EO, il trailer del film di Jerzy Skolimowski che racconta la sofferenza degli asini

Eo è un film del regista polacco Jerzy Skolimowski che racconta la crudeltà che noi esseri umani sappiamo destinare agli asini, animali che collaborano con noi da secoli portando con sé molti pregiudizi distanti dalla realtà.

30 Novembre 2022
14:47
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Eo è un asino sfruttato come attrazione in un circo polacco. Quando una nuova legge proibisce l'utilizzo degli animali all'interno degli spettacoli circensi, viene sequestrato e poi venduto, in un succedersi di situazioni sempre diverse che lo porteranno a raggiungere l'Italia, dove finisce in un santuario e diventa la mascotte di una squadra di football, prima che il suo destino cambi ancora.

La storia nasce dalla fantasia del regista polacco Jerzy Skolimowski che, a sette anni dal suo ultimo film, è tornato al Festival di Cannes (dove ha vinto il premio della giuria) e al Festival del Cinema di Torino con un'opera drammatica, che apre una ferita profonda nel cuore di chi desidera un mondo in cui tutti gli esseri viventi hanno diritto a pari dignità.

Il film di Skolimowski, infatti, sottolinea con immagini dure e potenti come l'esistenza di un asino possa essere misera e dolorosa a causa degli esseri umani, capaci di trattare le altre specie alla stregua di meri strumenti di lavoro o divertimento. Un film difficile da affrontare, che ci spinge a guardare negli occhi la nostra crudeltà e rimanda indietro nel 1966, l'anno in cui venne prodotto Au hasard Balthazar, un classico sullo stesso tema. In quel caso il regista era Robert Bresson, il quale attraverso gli occhi dell'asino, raccontava gli aspetti più tetri di questa umanità che, a 50 anni di distanza, evidentemente, non è poi così diversa.

Il ruolo dell'asino si evolve: dai mulini alla Pet Therapy

«Ancora oggi sopravvive il pensiero superficiale che vede l'asino come una sorta di "testone poco intelligente", un'opinione radicata nel pensiero popolare e davvero difficile da scardinare – spiega a Kodami Alessia Tomazzolli, fondatrice dell'associazione "Ritmo d'asino" con la quale organizza passeggiate in compagnia di questi animali, nell'ottica di favorire la conoscenza e il benessere della specie – Ciò è dovuto probabilmente al fatto che, di fronte al pericolo, gli asini si bloccano invece che scappare. Questo comportamento, però, dimostra una grande ed ammirabile riflessività».

Nonostante l'opinione diffusa che vede gli asini (Equus africanus asinus) come animali sciocchi, questa è una delle specie che lavora più spesso accanto all'uomo in diverse zone del mondo e a tutte le latitudini, dall'Asia all'Africa e anche in Europa, dove le mansioni che hanno svolto e ancora svolgono sono numerosissime, anche per via della loro corporatura estremamente resistente.

«Un tempo aiutavano gli umani nel far girare le ruote dei mulini, nel recuperare la legna e trasportare i carichi  più pesanti. Oggi, per quanto riguarda l'Occidente, i lavori duri lasciano sempre più spesso spazio alla Pet Therapy e ai Donkey Trekking – spiega Tommazzolli – Anche queste attività danno loro l'opportunità di collaborare con l'uomo e ne sono davvero entusiasti, a patto che il compito sia adeguato alle loro possibilità e che non si trasformi mai in sfruttamento».

Le nuove crudeltà: abbandono e adozioni inconsapevoli

Nonostante il cambio di ruolo nella cooperazione con gli umani, gli asini si trovano oggi ad affrontare nuove sfide in una società moderna che desidera riprendere il rapporto con gli animali in una chiave diversa rispetto al passato. «Aumentano rapidamente le famiglie che decidono di adottare gli asini per via della loro bellezza, per le orecchie lunghe e per lo sguardo così espressivo, senza avere però la minima conoscenza dei bisogni etologici, dei desideri e delle necessità di questi animali – spiega la gestrice dell'associazione – Così facendo, si incontrano sempre più spesso asini abbandonati tutti i giorni da soli nei recinti, senza la possibilità di interagire con i propri simili. Fortunatamente, però, esattamente come racconta la storia storia di Eo, sono animali ostinati e quindi trovano sempre un modo per cavarsela, finché ciò resta possibile».

Un ulteriore elemento che spesso viene sottovalutato nella gestione degli asini è il loro profondo desiderio di avere un ruolo all'interno del gruppo: «Essendo animali da branco, vogliono collaborare per raggiungere un obiettivo comune e lo si vede quando gli si affida un compito e quando comprendono il modo per svolgerlo – spiega l'esperta – Attraverso le attività che gli vengono affidate creano un rapporto estremamente profondo con i propri umani di riferimento. Una relazione che è radicata nella nostra lunga storia condivisa, durante la quale l'asino ha dimostrato costantemente di essere tutt'altro che stupido».

L'intimità del rapporto che si può creare con questo animale viene raccontata perfettamente anche nel film di Skolimowski. Al circo, infatti, Eo collaborava con l'acrobata Kasandra e le immagini narrano di una comunicazione fatta di gesti speciali, piccoli cambi di tono della voce ed estrema comprensione reciproca. Ciò nonostante, i due vengono obbligati a separarsi e per l'asino inizia una nuova vita di sofferenze.

Alessia Tommazzolli ha già visto il trailer del film ed è convinta che parlare di questa specie all'interno di un evento importante come il Torino Film Festival non possa che rappresentare un passo avanti nella costruzione di una nuova immagine della specie: «Il suo sguardo rispecchia perfettamente la profondità degli occhi di questi animali e la sensibilità di cui sono capaci – e conclude – Un film che racconta la vita dal punto di vista di uno di loro non può che aiutare a riconoscerne la dignità e superare la vecchia abitudine umana di guardarli dall'alto in basso».

Il film verrà proiettato il 30 novembre in occasione nei cinema italiani a partire dal prossimo 22 dicembre.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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