguarda che sono stati vicino a Roberto durante tutta la sua degenza. Il suo percorso, infatti, è stato lungo e complesso e non ancora concluso perché nonostante i miglioramenti, Roberto dopo quasi un anno è ancora ricoverato. Un periodo molto difficile e sofferto che, nonostante tutto, è sempre riuscito ad affrontare a testa alta, accettando la propria condizione e accogliendo le indicazioni di tutti gli operatori sanitari senza mai lamentarsi. Per questo, quando si è lasciato andare ad un momento di sconforto, l’equipe ha voluto cogliere l’occasione per ascoltare la sua richiesta silenziosa e, a quasi un anno di distanza, dargli la gioia di poter riabbracciare il suo amico a quattro zampe. Il rischio che ciò non fosse possibile era alto: l’accesso degli animali domestici alle aree di degenza dell’Ospedale è concesso solo ad alcuni reparti e sotto determinate condizioni. Tuttavia, vista la peculiarità del percorso di Roberto è stato possibile trovare una soluzione, in accordo con la Direzione, il primario e il coordinatore infermieristico e seguendo le indicazioni interne. Buk quindi è stato fatto entrare in reparto dove, felice e scodinzolante, ha potuto finalmente salutare il suo amato umano. Travolti dalla gioia di questo incontro, anche il personale del reparto si è lasciato andare alla commozione, felici di essere stati capaci di offrire a Roberto una “cura” fatta di ascolto e sensibilità rispetto ai bisogni del paziente».
Quando si parla dell’accesso dei cani (e degli altri animali) in ospedale si devono prendere in considerazione due differenti situazioni: ci si riferisce innanzitutto all’accesso dei cani (e altri animali) formati per svolgere le attività di assistenza abitualmente definite con l’espressione inglese “pet therapy”; si parla, in secondo luogo, delle visite dei propri cani in caso di ricovero.
Con riguardo ad entrambe, occorre dirlo, la normativa a livello nazionale è assai scarna, preferendosi (vista anche la materia attinente al settore sanitario) una regolamentazione regionale. In un disegno di legge che giace in Senato dal 2014 (mai approvato), si legge che «la presenza di un animale migliora la vita dell'individuo, diminuendo la solitudine e la depressione, e migliora situazioni di stress, stati di frustrazione o crisi di umore. Ma benefici si riscontrano anche per i pazienti che soffrono di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per i pazienti psichiatrici».
Dal punto di vista terapeutico, «l'impiego di animali risulta positivo su individui che necessitano di riabilitazione psichica, poiché consente di evitare gli effetti della cronicità e risulta prezioso nelle sedute riabilitative come aiuto per compiere i movimenti giusti, oltre a rendere le stesse sedute anche meno stressanti e più divertenti. La presenza degli animali stimola la fantasia e favorisce i rapporti interpersonali, crea un clima sereno che genera un miglioramento della capacità espressiva e una migliore canalizzazione dell'aggressività».