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17 Novembre 2021
15:24

Visoni: chiusura definitiva degli allevamenti e riconversioni in attività sostenibili. Lo deciderà la Legge di Bilancio

L'onorevole Michela Brambilla e Martina Pluda di HSI Italia hanno presentato i contenuti dell'emendamento alla Legge di Bilancio per la chiusura definitiva degli allevamenti di visone in Italia, già bloccati per l'emergenza Covid.

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Un visone in un allevamento (credits:@HSI International)

Superare l’emergenza Covid trasformando la sospensione degli allevamenti di visoni, in atto da novembre 2020, in una chiusura definitiva che offra agli allevatori un’alternativa economicamente soddisfacente e eticamente sostenibile. È l'obiettivo dell’emendamento che verrà presentato alla legge di Bilancio, voluto dall’onorevole Michela Brambilla, presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente. La chiusura degli allevamenti è il cuore della proposta che prevede uno stanziamento di poco meno di un milione di euro a disposizione degli allevatori sotto forma di indennizzi e contributi a fondo perduto per sostenerli nel passaggio verso altre forme di produzione economica.

A motivare le scelte che timbrano gli allevamenti di visoni come pericolosi per la salute umana, incompatibili con il benessere animale, dannosi per l’ambiente e poco interessanti da un punto di vista economico, oltre che eticamente inaccettabili, le conclusioni a cui è arrivato “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, studio realizzato per HSI/Europe dalla società di consulenza e ricerca specializzata Studio COME S.r.l e che l’onorevole Brambilla ha presentato assieme a Martina Pluda, direttrice di HSI Italia.

La chiusura scelta etica e responsabile, già definitiva in molti paesi europei

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L’onorevole Michela Brambilla e Martina Pluda di HSI Italia presentano le nuove proposte per la chiusura definitiva degli allevamenti di visone

«Dal 23 novembre 2020 l’attività degli allevamenti di visoni è stata sospesa con ordinanze del ministero della Salute, fino a tutto il 2021 per la presenza del virus SARS-Cov2 in due allevamenti. In prossimità della scadenza, riteniamo che vi siano tutte le ragioni per rendere definitiva la chiusura – ha spiegato l’onorevole Brambilla sottolineando come il concetto di allevamento di animali maltrattati solo per la realizzazione di pellicce sia ormai da considerarsi davvero obsoleto e superato – Si tratta di una scelta etica, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia, anzi, per la stessa filiera della pellicceria italiana. Solidi motivi per seguire senza indugio l’esempio dei Paesi europei che hanno già preso da tempo questa decisione o la stanno formalizzando: Regno Unito, Austria, Paesi Bassi, Slovenia, Polonia e da ultimo Irlanda e Francia, dove l’orientamento assunto dalla commissione bicamerale competente è per la chiusura immediata».

La situazione in Italia: solo 14 persone che lavorano in 10 allevamenti

A supporto della proposta di legge, lo studio “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, che ha raccolto ed elaborato dati provenienti dalla Banca Mondiale, dai database delle Camere di Commercio, dalle associazioni animali e dalle aziende allevatrici. Dal rapporto si evince che nel 2021 in Italia sono ancora attivi 10 allevamenti di visoni (per un totale di meno di 30.000 visoni), di cui 5 attualmente senza animali a causa dell’emergenza COVID-19 mentre una trentina di anni fa, in Italia, gli allevamenti di visoni erano 125. Un dato che già mette in evidenza che questo tipo di commercio è in grande declino. Altro dato di grande interesse è il numero degli addetti agli allevamenti: si tratta, infatti, di 14 persone in 10 allevamenti, come si desume dalle visure camerali. Inoltre almeno la metà degli allevamenti ancora aperti già prevede altre attività (coltivazioni di fiori, coltivazione di ortaggi, attività di ristorazione connesse alle aziende agricole, produzione di energia elettrica) e quattro prevedono un’attività principale differente da quella dell’allevamento di visoni.

Un settore in declino: poco guadagno e molto inquinamento

Sempre dal rapporto si evince un altro dato che conferma il declino di questo settore: nel settembre 2021, il prezzo medio delle pelli di visone scambiate all’asta di Copenaghen, la più importante del mondo, è risultato minore di €30 a pelle, cioè un terzo di quello pagato nel 2019, pari a €90 a pelle. Inoltre i ricavi annuali (al lordo dei costi di produzione) degli allevatori italiani di visone possono essere stimati tra 550.000 e 800.000 euro l’anno e, qualora interamente esportati, risulterebbero contribuire all’export della filiera italiana  per una percentuale di circa lo 0,15%. Infine un dato fondamentale rispetto a inquinamento e futuro del pianeta: l’impatto ambientale della produzione di una pelliccia di visone risulta circa sei volte superiore rispetto alle pellicce artificiali.

Fondi statali per indennizzi per sostenere il cambiamento

«Dall’aprile 2020 focolai di COVID-19 sono stati documentati in oltre 400 allevamenti di visoni in 12 paesi d’Europa e del Nord America, due dei quali in Italia. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e le persone è il definitivo divieto di allevamento di animali da pelliccia – commenta Martina Pluda che sottolinea anche come lo scarso valore economico del settore e la possibilità di riconversione sostenuta con fondi statali siano l’unica strada da intraprendere. – La salute pubblica venga prima dell’esigua rilevanza commerciale di questa industria. È ora di intraprendere un’azione coraggiosa e concreta per riconvertire gli ultimi allevamenti di visoni italiani verso attività in linea con le opportunità e gli obiettivi di transizione ecologica e sostenibilità ambientale». L’emendamento, che prevede entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il divieto di allevamento di animali per il solo scopo di ricavarne pellicce e immediatamente il divieto di riproduzione, prevede infatti anche indennizzi calcolati sul numero dei capi presenti, sul fatturato e sulle spese per la demolizione/riconversione.

Riconversione in attività orientate alla sostenibilità

L'emendamento fa del sostegno alla riconversione un vero punto di forza. Gli allevatori infatti potranno anche chiedere di accedere ai fondi del PNRR per l’agrivoltaico e l’agricoltura circolare. Per le aziende è previsto «un indennizzo per ogni animale presente nell’azienda, un contributo a fondo perduto pari al 30 per cento dell’ultimo fatturato e un altro contributo fino ad un massimo di 10 mila euro per la demolizione o riconversione degli impianti. In totale un costo di poco inferiore al milione, circa 950 mila euro». In particolare verrebbero favorite le poche e piccole aziende che ancora allevano visoni che vogliono ricollocarsi in attività orientate alla sostenibilità, permettendo loro di rimanere nel settore agricolo e di sfruttare un settore verso il quale sono già stanziate risorse in quanto indirizzato alla cosiddetta transizione ecologica, per la quale si è recentemente scomodata anche la Cop26 appena conclusa a Glasgow. L'agrivoltaico, cioè il mix tra agricoltura e produzione fotovoltaica, e l'agricoltura a modello circolare, che si fonda sulla riutilizzazione dei propri scarti, rappresenterebbero così le scelte prioritarie verso le quali le attuali realtà produttive di pellicce di visone potrebbero orientarsi in vista di un loro ricollocamento sul mercato economico e produttivo.

In copertina: Un visone in un allevamento (credits:@HSI International)

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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