Si moltiplicano gli avvistamenti del vermocane in Italia, soprattutto al Sud dove questo animale è stato favorito dal fenomeno della "tropicalizzazione" dei mari. In realtà questo verme marino appartenente alla famiglia dei policheti, si trova nelle nostre acque da tempo, come spiega a Kodami il naturalista e biologo marino Fabio Russo.
«Ben 11 anni fa ho avvistato il primo esemplare di vermocane (Hermodice carunculata) insieme ad altri fotografi subacquei. All'epoca era una rarità per le nostre latitudini, nell'area della Penisola Sorrentina in Campania. La presenza della specie è rimasta pressoché costatante sino al 2021 quando abbiamo notato un incremento degli esemplari e delle aree colonizziate da questo anellide. Il trend è continuato negli anni successivi e ad oggi sembra che la situazione non sia migliorata».
Da tempo il Mediterraneo sta diventando sempre più caldo, e quest'anno la temperatura di superficie ha raggiunto il valore più alto da quando sono iniziate le misurazioni, un elemento che favorisce questo animale che ha così allargato il suo areale: «Ormai da diversi anni si raggiungono nuovi record di temperatura dell'acqua nella stagione estiva, quest'anno è chiaro che le ondate di calore sono state più intense – sottolinea l'esperto – L'aumento di temperatura delle acque è sicuramente il motore che porta l'insediamento di specie alloctone, entrate naturalmente tramite lo Stretto di Gibilterra, con affinità subtropicale e sposta gli areali di specie autoctone, come il vermocane o il pesce pappagallo sempre più a nord. Lo spostamento di specie già presenti nel Mediterraneo verso nord si chiama meridionalizzazione ed è uno dei fattori della tropicalizzazione del nostro mare».
Le specie autoctone sono quelle native di una determinata area geografica, mentre quelle alloctone – spesso chiamate anche aliene – sono estranee a quell'ecosistema. L'ingresso di nuove specie può causare squilibri significativi perché gli animali già presenti non hanno gli strumenti per difendersi, o per difendere le proprie prede. «Pur trattandosi di un predatore generalista, l'impatto del vermocane sull'ecosistema non è valutabile al 100% – ricorda Russo – Sicuramente l'esplosione di certe popolazioni porta a scompensi ecologici che sono però valutabili solo quando gli impatti sono molto evidenti».
Mancano quindi i dati, soprattutto per la fauna bentonica, cioè gli animali che vivono sul fondale, le principali prede del vermocane: «Non è da escludere che molte specie, soprattutto fra madrepore e gorgonie, risentano negativamente dell'impatto combinato del riscaldamento delle acque e di una nuova pressione predatoria data proprio dal numero di vermocani. Tuttavia, al momento rappresenta più un problema per la piccola pesca costiera».
Ma questo verme marino non è l'unico a beneficiare della tropicalizzazione, ed è facile osservarli già nelle acque del Sud Italia, come conferma Russo: «Ci sono già molte specie aliene nel nostro mare che giovano del riscaldamento delle acque, molte stanno pian piano arrivando, alcune ad esempio arrivano dal Mar Rosso tramite il Canale di Suez. Altre vengono trasportate accidentalmente dalle acque di zavorra delle navi o rimangono attaccate agli scafi».
Tra le specie aliene più note che hanno colonizzato i mari italiani a diverse latitudini ci sono i granchi blu e il pesce scorpione (Pterois miles), e il numero è destinato, secondo il naturalista ad aumentare sempre più: «Tutte le specie abituate a temperature "tropicali" giovano di questa situazione e sostituiscono pian piano quelle che meno sopportano le alte temperature. Il bacino mediterraneo come mare chiuso soffre particolarmente il riscaldamento e una fauna e flora molto adattata a questo mare difficilmente potranno fronteggiare l'invasione di specie abituate ad ambienti super competitivi come quelli tropicali, se a questo si aggiunge una debilitazione legata allo scarso adattamento a temperature così alte i giochi sono pressoché fatti. per questi fattori peculiari molti scienziati guardano al Mediterraneo come esempio per la tropicalizzazione, del resto il termine fu coniato proprio per descrivere questo processo nel Mare Nostrum».
Foto gentilmente concesse da Fabio Russo