Gli scimpanzé usano gli insetti come farmaci per curare le ferite. L’esperta: «C’è ancora tanto da scoprire»

Alcuni scimpanzé sono stati osservati per la prima volta mentre applicano insetti schiacciati sulle ferite aperte proprie e degli altri. Potrebbe trattarsi non solo di automedicazione, ma anche del primo caso di cure mediche rivolte verso altri individui in una specie non umana.

9 Febbraio 2022
13:23
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Un gruppo di ricercatori dell'Università di Osnabrück e dell'Ozouga Chimpanzee Project ha osservato per la prima volta alcuni scimpanzé applicare insetti sulle proprie ferite e su quelle di altri conspecifici. Questo comportamento, mai osservato prima in nessuna altra specie animale, potrebbe rappresentare un nuovo importante tassello per la comprensione dell'automedicazione negli animali e non solo.

Non è di certo la prima volta che si osservavano animali che si curano da soli: lo fanno orsi, elefanti, uccelli e persino insetti che, tuttavia, di solito si limitano a ingerire particolari piante o altre sostanze con proprietà curative o antiparassitarie. L'applicazione diretta di cure ad altri animali su una ferita, invece, non era mai stata documentata prima d'ora.

A osservare e descrivere per la prima volta questo nuovo comportamento nella comunità di Rekambo, nel Parco Nazionale di Loango in Gabon, è stata Alessandra Mascaro, primatologa e ricercatrice dell'Ozouga Chimpanzee Project e prima autrice dello studio pubblicato su Current Biology. «Era novembre del 2019 e stavo seguendo e filmando una femmina di nome Suzee, quando a un certo punto ho notato che si è allungata verso un arbusto, ha strappato qualcosa, lo ha messo tra le labbra e poi ha preso il piede del figlio giovane, Sia, per applicarglielo su una ferita aperta» spiega a Kodami la Mascaro.

Un comportamento che ha stupito tutti

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Alessandra Mascara e Roxy. Foto di Roland Hilgartner

Il gesto di Suzee è stato talmente rapido e imprevisto che in un primo momento i ricercatori non sono riusciti a capire cosa fosse successo davvero: «Avevamo capito che si trattava di un comportamento decisamente insolito – spiega la ricercatrice – e abbiamo riguardato centinaia di volte quel filmato per capire meglio. Poi la settimana successiva lo abbiamo osservato di nuovo, ma questa volta si trattava di Freddy, un maschio adulto, che ha fatto la stessa cosa su stesso».

Solo in quel momento il team ha capito che erano proprio insetti quelli che gli scimpanzé catturavano dalle foglie per applicarli sulle ferite, schiacciandoli prima tra le labbra. Da quel momento, e per molti mesi successivi, i ricercatori hanno collezionato un totale di 76 episodi che coinvolgevano 22 individui che per lo più applicavano insetti sulle proprie ferite.

La prima ipotesi avanzata per spiegare questo comportamento è stata quella dell'automedicazione. È risaputo che molti insetti e altri artropodi possiedono proprietà curative antibatteriche o antivirali e molte popolazioni umane li utilizzano regolarmente per curarsi. Esiste un'intera branca della medicina non convenzionale chiamata proprio "entomoterapia".

Due le principali ipotesi da verificare

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La sequenza che mostra il comportamento di cattura, schiacciamento e applicazione sulla ferita dell’insetto. Mascaro et al., 2022

«La prima ipotesi che abbiamo avanzato è sicuramente questa – spiega la Mascaro – non sappiamo ancora quali insetti utilizzino e se effettivamente possiedono proprietà curative. Sappiamo solo che volano, che sono gradi circa cinque millimetri e che sono scuri. Potrebbero avere proprietà antinfiammatorie o antisettiche ma dobbiamo approfondire con ulteriori studi».

C'è però un'altra possibile spiegazione, altrettanto interessante, anche questa però da verificare: «In alternativa potrebbe essere che gli insetti non abbiano alcuna proprietà curativa e che si tratti in realtà di effetto placebo – sottolinea la primatologa – Gli scimpanzé sono animali fortemente culturali, proprio come noi ed è perciò qualcosa di molto complesso. Negli altri animali i comportamenti di automedicazione sono spesso innati, mentre tra gli scimpanzé esistono culture, tradizioni, rituali e bisognerà quindi approfondire attentamente per capirlo».

L'altro aspetto interessante di questo comportamento riguarda il fatto che non fosse rivolto esclusivamente solo verso se stessi, ma anche nei confronti altri individui. L'automedicazione è stata ampiamente studiata in altri animali. Elefanti e altri primati mangiano piante per agevolare la produzione di latte e facilitare il parto, alcune lucertole e insetti ingeriscono particolari foglie e radici, oppure depongono le uova su specifiche piante per contrastare veleni e parassiti. Tuttavia, nessun altro animali si impegna per curare gli altri.

Il primo caso di allo-medicazione e la prosocialità negli scimpanzé

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Suzee (la madre) e Sassandra (su figlia) sono state le prime a essere osservate. Foto di Alessandra Mascaro

«Potremmo essere di fronte al primo comportamento di allo-medicazione negli altri animali. Tra l'altro non solo verso individui imparentati per via materna ma anche nei confronti di altri individui appartenenti allo stesso gruppo» sottolinea a Kodami Alessandra Mascaro. I comportamenti prosociali verso altri individui sono spesso oggetto di discussione tra gli scienziati. Gli scimpanzé della comunità di Rekambo potrebbero quindi aggiungere un tassello importante per la comprensione di questi comportamenti altruistici apparentemente non vantaggiosi per chi li compie.

«Un'altra cosa interessante è che gli altri individui correvano a osservare – spiega la primatologa – Questa cosa fa capire che si tratta evidentemente di un comportamento che attirava l'interesse degli altri, che osservano attentamente per apprendere ed emulare. Gli scimpanzé non sono poi così diversi da noi e non passano tutto il tempo a discutere e litigare come spesso si crede. I rapporti tra madre e figli, i giochi tra giovani sono meravigliosi e il più delle volte interagiscono tra loro serenamente, prendendosi cura l'uno dell'altro. La vicinanza a noi è evidente e incontrovertibile in tantissimi aspetti e io spero che il nostro lavoro dia una piccola spinta per far capire che non siamo poi così eccezionali. Abbattere la nostra unicità rispetto al mondo naturale, ed evidenziare il continuum che come un onda unisce tutte le diversità, è il primo passo per rispettarle e tutelarle», conclude Mascaro.

C'è ancora molto da studiare

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Ida (la madre) e Iboga (suo figlio), sono alcuni degli scimpanzé seguiti quotidianamente dai ricercatori. Foto di Alessandra Mascaro

Resta ancora molto da capire su questo nuovo comportamento e gli studi successivi aiuteranno certamente a mettere tutto in ordine. C'è da verificare quali specie di insetti vengono utilizzate, se possiedono effettivamente proprietà curative, quanto è diffuso questo tipo di comportamento e quali sono i legami e le relazioni tra gli individui che influenzano questo comportamento.

È però incredibilmente affascinante quanto ancora resta da scoprire lì fuori, anche in specie studiate e seguite da decenni. Il più delle volte, tra l'altro, progetti di ricerca importanti come l'Ozouga Chimpanzee Project si poggiano completamente sulle spalle di volontari e donatori generosi. Si spera quindi che queste nuove scoperte possano finalmente attirare nuove attenzioni e finanziamenti per studiare e proteggere adeguatamente queste affascinanti grandi scimmie, sempre più a rischio di estinzione.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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