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11 Maggio 2021
8:51

Viaggio in quei canili italiani dove ci sono cani e persone eccezionali

Cosa ne pensano le persone dei canili? Che idee hanno in merito? Come si sono fatti un'opinione di cosa sia e cosa faccia un canile? Purtroppo hanno per lo più un'idea distorta della realtà canile, delle persone che ci lavorano e dei cani che ci vivono. Da questa riflessione, è nato il progetto "Canile 3.0 On The Road", un viaggio per documentare la realtà dei canili italiani.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Cosa ne pensano le persone dei canili? Che idee hanno in merito? Come si sono fatti un'opinione di cosa sia e cosa faccia un canile? Spesso mi sono sentito dire frasi come queste: "Non vado in canile per scegliere un cane perché soffrirei troppo nel vedere tutte quelle povere anime star male!", oppure, "Non ci vado perché voglio un cane sano, cucciolo, e di razza…", e addirittura "Se quei cani sono in gabbia un motivo ci deve pur essere, no?". Insomma, a un certo punto ho capito che le persone hanno per lo più un'idea distorta della realtà canile, delle persone che ci lavorano e, soprattutto, dei cani che ci vivono loro malgrado. Così nel 2016, dopo la pubblicazione del mio libro "CANILE 3.0 – Cani, persone e società", decisi di iniziare un viaggio per documentare la realtà dei canili nel nostro paese: se si voleva far conoscere una realtà ai più, ai non "addetti ai lavori", un libro forse non era il mezzo migliore ci volevano anche delle immagini e e delle voci dirette come testimonianze.

Perché si hanno delle brutte idee sui canili?

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Siamo un paese che non ha una grande tradizione di appassionati alla lettura, purtroppo, inoltre l'argomento non è di per sé attraente, come potrebbe esserlo un libro che para di "coccole e cuccioli", con tante immagini toccanti e tenere, per fare un esempio, che senza dubbio avrebbe un maggior appeal sul grande pubblico. Ciò che maggiormente attira l'attenzione, al giorno d'oggi, sono certamente le immagini e i video. È un dato di fatto, ed è un errore non prenderne atto. Allora pensai di attuare un progetto di documentari sul mondo del canile e colmare così alcune lacune nella comunicazione. In effetti mi resi conto che moltissime idee contorte e errate sul mondo dei canili non erano frutto dell'esperienza diretta delle persone ma spesso queste ultime non vi si erano semplicemente mai recate. Come allora una persona si può fare un'idea su qualcosa che non conosce? In effetti di canili non se ne parla tanto sui grandi mezzi di comunicazione e quando lo si fa – ahimè – non è per fare informazione in merito ma sovente per sollevare un problema o per riferire un fatto increscioso. Per esempio si parla di canili quando una struttura risulta essere coinvolta con la malavita, i famosi "canili lager", o quando si scopre un giro di danaro illecito generato dallo sfruttamento proprio dei cani che vengono maltrattati e mal tenuti. Oppure quando avviene un incidente, per esempio un cane aggredisce gravemente qualcuno, e viene sequestrato e portato in osservazione presso un canile. Ecco che allora non c'è da stupirsi se, quando si parla di canili, le emozioni suscitate sono sempre negative.

Ci sono naturalmente altre considerazioni da fare, che alimentano una visione negativa del canile che poi si riflette anche sui cani che ci vivono. Per esempio, molte strutture sono effettivamente fatiscenti, dislocate in luoghi impervi o associate al degrado. Il canile viene classificato come luogo insalubre e spesso il piano regolatore prevede che questo debba essere posizionato vicino alla discarica comunale. Ciò non contribuisce certo ad una immagine generale positiva. Ma non è certo tutto. Ci si è messo anche il carico, soprattutto negli anni passati. Ovvero, la comunicazione scelta proprio dagli addetti ai lavori è mirata al suscitare nel pubblico emozioni negative, generalmente per indurre le persone a compiere azioni positive. Per esempio è facile che si cerchi di aumentare le adozioni dei cani mettendo in risalto il fatto che sono creature sofferenti, che vanno "salvate" da quella prigionia infernale; si cerca di far leva su un sentimento di pietà per coloro che patiscono e che "implorano aiuto". Non voglio qui mettere in discussione queste strategie di comunicazione, è certo che però sono foriere di immagini mentali da inferno dantesco, e a mio avviso, poco accattivanti. Inducono la maggior parte delle persone a tenersi alla larga dai luoghi in cui è certo troveranno dolore e sofferenza. Sicuramente queste premesse hanno mosso il "buon cuore" di molte persone che, animate dal voler essere d'aiuto, si sono recate in canile per "salvare" uno o più cani. E personalmente non posso che essere grato per questo. Ma il punto è che – secondo me – questo tipo di comunicazione ha più effetti negativi collaterali che effetti positivi.

Canile 3.0 On The Road: tutto è iniziato così

Conosco la realtà di moltissimi canili sul territorio nazionale, conosco moltissime persone che vi si dedicano con amore e professionalità, e trovo ingiusto che anche le strutture che fanno un lavoro eccellente, al meglio delle loro possibilità, debbano patire a causa di una comunicazione distorta e superficiale, o essere sospettate di qualcosa di losco perché accostate a quelle strutture gestite in modo delinquenziale, che certamente ci sono, e non sono poche, ma non sono certo tutte così. Quindi, ho cominciato a mettere su carta il progetto: "Se non vuoi andare tu in canile perché pensi che sia un luogo terribile, allora ci vado io e ti mostro come stanno le cose, forse – e dico forse – questo mio piccolo contributo potrà farti cambiare idea". Da questa riflessione, così, è nato il progetto e mi sono messo in moto. Il primo passo è stato quello di raccontare quello che intendevo fare sui social, invitando i canili che desideravano farne parte a contattarmi. Nel frattempo mi organizzavo con il materiale necessario, l'attrezzatura per fare riprese, registrare l'audio, stoccare i file video, radunai cavalletti, luci, i filtri, e così via. Dovevo riuscire a fare tutto da solo. Non disponevo di soldi per assumere una troupe professionale, l'attrezzatura doveva essere "agile", facile da trasportare e pronta da utilizzare per non perdermi nulla di quello che avrei visto. Per settimane seguii tutorial e corsi per il montaggio video e per utilizzare i software indispensabili ad ottenere un prodotto dignitoso. Speravo che qualche struttura avrebbe risposto al mio invito, ma non immaginavo… Una cinquantina di canili, sia comunali che privati, risposero, da tutte le parti d'Italia. Volevano partecipare al progetto. Volevano raccontare di loro e dei loro cani. Non me l'aspettavo. Cominciai a contattare le persone che mi avevano scritto per spiegare i dettagli e organizzare il calendario delle riprese. E così, caricata la mia auto, una mattina di luglio, partii per il primo episodio di Canile 3.0 On The Road alla volta di Melegnano…

Le difficoltà

Il progetto era partito, avevo una marea di richieste, e presto mi resi conto che da solo non ce l’avrei fatta. I costi erano comunque alti, ogni documentario mi richiedeva molti giorni di lavoro tra riprese, montaggi, senza dimenticare i viaggi. Iniziai quindi dalle strutture più vicine a me, ma non volevo presentare solo le realtà dei canili del nord. Mi venne in aiuto con dei contributi per sostenere il mio lavoro Milano Natura, un’associazione culturale di promozione sociale senza fini di lucro, fondata da un gruppo di persone attive già da anni nel mondo degli animali, con la quale avevo già collaborato negli anni passati.

Non fu affatto facile organizzare il calendario e dovetti presto rendermi conto che avrei impiegato anni per visitare tutte le strutture che avevano richiesto la partecipazione. Intanto viaggiavo e raccoglievo materiale, video, interviste, storie di cani… Non mi soffermerò qui sui contenuti che potete vedere direttamente a questo link del mio canale Youtube CANILE 3.0 (play list).

Considerazioni

Il primo passo per cambiare la cultura di un paese è la conoscenza delle diverse realtà, accantonando il sentito dire. Queste strutture sono piene di cani, di storie, di creature meravigliose. Le difficoltà che le strutture devono affrontare sono moltissime, ma aumentare il livello culturale e le conoscenze sul cane è stato un po’ il mantra emerso in tutte le realtà, il desiderio, l’obbiettivo di chi ci lavora. Alla fine di ogni intervista vestivo i panni del “genio della lampada” e chiedevo: “Se io fossi il genio della lampada, e ti dessi un desiderio e uno soltanto, cosa chiederesti?” Le persone rimanevano spiazzate dalla mia domanda, con tutti i problemi che ci sono, capivo, è difficilissimo avere un solo desiderio da esprimere. Ma alla fine, un po’ per tutti, la risposta era sempre la stessa: “Aumentare la consapevolezza nelle persone! La conoscenza e il rispetto dei cani! Aumentare il senso di responsabilità delle persone nelle loro scelte!” E via così… Da nord a sud mi sono sentito dire queste cose e le ho fatte ancor più mie. Ho visto persone emozionarsi, occhi lucidi, voce rotta, parlando dei cani che loro accudiscono tutti i giorni per i quali desiderano un futuro luminoso, il futuro che dopo tante traversie si meritano, al quale hanno diritto. Non possiamo permettere che dei preconcetti inconsistenti la facciano ancora da padroni.

Un lungo viaggio tra persone eccezionali

In questo momento il progetto è fermo. Non so se riuscirò a riprenderlo, né quando. Quello che posso dire è che in questo lungo viaggio ho parlato con persone eccezionali, che si mettono in gioco tutti i santi giorni e da loro ho imparato molto. Ho anche conosciuto realtà nuove, ho visto strutture concepite in modo diverso da come sono concepite la maggior parte dei posti che ospitano cani, come nel caso del Riot Dog nelle colline bolognesi, proprio l'ultimo episodio che ho pubblicato, o del Villaggio dei randagi in provincia di Catanzaro, solo per citarne alcuni. Luoghi che diventano spunti di riflessione e rappresentano nuove prospettive. Idee interessanti per progettare il canile del futuro, il CANILE 4.0, se vogliamo, mentre dobbiamo continuare a operare per evolvere in una società nella quale queste strutture non siano più necessarie, siano solo un ricordo del passato. Una società che ha compreso l’importanza della relazione con il cane, e attraverso di lui, con tutte le forme di vita con le quali condividiamo questo incredibile viaggio a bordo della nostra astronave, che abbiamo battezzato «Pianeta Terra».

P.S.

Ad un certo punto ho avuto l’opportunità di fare un viaggio all’estero con il mio progetto. Sono stato ospitato dalla Fondazione Benjamin Mehnert, a Siviglia in Spagna, per conoscere la realtà dei Galgos (EP#05) Ho dovuto affrontare la mia paura di volare, non vi dico come è stato il viaggio… Ma questo mi ha dato l’opportunità di conoscere la realtà in un altro paese e non vi nascondo che credo sia molto importante cominciare a parlare anche di questo, di come stanno le cose in Europa. Sono convinto, nonostante tutto, che se vogliamo davvero migliorare le cose la collaborazione sia il punto focale sul quale investire le nostre energie…

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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