Siamo tornati, lì dove un padre non smetterà mai di ricordare a tutta l'Italia che non si può perdere una giovane figlia in un modo così tragico ma che, nonostante il dolore immenso, si deve andare avanti onorandone la memoria perché un evento così drammatico non accada mai più.
Siamo tornati per il secondo anniversario della morte di Simona Cavallaro, la diciannovenne di Soverato che ha perso la vita il 26 agosto del 2021 nella pineta di Monte Fiorito, a Satriano, a causa dell'attacco di un branco di tredici cani da pastore lasciati incustoditi da Piero Rossomanno, l'uomo che recentemente è stato condannato in primo grado a 3 anni di reclusione, una pena ben più lieve dei 15 anni che erano stati chiesti dal Pubblico Ministero.
I cani della pineta, invece, sono stati condannati all'ergastolo, semplicemente: ancora giacciono abbandonati dalle istituzioni in un canile della zona. Sin dal principio Kodami ha seguito questa inaccettabile vicenda e a distanza appunto di due anni abbiamo deciso di tornare dove eravamo corsi nei giorni in cui un intero Paese era rimasto sotto choc per una fine così assurda.
Una morte dovuta, sostanzialmente, all'incuria e all'irresponsabilità in una porzione di Italia in cui la carenza e l'assenza nella gestione della res pubblica definisce la vera cornice in cui si è svolta la tragedia, mentre si continua a far ricadere "le colpe" sulle vite di animali che nulla possono avere a che fare con la nostra incompetenza così umana.
Maria Neve Iervolino e Giovanna Scozzese della redazione di Kodami sono dunque andate a Satriano e questa volta hanno incontrato Alfio Cavallaro, il papà di Simona, oltre ad andare a trovare Nathan e gli altri cani del branco che, nonostante abbiano avuto richieste di adozione e ricevuto il "nulla osta" dal Pm, grazie anche al nostro non spegnere mai i fari su quanto accaduto, rimangono segregati nei recinti in cui la loro libertà è finita, condannati a quello che abbiamo definito sin dall'inizio un "fine pena mai".
Al rientro in redazione, quando si riflette su come questo lavoro ti porti dentro storie che non vorresti mai raccontare, tutti noi abbiamo convenuto che quello che ci siamo portati a casa e che rappresenta la nostra missione è trasmettere a chiunque arrivi sulle nostre pagine la forza del padre di Simona. Sono le sue parole a dare la misura attraverso la quale bisogna necessariamente leggere questo raro e tragico episodio e che ci aiutano a continuare sulla scia di quanto sin dal principio su Kodami abbiamo affermato: i cani non c'entrano nulla in questa vicenda, siamo sempre e solo noi umani responsabili.
«Non ho nessun senso di odio. In questa situazione siamo tutti vittime. Perché non penso che il pecoraio aveva piacere che un essere innocente veniva a morire come non lo voleva il Sindaco, le Forze dell'ordine, le ASL e i vigili urbani. Nessuno voleva la morte di Simona – ci ha detto Alfio e la sua voce rotta dall'emozione la potete ascoltare direttamente nel video che apre questo editoriale mentre lui ha aperto il suo cuore a Kodami – Però la superficialità fa sì che succedano queste tragedie. L'Amministrazione di Satriano è stata superficiale, perché quando una cosa non succede oggi, non succede per un mese, non succede per un anno si fa l'abitudine e si pensa "boh, non è mai successo, non succederà mai"».
E invece ancora oggi, come il papà di Simona ha voluto condividere con tutti noi che siamo qui ancora a volere delle risposte e soprattutto pretendere una soluzione che apra le gabbie dei box dei cani di Satriano e di tanti altri che patiscono l'indifferenza umana «succedono queste situazioni perché nessuno fa niente, perché si pensa "a me non succede" ma non è così: non succede a te ma può succedere a un tuo parente… Nella superficialità si perde una figlia: si dà un dolore alle famiglie e agli amici. Passando il tempo questo dolore non si affievolisce, non si affievolisce mai. E non passerà mai. Se la gente si rendesse conto di quello che il dolore causa, penso che ci penserebbe due volte prima di essere superficiale nelle cose».