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2 Maggio 2022
12:16

“Vietato far fare i bisogni ai cani”: quando l’esasperazione porta all’assurdo

A Napoli sono comparsi dei cartelli con un particolare avviso: "È severamente vietato far fare i bisogni ai cani – art. 639 – area videosorvegliata". Ma si può davvero vietare ai cani di fare i propri bisogni in strada?

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
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È severamente vietato far fare i bisogni ai cani – art. 639 – area videosorvegliata”. Questo particolare avviso, scritto con un pennarello ed affisso con del nastro adesivo su una colonna di una strada di Napoli, non è un’invenzione isolata del suo volenteroso autore.

Cartelli come questo, infatti, vengono stampati in gran numero e venduti in tutta Italia. Cartelli come questo, però, ci danno anche un segnale molto importante. Ci dimostrano come l’esasperazione di alcune persone porti a risvolti che sfociano nell’assurdo: ipotizzare che si possa vietare ad un cane che passeggia di espletare i propri bisogni e pensare persino che la legge possa punire tali situazioni.

Prendiamolo, quindi, come un’occasione per affrontare questo particolare aspetto della convivenza tra persone e tra persone e animali da diversi punti vista, facendo anche un po’ di chiarezza a livello normativo.

Si può vietare ai cani di fare i bisogni?

Innanzitutto, si percepisce subito come già a livello concettuale il divieto appaia mal posto. Si può certo vietare di imbrattare e deturpare un bene. Si possono obbligare le persone a raccogliere i bisogni dei propri cani. Non si può, però, impedire ad un cane di fare i propri bisogni o vietare al suo pet mate di farglieli fare. Soprattutto in un mondo in cui l’accesso dei cani è consentito praticamente ovunque, dai musei alle chiese, dai supermercati al ristorante.

Si comprende bene come chi scrive una frase simile, oltre a prendere le mosse da un livello di non spiccata sensibilità sul tema, sia arrivato ad un elevato punto di non sopportazione.

In secondo luogo, è completamente errato il collegamento tra l’espressione appena analizzata e il riferimento ad un non ben precisato art. 639. In realtà, l’articolo 639 richiamato è quello del Codice penale, intitolato “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui”.

Questa norma stabilisce che: “Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 103. Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro”.

La norma, come si può notare da una semplice lettura, non punisce minimamente chi non ottempera al divieto di far fare i bisogni al proprio cane. Punisce semmai chiunque deturpi o imbratti dei beni altrui, non raccogliendo gli escrementi del cane. Scelta sacrosanta del legislatore!

Vero è che la fattispecie si applica anche a chi sporca un bene con gli escrementi o con l’urina del proprio cane. Attenzione però: una cosa è vietare di far fare i bisogni al cane, altra vietare di imbrattare (anche con feci e urina del cane) beni altrui e lasciarli sporchi.

Una conferma evidente ci arriva dalla sentenza della Cassazione Penale n. 7082 del 2015 con la quale un uomo è stato assolto dal reato in discorso, proprio per aver lavato l’urina versandoci sopra dell’acqua che aveva con sé. La Corte spiega chiaramente che coloro che conducono un cane sulla pubblica via non possono impedire che l’animale espleti i propri bisogni. Possono, piuttosto, ridurre al minimo il rischio che questi sporchi i beni di proprietà di terzi.

In altre parole, la legge non vieta agli animali di espletare i bisogni fisiologici, bensì impone agli umani che di loro si prendono cura di rispettare i beni altrui, di non sporcarli ed eventualmente di ripulirli riportandoli allo stato iniziale. Diversamente si applicheranno le citate pene e il pet mate sarà chiamato a risarcire il danno.

Le ragioni di chi pretende rispetto

L’analisi e le puntualizzazioni appena svolte in merito alla normativa vigente non vogliono certo costituire una giustificazione per i pet mate irrispettosi. Cartelli come quello in esame, infatti, rappresentano spesso la reazione istintiva ed esasperata a condotte non soltanto illecite ma anche di vera e propria maleducazione da parte di chi ha assunto l’impegno di prendersi cura del proprio cane e deve quindi garantire che questo non arrechi alcun danno o fastidio a terzi.

A quanti, infatti, nei parchi o sui marciapiedi, è capitato di fare lo slalom tra gli escrementi non raccolti?

Si tratta, certo, di comportamenti posti in essere da una sparuta minoranza di pet mate; la stragrande maggioranza, soprattutto negli ultimi anni, passeggia portando con sé i sacchetti e pulisce immediatamente (spesso dovendo fare tutta la passeggiata con gli stessi sacchetti usati, per colpevole mancanza di cassonetti o appositi cestini).

Questi comportamenti, però, pur se perpetrati da un numero limitato di persone che vivono con un cane, devono finire, anche perché, come dimostrano gli avvisi di cui si è detto, generano contrasti e problemi sociali ed alterano i rapporti tra coloro che un cane non ce l’hanno e chi lo accudisce con la massima attenzione nei confronti di tutti.

I pet mate maleducati sono un vero problema sia per quelli rispettosi, a cui complicano la vita, sia per gli stessi animali, che sovente, per via di determinate condotte, vedono limitati i propri “diritti”.

Concludendo, si può affermare senza timore di smentita che, come in ogni altro ambito della vita, anche in questo frangente sarebbe sufficiente utilizzare il buonsenso. Saranno infatti buon senso e rispetto, prima ancora di leggi e sentenze, a far sparire cartelli come quello che ha dato il via a questo articolo.

Il tempo ci darà ragione e la via intrapresa negli ultimi anni è sicuramente quella giusta.

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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