Decine di nuovi virus sono stati identificati negli animali in Cina, compresi quelli allevati allo scopo di produrre pellicce: visoni, volpi artiche, conigli e cani procione, dimostrando la pericolosità di questa industria per la salute umana. Lo svela un nuovo studio pubblicato su Nature.
I ricercatori hanno individuato 36 nuovi virus, oltre a localizzarne altri associati a infezioni umane e a riscontrare il rischio di trasmissione da una specie all’altra di Coronavirus e influenza aviaria. L'hub per la trasmissione sono gli allevamenti di animali da pelliccia. La ricerca, che ha preso in esame 461 campioni di tessuto prelevati dagli animali allevati per la loro pelliccia, ha identificato 39 virus classificati come “potenzialmente ad alto rischio” per la trasmissione all’organismo umano, inclusi 13 virus nuovi e 11 virus responsabili di zoonosi che possono essere trasmesse dagli animali agli esseri umani.
Questi potenzialmente ad alto rischio sono stati localizzati in visoni, volpi artiche e conigli, così come nei cani procione, capaci di veicolarne il numero più elevato (fino a 10). Gli scienziati hanno osservato che questi animali «costituiscono ospiti potenzialmente ad alto rischio per la trasmissione di virus agli esseri umani e ad altri animali». Sette specie di Coronavirus sono state identificate in 66 animali allevati per le loro pellicce. I ricercatori esprimono anche una particolare preoccupazione per la scoperta di Coronavirus dei pipistrelli (HKU5) e, separatamente, di virus responsabili dell’influenza aviaria (H5N6) nei visoni allevati, e sottolineano come i casi di coinfezione siano comuni.
Nonostante i problemi etici legati allo sfruttamento di animali per la loro pelliccia e ai chiari rischi per la salute, la produzione di capi creati con crudeltà prosegue. È la denuncia dell'organizzazione di tutela animale Humane Society International/Europe e di Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI/Europe: «Allevare animali per la produzione di pellicce non è solo un’attività incompatibile con il benessere animale, ma è anche una grave minaccia per la salute pubblica. Sebbene in Italia questa industria sia stata vietata già nel 2022, l’assenza di un decreto ministeriale vede ancora migliaia di visoni rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti chiusi in Lombardia, Romagna e Abruzzo. Questo ritardo non è solamente inammissibile ma anche incredibilmente irresponsabile.
Nel frattempo, sempre più case di moda scelgono di realizzare prodotti etici e cruelty-free: «È poco lungimirante correre il rischio di scatenare una nuova pandemia in nome di un prodotto, la pelliccia di origine animale, che non è più richiesto dalla maggior parte dei consumatori. Non è un caso se sono sempre di più i brand che hanno deciso di eliminarlo dalle proprie collezioni, fra cui, per citare l’ultimo esempio, il Max Mara Fashion Group», sottolinea Pluda.
Solo lo scorso anno, HSI ha diffuso immagini allarmanti provenienti da allevamenti di animali da pelliccia nel nord della Cina, dove gli animali sono allevati in condizioni intensive, anche in prossimità di pollame, nonostante il potenziale rischio di diffusione di malattie zoonotiche.
Gli investigatori hanno osservato diversi altri rischi per la biosicurezza, tra cui l’uso diffuso di antibiotici, l’alimentazione degli animali allevati con carne di pollo cruda e la vendita di carcasse di cani procione per il consumo umano.