Oltre 1.500 uccelli appartenenti a specie protette e due cuccioli di leone, entrambi in condizioni di salute precarie, sono stati sequestrati dalla polizia libanese nel corso di un’operazione condotta a Batroun, a una cinquantina di chilometri da Beirut.
Il controllo è scattato il 29 settembre scorso su un camion fermato dall’esercito e proveniente, secondo gli accertamenti, dalla Siria. Nel vano di carico, i militari della Lebanese Internation Security hanno trovato diverse gabbie in cui erano tenuti gli uccelli – alcuni ormai morti, e tutti trasportati senza autorizzazioni – e due trasportini per gatti in cui hanno trovato i due leoncini, un maschio e una femmina, con tutta probabilità fratelli. I cuccioli erano immersi nelle loro deiezioni, disidratati e in pessime condizioni, e secondo le stime hanno meno di due mesi d'età.
Sul posto sono intervenuti i volontari di Animals Lebanon, associazione che si occupa della tutela e della salvaguardia degli animali in Libano, che dopo avere liberato gli uccelli in natura ha preso in carico i due leoni per sottoporli a visita veterinaria. Si tratta soltanto dell'ultimo sequestro di questo genere in Libano, dove il traffico di leoni e altri grandi felini è documentato e combattuto da ormai 15 anni. Si tratta di un business estremamente remunerativo controllato, secondo gli accertamenti dell’associazione e delle forze dell’ordine, da un ristretto numero di persone che sposta questi animali da un Paese all’altro, vendendoli ai migliori offerenti. Nel corso degli anni, Animals Lebanon ha accolto nei suoi santuari in Sud Africa, Stati Uniti e Francia numerosi leoni, tigri, leopardi e ghepardi, tutti vittime di questo commercio illegale, e anche i leoncini, tolti così piccoli alla madre, passeranno il resto delle loro vite in un santuario.
«Chiediamo alle autorità di adottare misure più severe contro il commercio illegale di animali selvatici – è l’appello di Animals Lebanon – e anche contro gli zoo lungo le strade e il commercio di animali esotici che alimentano questo business».