Dietro le punture delle api si cela una motivazione molto più nobile di quanto immaginiamo: difendere la colonia. Bisogna immaginare questa colonia un po' come se fosse un iceberg in mezzo al mare: l'ape che ci ronza intorno è solo la punta, mentre tutto quello che c'è sotto e che non vediamo, è un sistema tanto complesso quanto meraviglioso in cui ogni singola ape è un piccolo ingranaggio.
Perché pungono?
Le api pungono solamente come meccanismo difensivo per proteggere la colonia da eventuali pericoli, per questo la loro aggressività aumenta man mano che ci avviciniamo all’alveare. Le zone meno pericolose sono i punti di raccolta dove le api si radunano per raccogliere polline e nettare. Per questo quando le vediamo ronzare attorno ai fiori del nostro giardino possiamo stare tranquilli: difficilmente ci attaccheranno, hanno occhi solo per il nettare. Man mano che ci si avvicina alla colonia invece, l’aggressività aumenta vertiginosamente, fino a giungere al perimetro difensivo, dove essere punti è molto probabile. Quando vogliono allertare lo sciame di un imminente pericolo, infatti, le loro ali vibrano, arrivando fino a 500 battiti al secondo. In questo modo emettono un forte rumore che serve anche da avvertimento per l’intruso.
Se questo non dovesse bastare, sono disposte persino a morire pur di difendere l’alveare. Quando l’attacco avviene ai danni di un mammifero infatti, le api spesso muoiono poiché il pungiglione rimane incastrato alla pelle per via della sua elasticità, e nel tentativo di estrarlo se lo strappano via assieme agli organi interni. Ciò non accade alle vespe, ad esempio, poiché il loro pungiglione, a differenza di quello delle api, non ha queste piccole seghettature nella zona terminale, ma è completamente liscio.
Non va dimenticato poi, che le api sono animali velenosi, non si limitano quindi solamente a pungere ma iniettano anche il loro veleno chiamato apitossina. Arrivare a uccidere un essere umano (a meno che non sia allergico) però, è praticamente impossibile: occorrerebbero 20 punture per ogni kg di peso corporeo. Se facciamo due conti, per uccidere un individuo di 70 kg ci vorrebbero 1400 punture!
Operaie e fuchi
Le uniche api a pungere sono le femmine, anche dette api operaie. Solo loro hanno il pungiglione, i fuchi, ossia i maschi, ne sono invece sprovvisti. Il pungiglione, infatti, non è altro che la terminazione dell’apparato riproduttivo femminile, l’ovopositore, che non essendo utile alle api operaie per deporre uova, si trasforma nell'"affilato uncino" che tutti conosciamo. Ma se le api femmina non usano l’apparato riproduttivo, come fanno a riprodursi?
Ape regina e riproduzione
Ogni alveare ha una sola ape femmina addetta alla riproduzione: l’ape regina. Viene scelta tra migliaia di simili e sviluppa una struttura più grossa e allungata rispetto alle altre. É la sola madre dell’intero alveare e arriva a deporre più di 2000 uova al giorno, per dar vita a colonie di svariate decine di migliaia di esemplari.
La cosa incredibile poi è che si accoppia una sola volta nella vita, durante il volo nuziale. E tanto basta per deporre uova per i 5 anni successivi, età massima che l’esemplare può raggiungere.
Durante il volo nuziale la regina esce dall’alveare per la prima e ultima volta e inizia a rilasciare dei feromoni. I fuchi degli alveari circostanti ne vengono immediatamente attratti, iniziando così l’inseguimento per raggiungerla. Tra le api è consuetudine la poliandria, cioè l’accoppiamento di una singola femmina con diversi esemplari maschi. Le api in particolare arrivano ad accoppiarsi con circa 10-15 fuchi alla volta, in modo tale da mantenere il più variegato possibile il patrimonio genetico dell’alveare. Quando finalmente il primo fuco riesce ad agguantare la regina avviene l’accoppiamento.
Il prezzo da pagare per lui però, è molto più alto di quanto immaginiate: terminato l’appuntamento romantico il fuco muore, cadendo via stremato. In questo modo passa il turno al fuco successivo, non prima però di aver lasciato alla regina un ricordo della loro breve ma intensa storia d’amore: il suo endofallo. Questo è l’organo riproduttivo maschile che rimane incastrato nell’apparato della regina staccandosi dal corpo del fuco.
Una volta tornata all’alveare poi, la regina viene accolta da migliaia di api operaie in festa, che si occupano di ripulirla e di estrarre tutti gli endofalli che le sono rimasti incastrati all’interno. Questi sono simbolo dell’avvenuto accoppiamento e sono assolutamente necessari affinché la nuova regina venga accettata dalla colonia. Se dovesse tornare senza segni d’accoppiamento verrebbe immediatamente uccisa e sostituita, poiché inutile per la sopravvivenza della comunità.
Come fa un solo accoppiamento a bastare per fecondare uova per i 5 anni successivi? La risposta sta in uno speciale organo che la regina possiede, chiamato spermateca. Immaginatela come una sorta di sacca in cui conserva per anni tutto lo sperma dei fuchi con cui si è accoppiata durante il volo nuziale, e a cui potrà attingere ogni volta che vorrà.
Da questo momento in poi il suo ruolo sarà unicamente quello di deporre uova e decidere quali di queste fecondare e quali no. Le uova che vengono fecondate con gli spermatozoi che tiene ben conservati nella spermateca, daranno alla luce api femmine, mentre quelle non fecondate diventeranno fuchi. In media un alveare è composto principalmente da operaie, i fuchi sono solamente una piccola percentuale essendo praticamente inutili per la comunità. Oltre all’accoppiamento infatti, non hanno altre funzioni cruciali all’interno della colonia. Motivo per cui, in periodi di scarse risorse, può capitare addirittura che vengano cacciati via dall’alveare.
La nascita di una regina
Le uova di una futura regina e quelle di un’operaia sono praticamente identiche. La differenza sta esclusivamente nel trattamento che questa ape riceverà durante la sua vita: cibo migliore, appartamenti di lusso, insomma una vita regale. Alla morte della precedente regina, le operaie scelgono alcune uova che vengono messe in celle speciali a forma di arachide, molto più grandi delle normali cellette esagonali delle comuni api. Dopo qualche tempo da queste uova nascono le larve reali che – a differenza delle altre componenti della colonia, che si nutrono di pappa reale solamente i primi tre giorni di vita – verranno nutrite con questo alimento ricco di nutrienti per il resto dei loro giorni.
Una volta cresciute, le larve reali sono pronte a uscire dalle celle, ed è a questo punto che inizia una vera e propria corsa contro il tempo. La prima ape a sbucare fuori infatti, diventerà l’ape regina e per prima cosa andrà nelle altre celle reali a far fuori le rivali, assicurandosi così di non avere scomodi contendenti al trono. Nel caso in cui più api regina dovessero uscire dalle celle contemporaneamente, inizierebbe un duello all’ultimo sangue che porterebbe all’inevitabile morte di una delle due.
I "mestieri" delle api
Come ogni società che si rispetti, la colonia comprende al suo interno i professionisti più svariati. Ci sono le api nutrici (le “cuoche” della colonia), le addette all’edilizia (che costruiscono e riparano l’alveare), le api spazzine (che lo mantengono pulito). Poi ci sono le api ventilatrici, ovvero le addette alla termoregolazione dell’alveare. Sbattendo le ali creano una corrente d’aria che, proprio come un ventilatore, raffredda l’alveare per mantenerlo sempre alla costante temperatura di 35 gradi circa.
Addirittura, quando il caldo è eccessivo portano gocce d’acqua all’interno dell’alveare, nebulizzandole col battito d’ali. E se questo metodo non dovesse bastare non si danno mica per vinte. Formano come una ‘barba’ all’esterno dell’alveare aggrappandosi le une alle altre così da proteggerlo dai raggi del sole. E quelle che vediamo noi in giro per le campagne? Sono le api bottinatrici, i rider dell’alveare per intenderci. Sono incaricate di uscire all’esterno per andare a raccogliere nettare e polline e portarlo all’alveare.
Con questo nettare le api creeranno poi il prodotto che le ha rese famose: il miele. Questo viene prodotto nello stomaco delle api a partire dalle sostanze zuccherine raccolte dalle piante, per venire poi rigurgitato e immagazzinato nelle celle dell’alveare, così da poter essere consumato più avanti. Il miele nasce proprio come necessità di avere scorte di cibo per tutto l’anno: si può dire che quando lo consumiamo stiamo in realtà mangiando “lo scatolame” delle loro dispense. Il suo sapore dolciastro è dovuto alla presenza degli zuccheri contenuti nel nettare. Non pensate però che sia un caso: le piante producono questa sostanza zuccherina proprio per attirare le api nei loro fiori. In questo modo, passando da un fiore all’altro, le bottinatrici permettono la diffusione del polline e la conseguente fecondazione delle piante.
Le api si stanno estinguendo?
Da qualche anno in giro non facciamo altro che sentire notizie allarmanti dell’imminente scomparsa delle api con conseguenze disastrose. In realtà va fatta una distinzione, perché la famiglia delle api è molto più ampia di quanto crediamo. Sarebbe più corretto infatti parlare della superfamiglia degli apoidei. Questa famiglia comprende le api mellifere e le api selvatiche. Le api mellifere, essendo allevate dall’uomo, sono ben lontane dall’estinguersi, anzi! La loro crescita demografica nel mondo è in costante aumento.
Le api selvatiche invece, solitamente non fanno il miele e sono oltre 20.000 specie, molte delle quali sono effettivamente in pericolo per diversi fattori, tra cui la perdita degli habitat, l’inquinamento e i cambiamenti climatici. Nulla da togliere alle api che effettivamente sono responsabili dell’impollinazione di molte specie vegetali del pianeta e senza le quali dovremmo dire addio a moltissimi alimenti che siamo abituati a vedere sugli scaffali dei supermercati. Ricordiamoci però che andrebbero salvaguardate tutte le specie di api, non solo quelle che tornano utili all’uomo per il miele che producono.