Ci risiamo, è di nuovo quel periodo dell'anno in cui gli storni riempiono i cieli delle nostre città offrendo uno spettacolo unico. In questi giorni, l'ultima coreografia alata è andata in scena a Bergamo, con migliaia di esemplari avvistati e ripresi nei pressi della stazione da Alessandra Sacchitella, video segnalato anche da L'Eco di Bergamo. Non è però di certo la prima volta che si vedono giganteschi stormi espandersi, contrarsi e creare forme sempre diverse nel cielo, esibizioni che, per quanto spettacolari, sono soprattutto un'ingegnosa strategia di sopravvivenza.
Lo storno (Sturnus vulgaris) è infatti una specie migratrice altamente gregaria, soprattutto in inverno, quando forma solitamente gruppi enormi che si radunano al tramonto, quando arriva il momento di ritornare al dormitorio comune. Gli ornitologi lo chiamano roost ed è un'efficace e ingegnosa strategia per proteggersi dai predatori, scambiarsi preziose informazioni e per affrontare il freddo e le rigidità invernali.
Molto spesso, questi roost si trovano proprio a ridosso o addirittura all'interno di città e metropoli, dove mediamente le temperature sono più miti che in aperta campagna. Lo sa bene chi vive per esempio a Roma, dove è spesso difficile riuscire a trovare un equilibrio e un convivenza pacifica. Ma le danze e le coreografie offerte dagli storni da sempre suscitato curiosità, oltre che fascino, anche all'interno della comunità scientifica, non solo tra naturalisti e ornitologi.
Persino il Premio Nobel per la Fisica 2021, Giorgio Parisi, ha studiato i meccanismi alla base del volo degli storni, inserendoli in un contesto più ampio di analisi dei sistemi complessi e cercando di spiegare come dal comportamento di un individuo, come per esempio il singolo storno, derivino comportamenti collettivi che possono essere interpretati con le leggi della fisica. Uno studio che si è poi rivelato fondamentale per gettare le basi che lo hanno portato a vincere la prestigiosa onorificenza.
Ma sebbene questa specie sia evidentemente in aumento e in costante espansione in alcune zone d'Europa, studi recenti hanno invece dimostrato che il alcune aree, soprattutto in quelle più settentrionali, il loro numero è calato vistosamente rispetto agli anni 80, principalmente a causa dell'intensificazione delle pratiche agricole e della scomparsa degli insetti, tra le loro prede principali. A loro volta, però, anche gli storni possono trasformarsi in prede, regalando indirettamente un altro spettacolo nello spettacolo.
I grossi stormi attirano infatti altri predatori, pronti ad approfittare dell'assembramento per catturare qualche esemplare distratto. Il loro nemico numero uno è il falco pellegrino, dal quale si difendono proprio grazie alle straordinarie evoluzioni di gruppo che ricordano molto anche le strategie difensive dei banchi di pesci. La protezione risulta duplice: innanzitutto, in tanti è difficile – anche solo per il delle probabilità – essere selezionati come vittima; Inoltre, coordinandosi nelle spettacolari coreografie i falchi possono andare in confusione, non riuscendo così a focalizzarsi e a individuare il singolo individuo.
Nonostante ciò, il pellegrino (Falco peregrinus) è uno dei rapaci più abili in assoluto a destreggiarsi in volo con manovre spettacolari improvvise picchiate, ed è specializzato proprio nella cattura di piccoli passeriformi o piccioni. Le prede vengono colpite come da un proiettile e afferrate al volo all'assurda velocità di oltre 320 km orari in picchiata. La sua incredibile aerodinamicità in volo non ha eguali e le sue straordinarie capacità aeree vengono costantemente studiate e sono fonte di ispirazione per nuove e sempre più moderne tecnologie, che serviranno a migliorare anche le performance di volo degli aerei.