Nel 2023 sarà possibile sparare ai cinghiali anche in aree urbane e protette. Lo prevede l'emendamento alla Legge di Bilancio presentato da Fratelli d'Italia, subito ribattezzato "emendamento Far West" proprio per le concessioni fatte al mondo venatorio. A mettere in luce le problematiche legate al testo non sono stati solo gli attori incaricati della tutela della biodiversità, come Parchi e associazioni, ma anche il mondo scientifico.
Alcune delle più importanti società scientifiche italiane in una lettera aperta hanno contestato i contenuti del provvedimento, dichiarando che «sull’attività venatoria si azzera il contributo della scienza».
Gli scienziati hanno sottolineato la portata del provvedimento in relazione soprattutto alla prospettiva di affidare delicate attività di controllo faunistico a figure prive di competenze: «L’emendamento alla Legge di Bilancio 2023 che consentirà un’attività di controllo affidata ai cacciatori selezionati attraverso corsi di non chiari “organi competenti di livello regionale” anche in aree protette e aree urbane, senza limiti temporali e senza distinzione di specie, rappresenta un errore gestionale che non produrrà alcun reale vantaggio rispetto all’obiettivo prefissato».
L'emendamento promosso dal deputato Tommaso Foti prevede infatti che il Piano di contenimento vengano attuati da semplici cacciatori con licenza, o addirittura dai proprietari dei fondi agricoli, marginalizzando il contributo di figure maggiormente specializzate:
I piani sono attuati dai cacciatori iscritti agli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate, previa frequenza di corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti a livello regionale e sono coordinati dagli agenti delle Polizie provinciali o regionali. Le autorità deputate al coordinamento dei piani di abbattimento possono altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio e previa frequenza dei corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti, delle guardie venatorie, degli agenti delle polizie locali, con l’eventuale supporto in termini tecnici e di coordinamento del personale del Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri
Le criticità denunciate oggi dalle società scientifiche era già state mosse alla precedente legislatura guidata da Mario Draghi. Vincenzo Caputo, direttore generale dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche (IZSUM), prima durante un'audizione in Senato e poi in un'intervista su Kodami, aveva segnalato che la caccia è una misura inefficace per gestire la popolazione di ungulati, e quindi per contenere la diffusione della Peste suina africana.
L'obiettivo principale dell'emendamento è infatti quello di ridurre il numero di suidi selvatici, ritenuti responsabili di creare danni alle colture degli agricoltori, e di distruggere il comparto agroalimentare legato all'esportazione delle carni. Con l'avvento della Peste suina in Italia, infatti, è arrivato anche lo spettro del blocco dell'export delle carni italiane in Europa. Un settore economico fondamentale per il Made in Italy.
«Far effettuare abbattimenti all’interno di aree urbane non limiterà certo il numero complessivo di una specie come il cinghiale – hanno sottolineato gli esperti – mentre al contempo esporrà i cittadini a rischi gravissimi. Peraltro, tutti gli esperti naturalisti, ecologici e agronomi sanno che la presenza dei cinghiali in città è in gran parte legata alla cattiva gestione dei rifiuti e del sistema del verde urbano, troppo spesso trascurato da “servizi giardini” comunali in corso di progressiva dismissione».
Meloni ha scelto di intervenire avvalendosi nuovamente del contributo del mondo venatorio, una decisione già percorsa da Draghi che, come abbiamo visto nei mesi precedenti, non era riuscita a limitare l'espansione dei cinghiali in tutta Italia. Rispetto al precedente governo, però, l'attuale decide di chiamare i cacciatori non solo per i cinghiali, ma per tutte le specie selvatiche potenzialmente problematiche.
L'assenza di figure esperte è stata stigmatizzata dagli esperti: «Purtroppo per l’ennesima volta la politica legifera sulla gestione faunistica senza essersi confrontata con esperti, ricercatori e tecnici. La genericità del testo dell’emendamento nel suo insieme, il fatto che enti amministrativi (Regioni e Province autonome) possano provvedere al “controllo delle specie di fauna selvatica” senza una valutazione di zoologi specialisti, il non considerare che vi possono essere necessità di tutelare la diversità animale anche in ambienti urbani, insieme all’assenza totale di argomentazione sul controllo delle specie aliene alla nostra fauna, sono elementi che rendono il provvedimento in questione inaccettabile».
Per questo motivo, le associazioni scientifiche hanno rivolto un appello «alla ragionevolezza di Parlamento e Governo» affinché «stralcino dalla Legge di Bilancio questa norma sbagliata e di difficile, se non impossibile, applicazione e avviino un confronto serio con il mondo della ricerca per individuare le modalità scientificamente valide per affrontare una problematica complessa che non può essere risolta con l’approssimazione fin qui manifestata».
I firmatari della lettera:
- Carlo Blasi, presidente Fondazione per la Flora Italiana e Direttore scientifico CIRBISES ⮚ Giuseppe Bogliani, presidente Centro Italiano Studi Ornitologici
- Marco Bologna, presidente Comitato Scientifico per la Fauna d’Italia e della Società Entomologica Italiana
- Elisa Anna Fano, presidente della Federazione Italiana di Scienze della Natura e dell’Ambiente e della Società Italiana di Ecologia
- Francesco Ficetola, presidente Societas Herpetologica Italica
- Cristina Giacoma, presidente Unione Zoologica Italiana
- Massimo Lorenzoni, presidente Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci
- Barbara Manachini, presidente Società Italiana Nematologia
- Michela Pacifici, presidente Society for Conservation Biology Italy Chapter
- Antonella Penna, presidente Società Italiana di Biologia Marina
- Lorenzo Peruzzi, presidente Società Italiana di Biogeografia