Benvenuti al Territorio de Zaguates, il rifugio più grande al mondo di cani liberi. A far entrare Kodami nel mondo che si cela dietro un grande cancello blu sulle alture di San Josè, in Costa Rica, dove incontrare gli attuali 2000 cani ospiti è Lya Battle in persona. "Donna Lya" è la fondatrice, insieme al marito Alvaro Saumet, di un santuario che si estende su confini che, per chi non c'è stato, è davvero impossibile anche solo immaginare. Ma lo stesso, in fondo, vale anche per chi come me ha avuto la fortuna di far parte della famiglia degli Zaguates per un po' di tempo e mai ha visto la fine di una collina in cui i cani vivono in libertà su 58mila ettari di terreno, boschi e fiumi.
Questa volta, per il nostro terzo appuntamento, non è solo un'intervista ciò che vi proponiamo con MeetKodami, la serie in cui i protagonisti sono le persone che attraverso la loro esperienza racchiudono l'essenza del nostro Manifesto. Il video dedicato ai randagi costaricensi è, speriamo, un'esperienza unica da proporvi per poter conoscere direttamente Lya e i suoi zaguates attraverso immagini originali girate al santuario. Una storia che racconta come una missione, se si mettono insieme amore e razionalità, può portare a un caso di successo come il Territorio de Zaguates.
Cosa vuol dire Territorio de Zaguates?
L'origine della parola zaguates in Costa Rica è indigena. Nel tempo poi è diventato il termine con cui si chiamano i randagi, ma in modo dispregiativo, riferito ai meticci e inteso come cani malati da tenere a distanza, soprattutto per la rogna. Ho pensato che era molto ingiusto cercare di sminuire un cane perché non aveva una razza quando in realtà i meticci sono i soggetti più forti e più preparati, attraverso l'evoluzione, a sopravvivere. Nessun essere vivente dovrebbe vivere in strada e nessun essere vivente è solo un numero tra tanti altri. E così quando dovevo trovare un nome per la fattoria, ho pensato che quel luogo sarebbe stato semplicemente il loro territorio, il Territorio de Zaguates. I cani non se ne importano di come vengono chiamati, anzi: secondo me sono orgogliosi della loro storia, ciò che invece si spera è che le persone modifichino la visione di ciò che sono i randagi secondo il pensiero ancora comune. E penso che con questo nome il Territorio abbia contribuito già a far cambiare l'opinione di molti sui randagi.
Che cosa è il Territorio de Zaguates?
È la mia versione del "male minore", perché in una società perfetta non avremmo bisogno di rifugi. Non avremmo bisogno di posti dove cani che non hanno famiglia devono stare al sicuro dalle strade. Così, visto che i cani non hanno una casa almeno lasciamo che abbiano una seconda chance per vivere una vita che possa essere definita tale qui con noi. Il Territorio è un luogo dove i cani possono semplicemente essere cani: non sono in gabbia, escono liberamente e si godono le montagne, annusano in giro, scavano tutte le buche che vogliono e saltano nel fiume ogni volta che lo desiderano. I cani che vivono qui li abbiamo recuperati, curati e lasciati liberi di esprimersi. Io credo che trovare una famiglia per loro sia la destinazione ideale ma se ciò non accade, penso che il nostro sia il posto migliore dove possono trascorrere la loro esistenza.
Come è iniziata la tua missione?
In realtà non è partita pensando di voler dare vita a un enorme rifugio. Semplicemente non volevo diventare immune a un bisogno che vedevo: la necessità di dare ai cani di strada un luogo in cui poter vivere in attesa di un'eventuale adozione e non rimanere a guardare storie di vita che finivano tra maltrattamenti, abusi e malattie. Le persone non sempre vedono la magia in un cane ed è davvero un peccato. Lì dove ancora tanti badano all'estetica e alla purezza delle razze, io vedo invece nei meticci tutta la storia evolutiva di una specie unica che vive con noi esseri umani da sempre. Così ho iniziato recuperando cani in stato di bisogno dal territorio e portandoli nella casa in cui vivevo ma in poco tempo erano troppi: oltre cento. A quel punto quali erano le opzioni? Un rifugio o di nuovo in strada. Ma metterli in un canile voleva dire condannarli dietro delle gabbie per tutta la vita nella maggior parte dei casi. Quindi ho pensato che ci dovesse essere qualcosa di meglio da fare e la fattoria che avevo ereditato da mio nonno, dopo diverse vicissitudini legali, è diventata il nostro Territorio de Zaguates.
Un posto immenso a Carizal, sulle alture di San Josè. Quando sono stata lì non sono mai riuscita a vederne i confini… Quanti cani ci sono ora e come vi finanziate?
E' vero: è un posto molto grande e i confini che si riconoscono invece chiaramente sono proprio quelli meravigliosi che stabiliscono i cani tra di loro: ce ne sono quasi 2000 attualmente e ognuno conosce ogni angolo del Territorio e come dividerselo in sintonia con gli altri. Facciamo tutto il possibile per essere autosufficienti ma, ovviamente, con questi numeri non è facile. La maggior parte dei nostri finanziamenti proviene da donazioni e mai abbiamo avuto sostegno dal governo locale. Io ho un lavoro da insegnante e tanti che collaborano con il Territorio hanno una fonte di reddito esterna. Paghiamo i lavoratori che contribuiscono ogni giorno nella gestione e la maggior parte del nostro sostentamento proviene da persone di tutto il mondo che ci supportano, cosa di cui siamo immensamente grati ogni singolo giorno: senza il loro aiuto, non potremmo esistere. Copriamo ogni singola esigenza con le donazioni? Certo che no, ma è abbastanza per aiutarci a continuare e ormai sono convinta che avvengano miracoli intorno a noi compiuti dalle persone che ci danno una mano.
Da diverso tempo siete chiusi al pubblico per attenervi a dei lavori strutturali voluti dal governo del Costa Rica. A che punto siete e quando pensate di riaprire?
Sono passati più di due anni da quando ci hanno fatto chiudere. Al governo non piace il nostro metodo di lavoro perché vogliono che un rifugio debba essere fatto di gabbie. Noi, ovviamente, non ci siamo mai conformati a questi standard obsoleti e non lo faremo mai. Le autorità locali non ci sostengono e trovano anche modi per renderci la vita più difficile. Ci hanno chiesto di effettuare lavori importanti alle infrastrutture. Sapevano che economicamente sono spese altissime e lo hanno fatto pensando di farci abbassare la guardia e arrenderci. Ma noi, ancora una volta e un giorno alla volta ci siamo rimboccati le maniche e siamo in dirittura d'arrivo. Abbiamo rispettato tutte le consegne e le richieste che ci hanno fatto e anche la pandemia non ha aiutato rallentando i tempi. Penso però che saremo pronti a riaccogliere le persone che ci seguono da tutto il mondo per la metà di quest'anno e i cani correranno di nuovo attraverso le montagne e faranno amicizia con i nostri amici umani.
Al mio rientro in Italia, dopo aver passato quei giorni insieme al Territorio, molti esperti o appassionati di cinofilia mi hanno chiesto: «Come fanno a gestire tutti quei cani? Chissà quante risse avrai visto». E invece… come stanno le cose, Lya?
La mia opinione è da "non educatrice cinofila patentata": non sono una dog trainer. Quando li osservo rifletto e vedo che non hanno nessun motivo per combattere tra di loro. Prima di tutto c'è da dire che sono castrati e sterilizzati e questo sicuramente aiuta ad abbassare quel bisogno di essere "il capo di qualcosa". Però quello che noto è che quando un cane nuovo arriva è proprio il resto del branco che gli mostra come comportarsi, è come se gli dicessero: "Ora ti guidiamo per farti capire come facciamo le cose qui". Sia chiaro: non è che non litighino. Voglio dire, se un cane cerca di portare via il bastone di un altro, probabilmente scatenerà una discussione e anche una bella rissa. Ma è così che risolvono i loro problemi e, come tu hai visto e appunto per togliere la curiosità a chi ci legge, noi interveniamo quando serve. Ma puoi interromperli semplicemente anche solo urlando loro contro.
Quindi l'intervento umano è relativo? Sono gli stessi cani che si regolano tra di loro?
Sì, io ho chiaramente visto che è bastato creare delle regole di convivenza tra cani e esseri umani e cani e cani, all'inizio, e poi quando arriva un nuovo soggetto è lui che, con i suoi tempi da rispettare, deve regolarsi e entrare in sintonia con l'energia che lo circonda. Se non lo fa, se non comprende che ci sono appunto delle regole di convivenza, il resto del branco gli insegnerà come comportarsi. Abbiamo avuto dei cani che non hanno mai imparato e che sono diventati un problema nel coesistere con gli altri, ma posso contarli con orgoglio sulle dita di una mano. Per loro, col tempo, abbiamo capito che dovevamo lasciarli liberi di fare cose diverse e non obbligarli nemmeno a una vita di socializzazione percepita come estremizzata. Così, per ogni cane noi valutiamo che tipo di inserimento fare e spesso anche per quelli più refrattari alle regole dei gruppi più grandi ecco che una passeggiata con branchi più piccoli risolve qualsiasi problema. Dopo tanti anni io sono convinta che nessun cane è veramente incorreggibile.
I cani per te sono naturalmente socievoli e empatici?
Penso che di certo non siamo noi umani ad insegnare loro a essere socievoli. Qualunque cosa induca un cane ad essere aggressivo o a rappresentare un problema non è parte della sua natura ma nasce dall'interazione negativa con qualcuno o per qualcosa che gli è accaduto in determinati momenti della vita. Mi riferisco ai randagi, ovviamente, ai tanti che ho incontrato e profondamente conosciuto. Nel momento in cui li portiamo al Territorio e lasciamo che ricordino cosa significa essere solo un cane, è come se "riprogrammassero il loro chip". Resettano la loro mentalità e ripartono da ciò che davvero erano. E abbiamo avuto tantissimi cani che sono entrati al santuario perché erano stati davvero aggressivi e in pochissimo tempo sono diventati una parte perfetta del branco. Quindi non siamo noi esseri umani a trasformarli in "cani perfetti" e io per prima non posso prendermi il merito, ma dobbiamo almeno testimoniare che si può contribuire al dargli la possibilità di vivere una vita che vale la pena di essere vissuta: succede e vale la pena provare.
Stai parlando di migliaia di cani che hai incontrato, curato e in realtà di ognuno di loro hai un ricordo chiaro. Questo vuol dire entrare in relazione non solo con "i cani" ma con ogni singolo individuo?
Forse non tutti rispondono in modo estremamente diverso a ogni stimolo, ma devi essere consapevole che in realtà ogni cane ha una sua personalità per conoscerlo abbastanza, capirlo abbastanza e accettarlo per quello che è. Una volta che si comprende questo aspetto non c'è davvero alcun motivo per non volere più un cane solo perché non è quello che ti aspettavi. In realtà i cani sono sempre di gran lunga migliori di qualunque preconcetto o pretesa iniziale si abbia nei loro confronti e ciò che conta è mettersi in relazione con loro e lasciarsi coinvolgere dal rapporto in quanto tale. Penso che sin dalla notte dei tempi siamo tutti connessi alla stessa energia. Apparteniamo tutti alla stessa origine degli alberi, dell'acqua, di questa terra su cui camminiamo. E sfortunatamente, quando abbiamo iniziato a svilupparci, siamo diventati disconnessi. Abbiamo bisogno di progetti come Kodami che ci uniscano e ci ricordino che l'unica cosa che separa un essere umano da un animale è tutto ciò che è sopra la pelle, perché siamo un'anima solo e dobbiamo rispettarci l'un l'altro. Insomma, come esseri umani forse è tempo di realizzare che non siamo gli animali più interessanti che camminano su questa Terra.
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