«Pensare che questi animali solitamente passano gran parte del loro tempo al freddo dell'Artide e ora invece li abbiamo qui a pochi metri… è un'emozione indescrivibile», dice Rosario Balestrieri tenendo il viso incollato al binocolo. Certo, Rosario fa l'ornitologo da più di 20 anni e da molto tempo lavora per la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN), eppure su quella barca, indipendentemente dal vissuto di ognuno di noi, tutti condividiamo una sensazione di meraviglia e stupore: siamo davanti a una gazza marina, un "pinguino" nel Golfo di Napoli.
L'animale si muove tranquillo nell'acqua, sembra quasi non notare la nostra presenza mentre il gommone scivola lentamente a motore spento. Ci siamo svegliati molto presto per uscire in mare aperto e vederla nel suo habitat naturale e ora possiamo ammirare come si muove libera senza neanche usare il binocolo. «Le ultime due segnalazioni di questo animale a Napoli risalgono al 1928 – continua il ricercatore emozionato – Per cui sono esattamente 94 anni che non viene avvistato qui».
L'individuo che vediamo è circondato da altri due compagni con cui caccia qualche pesce e il gruppetto insieme costituisce una rara visione alla quale hanno assistito tantissime persone in tutto lo Stivale. Infatti, nei mesi scorsi sono arrivate centinaia di segnalazioni di gazze marine avvistate lungo diverse coste italiane, un evento unico nel suo genere che ha meravigliato e preoccupato molti esperti: cosa ci fanno qui e perché sono così tante? Proprio questo è il motivo per cui siamo su un gommone nel Golfo di Napoli in una mattinata di febbraio straordinariamente tiepida: per documentare l'insolita "invasione" di gazze marine nel Mediterraneo, il caso ornitologico dell'anno.
Chi è la gazza marina
«Molti chiamano le gazze marine (Alca torda) pinguini ed è normale confondersi – spiega Balestrieri sorridente mentre gli animali si immergono alla ricerca di cibo davanti a noi – I due uccelli si somigliano molto nell'aspetto per via della loro postura eretta a terra e del colore, ma in realtà fanno parte di due famiglie completamente diverse: le gazze appartengono agli alcidi e i pinguini agli sfeniscidi».
Anche se sembra un pinguino, la gazza vola e in inverno abbandona le coste e le scogliere dell' Atlantico settentrionale, dell'Europa nord-occidentale, della Groenlandia e dell'America nord-orientale per disperdersi in mare aperto, dall'Atlantico settentrionale al Mediterraneo occidentale e ancora più a Sud, fino alle Canarie. Arriva ogni anno nel Mediterraneo per trascorrere l'inverno, normalmente con numeri molto ridotti che la rendono una specie difficile da osservare. «In Italia si vede con una certa regolarità nel Mar Ligure, soprattutto da fine novembre a inizio marzo e nel golfo di Napoli, invece, la specie era segnalata con una certa frequenza solo fra la fine del 1800 e l'inizio del 1900», spiega l'esperto mentre lentamente i tre individui si allontanano da noi.
Da allora le gazze marine sono ricomparse solo nel 1970 al largo di Castel Volturno, nel Casertano. Altri esemplari sono stati poi osservati nuovamente lungo il litorale Domitio nel 2012 e 2016 e in Cilento nel porto di Scario, nel gennaio 2017. Ora, però, dopo quasi cent'anni, la gazza marina è tornata nuovamente a nuotare e a tuffarsi tra le acque ai piedi del Vesuvio.
L'invasione delle gazze marine
Continuiamo il nostro viaggio sul gommone. L'imbarcazione che ci ospita è dell'Area Marina Protetta "Regno di Nettuno", un altro ente di ricerca che ha collaborato a raccogliere segnalazioni. In lontananza scorgiamo le sagome di Procida e Ischia, il sole ne bacia i contorni e disegna intorno a loro profili di luce. Mentre cerchiamo altri gruppi di gazze fra le isole campane ripercorriamo con l'ornitologo i fatti di quest'anno che hanno smosso un così grande interesse.
Nel novembre del 2022 diversi ornitologi e birdwatcher italiani hanno segnalato numerosi avvistamenti di gazze marine e lo stesso Rosario Balestrieri il 21 novembre ha documentato la presenza della specie nei pressi del lungomare di Mergellina, a Napoli. «Abbiamo iniziato subito a raccogliere più dati possibili sul fenomeno – spiega l'esperto alzando la voce per sovrastare il suono del motore – Ci hanno aiutato istruttori di vela, ornitologi e comuni cittadini da tutta Italia».
Dalla Liguria alla Sicilia, passando per il Salento, il Mediterraneo sembrava essere stato investito da stormi di uccelli così poco familiari con i nostri ecosistemi marini. Dopo le prime segnalazioni registrate nel Mar Ligure e lungo le coste tirreniche, gli avvistamenti si sono moltiplicati un po' in tutta Italia e a fine novembre sono iniziati a crescere anche le segnalazioni di esemplari rimasti impigliati in reti, lenze e ami da pesca.
Il gommone si ferma nuovamente per osservare un altro gruppo di uccelli che cacciano. Il sole si è spostato in alto sopra le nostre teste e le gazze marine sfrecciano sotto di noi a grande velocità: le ali si aprono e si chiudono per darsi la spinta in acqua, un volo sottomarino di una eleganza unica. Abbassando la voce per non disturbarle Balestrieri continua: «A dicembre abbiamo lanciato come Stazione Zoologica Anton Dohrn un monitoraggio della gazza marina nei mari italiani attraverso la citizen science, la scienza partecipata che coinvolge i cittadini. Un progetto nato in collaborazione con Lega Navale Italiana a cui chiunque frequenti il mare poteva partecipare inviando le sue segnalazioni compilando un apposito form online».
Così sono iniziate a fioccare le immagini di gazze marine negli archivi della SZN. Ma ai ricercatori servivano più dati, motivo per cui hanno deciso di utilizzare un potente strumento abbinato alla scienza: i social network. Scrollando video su diverse piattaforme hanno accumulato un'incredibile quantità di segnalazioni: gli utenti postavano sui propri profili video e foto delle gazze marine con tanto di geolocalizzazione e agli studiosi è bastato solo armarsi di pazienza e appuntarsi i siti degli avvistamenti.
Mentre il numero di avvistamenti saliva nel tempo, però, cresceva anche il numero di individui trovati morti. «A gennaio sono stati circa quaranta i ritrovamenti di cadaveri appartenenti alla specie. Un dato che ha suscitato una certa dose di preoccupazione», aggiunge il ricercatore mentre viene interrotto bruscamente da una telefonata: è un suo contatto da Procida che lo informa che è stata trovata proprio una gazza senza vita spiaggiata.
Perché le gazze marine hanno "invaso" le coste del sud Italia?
Ci precipitiamo alla sede dell'Area Marina Protetta "Regno di Nettuno" a Ischia e veniamo accolti subito dal direttore Antonino Miccio che ci fornisce il necessario utile per raccogliere l'animale in sicurezza: una scatola di cartone, guanti in lattice, una mascherina e una busta di plastica. Ripartiamo alla volta di Procida preoccupati e con ancora più dubbi: possibile che questi animali abbiano dovuto abbandonare a centinaia i propri habitat nel nord del mondo per ritrovarsi a nuotare fra la spazzatura dei nostri mari?
Capire come mai negli ultimi mesi sembra esserci stata una piccola invasione nelle acque italiane non è affatto semplice. Possono essere numerosi i fattori che influenzano la quantità e gli spostamenti degli uccelli migratori in inverno, soprattutto per quanto riguarda le specie marine. «È davvero complesso interpretare contestualmente le dinamiche che determinano gli spostamenti degli uccelli marino-pelagici, in quanto questi vengono indotti da variabili non semplici da decifrare sul momento, come le condizioni meteo-climatiche e la disponibilità e distribuzione della risorsa ittica», spiega l'ornitologo mentre davanti a noi si staglia l'isola di Procida bagnata dal sole.
Il gommone approccia al molo. Una cima lanciata per bloccare l'imbarcazione e siamo subito alla ricerca del corpo della gazza. È pomeriggio inoltrato e affrettiamo il passo per approfittare delle ore di luce che ci restano. Nel mentre Rosario Balestrieri continua: «Nel 2019 sulla rivista Movement Ecology dei ricercatori hanno dimostrato che le gazze marine possono cercare nuove risorse trofiche spostandosi più a sud quando il cibo scarseggia nelle aree di svernamento abituali e probabilmente è proprio quello che sta accadendo anche in questo caso».
Percorriamo la banchina a passo svelto. «Un altro probabile motivo della massiccia presenza di questi animali nelle nostre acque è una grossa perturbazione meteo che si è abbattuta sulla costa atlantica del Portogallo alcuni mesi fa e infatti dopo di essa abbiamo assistito alle prime osservazioni – Spiega Balestrieri mentre i nostri occhi scrutano in lontananza alla ricerca della gazza – Questo può avere indotto un ingresso più massiccio degli individui nel Mediterraneo».
Vorremmo approfondire ancora la questione, ma rimaniamo ammutoliti dal triste spettacolo davanti ai nostri occhi: una gazza marina giace immobile sulla spiaggia nel porto di Procida. Le penne coperte dalla sabbia hanno perso quella tipica lucentezza. «Il mare e gli oceani sono sempre più a rischio a causa delle attività umane, dell'emergenza climatica, della plastica e altri inquinanti e del depauperamento della fauna ittica, solo per citare alcune variabili che si riflettono sull'intero sistema di cui noi stessi facciamo parte», spiega Balestrieri mentre indossa le precauzioni necessarie per maneggiare il cadavere.
Il ricercatore inserisce delicatamente l'animale nella busta di plastica e successivamente nella scatola. Ci dirigiamo subito al porto dei traghetti di Ischia per imbarcare la preziosa scatola destinata agli operatori del Centro di Recupero Animali Selvatici Federico II di Napoli che provvederanno a ricostruire le cause della morte con un'autopsia. Consegnata la scatola il sole è ormai basso all'orizzonte. Decidiamo di sederci su una panchina del porto di Ischia con lo studioso ancora una volta per un'ultima considerazione sull'accaduto.
«Gli uccelli pelagici come le gazze marine sono probabilmente fra i più colpiti dall'inquinamento delle acque superficiali – conclude Balestrieri – Spesso vengono ritrovati con lo stomaco pieno di plastica, magri e smunti. Hanno smesso di mangiare perché incapaci di provare fame, la plastica ha riempito il loro stomaco e non possono espellerla».
La notte incalza e torniamo alle nostre case cambiati. I nostri occhi si sono riempiti del blu del mare, dell'oro del sole ma anche del bianco e del nero, il colore dei "pinguini napoletani". Passano alcuni giorni e Rosario Balestrieri ci comunica due notizie importanti. Innanzitutto è arrivato il referto dell'autopsia fatta alla gazza marina di Procida. Purtroppo è morta di inedia, pesava 300 grammi, meno della metà del peso di una gazza marina sana. La colpa, ancora una volta, è la plastica ingerita inconsapevolmente dall'animale che gli ha garantito un terribile senso di sazietà eterna.
La seconda notizia riguarda il fatto che lo studio condotto dal suo team di ricerca sulle gazze marine è concluso ed è stato pubblicato sulla rivista Animals. Si tratta della prima pubblicazione scientifica della Stazione Zoologica Anton Dohrn dedicata agli uccelli marini dopo 150 anni. I risultati ricalcano le ipotesi che lo stesso Balestrieri ci ha spiegato durante il nostro giro in gommone: le gazze sono arrivate in massa nel Mediterraneo per colpa di una forte perturbazione atmosferica e, soprattutto, per inseguire i pesci di cui sono ghiotte, migrati verso sud probabilmente per colpa del cambiamento climatico.
«Non sappiamo se torneranno anche il prossimo anno e se è necessario preoccuparsi dell'invasione del Mediterraneo – scrive il gruppo di ricercatori alla fine dello studio – Ciò che sappiamo è che l'evento al quale abbiamo assistito è senza dubbio straordinario e sottolinea che probabilmente qualcosa negli ecosistemi di questi uccelli sta cambiando».