Bambino ucciso da un leone a Gaza. «Gli zoo in Palestina sono luoghi di morte e sofferenza per gli animali»

L'unico rifugio per animali di Gaza sempre più in difficoltà, ma i volontari continuano a lavorare. Lo zoo dove è morto un bambino è in pessime condizioni, ma anche negli altri le norme sul benessere animale sono completamente disattese.

23 Maggio 2023
15:21
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Giornalista
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Saeed Al Er con gli animali del suo rifugio

«È una storia molto triste. Il ragazzo è morto perché è stato morso da un leone, era ad Asda City, una grande città dove si trova uno zoo. Il leone ha preso il ragazzino ad una spalla, lui ha perso la coscienza ed è morto. Ma il luogo in cui vive l'animale non è adatto a un leone, non è decoroso e questo è parte del problema». Sono queste le parole che Saeed Al-Err, fondatore di Sulala Animal Rescue, l’unica associazione animalista di Gaza consegna a Kodami per raccontare una storia che è apparsa su molti media ma che andava approfondita da molti punti di vista. La Palestina è sotto le bombe, i razzi l’attraversano come fulmini e Saeed ci risponde, come in passato, sempre grazie ad Annelies, la volontaria che gli dà una mano con la traduzione.

Avevamo cercato Saeed dopo la notizia della morte del piccolo Hamada Iqtiet, 6 anni, il bambino che, mentre era con i suoi genitori ha scavalcato la recinzione, ha raggiunto un'apertura nella gabbia e prima che riuscissero a fermarlo è stato attaccato da un leone. «C'è un recinto e un muro tra il leone e i visitatori, e il ragazzo ha iniziato a tirare la rete e a scalarlo, poi il leone lo ha tirato dentro: così è rimasto bloccato tra il muro e il recinto», racconta Saeed che dice di aver raccolto molte testimonianze sul fatto ed aver visto video girati all’interno dello zoo che mostrano gli animali in pessime condizioni. «Ho sentito più volte parlar male di questo zoo. Tutti sanno che c’è una persona alla biglietteria ma scarsissimo personale all’interno». Secondo l’uomo però si tratterebbe di «una situazione molto diffusa a Gaza». Al momento lo zoo di Asda, dove è avvenuta la tragedia, è stato chiuso dalle autorità palestinesi.

Quello dove è morto il piccolo Iqtiet non è l’unico zoo di Gaza. In un territorio così piccolo e, soprattutto, in un’area così pesantemente provata dal lungo e infinito conflitto con Israele, la consuetudine dell’esposizione di animali in gabbia non è mai tramontata. Anzi, più volte è stata indicata come uno dei pochi svaghi che la popolazione può permettersi, anche se le strutture in questione sono molto lontane dagli standard internazionali sul benessere animale e in particolare da quelli europei. Infatti, in genere si tratta di piccole areee dove vive qualche animale affamato e poco accudito. «Sicuramente la situazione ovunque è davvero drammatica – spiega Saeed – C’è un altro zoo a nord di Gaza e anche lì gli animali fanno una bruttissima vita. Poi c’è lo zoo di proprietà della municipalità di Gaza City, dove da un anno cercano un investitore per evitarne la chiusura perché non hanno fondi per mantenerlo. Ora pare che lo abbiano trovato».

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Gli animali del rifugio Sulala Animal Rescue a Gaza

Nel 2016, dopo una lunga trattativa con i proprietari locali, l’organizzazione internazionale Four Paws era riuscita a svuotare lo zoo di Khan Younis, nel sud del territorio di Gaza. Accoglieva un centinaio di animali dal 2007, quando un privato aveva pensato di allestirlo nel sud dei territori occupati facendo arrivare leoni, tigri e porcospini. Per farli giungere a Gaza, erano stati utilizzati addirittura i famosi tunnel che i Palestinesi usano solitamente per far arrivare nei territori tutto ciò che non supera i posti di blocco e i passaggi di frontiera ufficiali.

Gli animali, anno dopo anno erano morti tutti. Fame, sete e malattie in un paese continuamente sotto assedio erano il minimo che potesse colpire i poveri animali. Grazie all’intervento di Four Paws la struttura di Khan Younis era stata smantellata trasferendo gli ultimi 15 sopravvissuti. Tristemente famose sono le foto che mostravano i resti tassidermizzati degli altri animali morti di stenti esposti al pubblico: un modo secondo il vecchio proprietario di far sapere al mondo le loro condizioni di vita.

Dei sopravvissuti di Khan Younis, la tigre Laziz aveva fatto il viaggio più lungo verso la sua nuova casa: il Lionsrock Big Cat Sanctuary in Sud Africa. Altri animali erano stati destinati alla Israeli Primate Sanctuary Foundation – e altri al centro di recupero New Hope Center in Giordania o al Al Ma'wa for Nature and Wildlife, un santuario giordano gestito da Four Paws e dalla Princess Alia Foundation.

Nel 2019, poi, Four Paws era riuscita a smantellare anche un altro degli zoo più conosciuti di Gaza, quello in località Rafah aperto al confine con l'Egitto nel 1999. La struttura era diventata famosa per le immagini di quattro cuccioli di leone morti congelati a causa del clima rigido e delle cattive condizioni e, solo poche settimane dopo, per quelle di una leonessa di 14 mesi mutilata dei suoi artigli in maniera crudele dal proprietario dello zoo.

Alla fine di marzo 2019 la svolta per gli oltre 40 animali intrappolati tra cui cinque leoni, una iena, diverse scimmie, lupi, istrici, volpi, cani e gatti. Il proprietario dello zoo aveva finalmente accettato di consegnare gli animali a Four Paws che aveva inviato una squadra di soccorso composta da esperti veterinari, trasportatori di animali selvatici e addetti alla cura degli animali. Grazie a loro i soggetti rimasti erano stati trasferiti per quasi 300 chilometri fino alla Giordania. Il centro di recupero della fauna selvatica Al Ma'wa for Nature and Wildlife, progetto congiunto di Four Paws e della Princess Alia Foundation, aveva accettato di accoglierli.

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un gatto disabile del Sulala Animals Rescue gestito da Saeed a Gaza

In questa situazione disperata, il rifugio di Saeed nato nel 2020 a sud di Gaza City in circa due ettari di terreno messo a disposizione dalla municipalità di Gaza, rappresenta un piccolo miracolo. Piccolo punto di riferimento per gli abitanti della Striscia in difficoltà a gestire i loro animali, il Sulala Animal Rescue è praticamente l’unico avamposto in cui il benessere animale abbia ancora un senso. «Non ci sono altre organizzazioni di animali qui – ci aveva spiegato Saeed quando ci eravamo parlati nel 2021 in occasione dell’operazione “Guardian of the Walls” in cui erano state uccise 230 persone e che aveva riacceso i riflettori sul perenne conflitto tra Israele e la Palestina – Sono l’unico, insieme ai miei figli e a un gruppo di volontari. E le persone a Gaza mi chiamano quando c'è qualcosa che non va con un animale, ma non riesco a dare seguito a tutte le chiamate». Da allora la situazione non solo non è migliorata ma, se possibile, è ulteriormente peggiorata. «Abbiamo disperatamente bisogno di fondi perché il nostro lavoro non è assolutamente finito (per chi volesse donare) Ci sono incidenti ogni giorno e ogni giorno riceviamo telefonate con richieste di aiuto per animali in difficoltà. Con i soldi che abbiamo riusciamo a malapena a dar da mangiare agli animali che si trovano nel rifugio, ma non riusciamo a prenderci cura degli altri».

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La tregua raggiunta il 13 maggio dopo gli ultimi scontri che hanno portato, secondo il ministero della sanità di Gaza, alla morte di 33 palestinesi e di 147 feriti, mentre in Israele si sono avuti due morti, lascia di fatto una situazione immutata nella vita quotidiana di entrambe i popoli. «In questo momento – ci racconta Saeed da Gaza – siamo ancora sotto l’ombra della guerra e non possiamo ancora prevedere quando sarà finita. In genere riusciamo a passare molto più tempo con gli animali, ma in questo momento e fra questi pericoli, ci limitiamo ad andare al rifugio a dargli da mangiare».

Al di fuori del rifugio però la situazione non migliora e le richieste continuano ad essere continue. «In questa situazione se c’è qualche animale ferito ce lo portiamo a casa perché è impossibile trasferirlo al rifugio – conclude Saeed – ad esempio uno dei nostri volontari ha allestito una sorta di piccolo rifugio a casa sua per accogliere gli animali in difficoltà e una persona voleva portarci il suo gatto malato. Gli abbiamo detto: “vieni, ma a tuo rischio e pericolo».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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