«Il coccodrillo come fa? Non c’è nessuno che lo sa», recita l’iconico ritornello di una delle più famose canzoni dello Zecchino d’Oro. Ma il mistero è mai stato risolto? È vero che coccodrilli, alligatori e caimani sono noti più per le loro capacità predatorie che per le loro voci, anzi è davvero difficile ascoltare le loro vocalizzazioni, però anche per loro la comunicazione vocale è importante, soprattutto nella fase iniziale della loro vita.
I piccoli coccodrilli iniziano ad emettere i primi richiami mentre sono ancora all’interno delle uova e i loro fratelli ascoltano e rispondono alle vocalizzazioni: questo tipo di comunicazione è importante perché consente di sincronizzare la schiusa. Anche la madre risponde a questi richiami dissotterrando le uova e aiutando i piccoli a uscire dai gusci, per poi trasportarli in bocca fino allo specchio d’acqua più vicino. Le madri coccodrillo, al contrario di quanto molti credono, sono affettuose e premurose e si prendono cura dei piccoli per diverse settimane dopo la schiusa, proteggendoli attivamente dai predatori e durante questo periodo, i giovani comunicano acusticamente con i fratelli e con la madre.
I coccodrilli adulti, invece, non usano comunicazione vocale tra loro ma possono soffiare per sembrare più minacciosi: si tratta di un verso decisamente più forte e cupo rispetto al sibilare di un serpente. In italiano esiste una parola specifica per definire il verso del coccodrillo: trimbulare, ovvero produrre un suono articolato, costituito da un insieme di tremuli sia gravi che acuti. L'accademia della Crusca, però, al momento non riconosce ancora il termine come valido.
Quindi, ad oggi, siamo ben coscienti dei versi di coccodrilli e affini, perché è possibile studiarli e registrare i loro comportamenti. Ricostruire, invece, i versi di animali estinti come i dinosauri è decisamente più complesso, ma in questo possono essere utili proprio gli studi sui richiami dei coccodrilli. I dinosauri sono un gruppo di animali estremamente vario, con specie di ogni forma e dimensione, che ha dominato la Terra per quasi tutto il Mesozoico; parliamo di un periodo durato circa 165 milioni di anni, quindi non possiamo parlare di versi di dinosauri in maniera così generica, né possiamo immaginare che un piccolo Compsognathus, delle dimensioni di un pollo, facesse lo stesso verso di un gigantesco sauropode, il gruppo dei “dinosauri dal collo lungo” dove diverse specie superano i 30 metri di lunghezza.
Siamo abituati ad immaginarci questi antichi rettili ruggire in maniera spaventosa per via di come sono raffigurati nei film, ma si tratta di pura invenzione cinematografica e in realtà è decisamente poco probabile che facessero davvero così. Non possiamo sapere con certezza che verso facessero perché ad oggi non sono ancora stati ritrovati fossili o tracce di organi fonatori, cioè quegli organi che consentono l’emissione di suoni, ma alcuni dinosauri hanno lasciato altri indizi. Ad esempio, Parasaurolophus era caratterizzato dall’avere una grossa cresta cava che faceva da cassa di risonanza: faceva passare l’aria nelle cavità della sua cresta, similmente a come accade quando suoniamo un trombone, producendo un suono che poteva ricordare questo strumento, che serviva per comunicare e riconoscersi con gli altri esemplari.
Per alcuni altri dinosauri che non hanno lasciato nessun tipo di indizio sulla loro comunicazione vocale, o sull’effettiva presenza di un apparato specializzato, sono stati fatti degli studi a partire da altri animali ad oggi esistenti che non hanno organi fonatori veri e propri, tra cui anche i coccodrilli: questi ultimi e i dinosauri sono, infatti, imparentati tra loro ed entrambi fanno parte del gruppo degli arcosauri, insieme ai rettili volanti detti pterosauri, ormai completamente estinti. Gli unici animali appartenenti al ramo dei dinosauri che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri sono, al contrario, gli uccelli. Ammesso, dunque, che alcuni uccelli preistorici o altri dinosauri potessero avere organi fonatori simili a quelli delle specie moderne, è anche possibile che molte specie ne fossero sprovviste. Anche alcuni uccelli moderni come lo struzzo (Struthio camelus) non hanno la cosiddetta siringe, la struttura che usano gli uccelli per cantare, e producono dei suoni gravi comprimendo rapidamente l’aria nella gola.
Siamo sicuri che il celebre Tyrannosaurus non ruggisse, ma possiamo immaginare che fosse in grado di produrre un verso simile a quello degli struzzi o dei coccodrilli, amplificato enormemente dalle sue grandi casse di risonanza, generando quindi dei suoni cupi e inquietanti che sono stati ricostruiti digitalmente dai ricercatori. Partendo dall'interrogativo sul verso dei coccodrilli siamo quindi stati in grado di ricreare con un buon grado di certezza quello che potrebbe essere il verso di alcuni animali estinti come i dinosauri.