Sui social, nelle piazze, per le strade circolano delle strane voci: «È vietato far bere i cani nelle fontanelle pubbliche!». «Guardi che è vero! Una donna è stata multata perché il suo cane ha bevuto in una fontana in piazza». «Me l’ha detto anche un’amica che lavora in Comune».
Sarà mai possibile? In un momento storico in cui il caldo è arrivato a toccare livelli da record, in cui il ghiaccio si scioglie persino sulle vette delle più alte montagne, in cui si è giunti a razionamenti dell’acqua per via della siccità, potrà mai essere vietato lasciare che un cagnolino accaldato si disseti assieme al proprio umano? Ebbene, per quanto sembri paradossale, la notizia non è (propriamente) una bufala. Occorre, però, fare un minimo di chiarezza.
A livello nazionale non esiste alcuna legge che preveda un divieto simile. Sarebbe davvero il colmo se il legislatore si dedicasse a simili questioni, con tutto quel che resta da regolamentare – e di ben più rilevante – in materia.
Però, in effetti, cimentandosi in una rapida ricerca sul web, ci si imbatte in numerose ordinanze di sindaci che vietano agli animali di bere alle fontane. Questo anche in città importanti come Roma e Firenze. Diverse fonti ci raccontano di sanzioni già comminate e lo fanno riportando cifre piuttosto rilevanti, soprattutto se si tiene conto della (non) gravità della condotta. Nel capoluogo toscano, ad esempio, un uomo si è visto notificare una sanzione da 160 euro perché il proprio cane si era abbeverato ai bordi della fontana del Biancone in piazza Signoria.
Quindi esistono, quantomeno a livello locale, dei precisi divieti di far abbeverare i cani alle fontane e fontanelle pubbliche. Ma cosa significa? Che senso hanno queste ordinanze?
In alcuni casi un senso è difficile trovarlo, soprattutto quando le medesime sono basate su ragioni di mero decoro e formulate in maniera totalmente generica, con previsioni del tipo: «vietato far bere gli animali». Quale potrebbe mai essere la lesione del decoro di un monumento, seppur storico, nell’ipotesi in cui lo stesso offra un gentile ristoro ad animali assetati ed accaldati? La sua funzione e la sua estetica, al contrario, ne risulterebbero accresciute. La bellezza di un’opera che, dopo secoli, continui ad essere oltre utile e preziosa per viandanti umani ed animali. Ancor meno giustificato risulta il medesimo generico divieto se riferito ad anonime fontanelle in ghisa site all’interno dei parchi pubblici, nelle quali l’acqua va a finire in tinozze prive di qualsivoglia valore storico o artistico.
Un ragionamento diverso lo si può invece fare con riguardo alle ordinanze che, in maniera ben più specifica, si limitino a vietare, per ragioni igieniche, di «far bere gli animali direttamente dall’erogatore di fontane pubbliche ad uso potabile». Premesso che lo stesso divieto sarebbe assai gradito se riferito anche alle persone, una regola così posta, che non limiti l’utilizzo tout court agli animali, pare richieda semplicemente delle normali attenzioni da parte dei pet mate.
Traendo le somme di queste riflessioni, mentre risulta eccessivo ed insensato un generico divieto di far bere gli animali dalle fontane cittadine, si può accettare la pretesa di non farli abbeverare a diretto contatto con la bocca delle stesse.
Lanciamo dunque un appello a quei sindaci che ritengono fondamentale questa regola – di cui si poteva fare senza – di formularla quantomeno in maniera precisa e di spiegarne bene i confini agli agenti chiamati a pretenderne il rispetto: in alcuni casi siamo decisamente andati ben oltre la ratio. Del resto, il buonsenso è richiesto da entrambe le parti.