«Questo video l’ho fatto partire pochi istanti dopo l’ultimo morso, volevo dirvi addio, non avrei mai pensato di sopravvivere a quel mostro». Sono le prime parole che Matteo Mariotti, ventenne di Parma, ha voluto condividere sui social dopo essere stato morso da uno squalo durante un’immersione nelle acque al largo di una spiaggia del Queensland, in Australia.
Mariotti, che è arrivato in Australia un anno fa per studiare e lavorare, ha condiviso un breve filmato su Instagram girato subito dopo l’attacco: «Ho perso tanto sangue e la gamba, non so se me la taglieranno tutta o se resterà a metà ma non importa ormai – ha scritto – Voi siete i miei eroi, mi state dando la forza di andare avanti con i vostri messaggi e le vostre chiamate, il mio unico sogno è quello di rivedervi. Scusatemi se non riesco a rispondevi ma sono molto stanco e mi fa male la testa. Tornerò a casa, vi amo».
Stando a quanto ricostruito, Mariotti stava nuotando al largo della spiaggia 1770 quando è stato morso tre volte da uno squalo – non è chiara la specie – che gli ha dilaniato una gamba. A salvarlo un amico e istruttore di diving, Tommaso Agosti, che era con lui in quel momento e che è immediatamente intervenuto per riportarlo a riva e da lì all’ospedale. L’episodio risale a venerdì 8 dicembre, e oggi il ventenne parmigiano è ricoverato in ospedale a Brisbane dopo avere subito l’amputazione della gamba sinistra sotto il ginocchio.
Non è chiaro, come detto, che specie di squalo abbia attaccato il ragazzo, ma in Australia episodi di questo tipo sono già capitati, e solitamente coinvolgono squali leuca o squali tigre. Lo scorso febbraio Stella Berry, una ragazza di 16 anni, è stata uccisa da uno squalo leuca, ma è bene sottolineare che gli attacchi agli esseri umani da parte degli squali sono rari, come è possibile notare negli archivi del Florida Museum, che grazie al progetto International Shark Attack File, ha raccolto e documentato scientificamente tutti gli attacchi di squali conosciuti al mondo a partire dal 1500 a oggi. Secondo il database nel Queensland, la regione in cui è stato attaccato Mariotti, sono stati registrati in questo lasso di tempo 199 attacchi di squali, un numero irrilevante se paragonato alle dimensioni delle popolazioni di squali nelle acque australiane e all'arco temporale nel quale gli attacchi sono distribuiti.
In realtà, sappiamo che gli squali attaccano di rado gli esseri umani, è importante sottolineare che la maggior parte degli squali evita gli incontri con le persone e non cerca attivamente gli esseri umani per cacciarli. La probabilità che questo animale ci attacchi è 1 su 3.750.000, come riportato dal Florida Museum.
La maggior parte degli attacchi all'uomo sono dati dal fatto che questi animali possano scambiarci per prede facendo quello che viene definito: “errore di identificazione”, come potete leggere in uno studio del 2021 della Royal Society. Alcuni squali, come lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), sono noti per cacciare mammiferi marini e, a causa delle somiglianze nell'aspetto e nel movimento, potrebbero confondere un nuotatore con una potenziale preda. Lo abbiamo spiegato in un video dedicato proprio agli squali e alla loro pericolosità.
Vista dall'acqua, la prospettiva può rendere difficile la distinzione tra un nuotatore e una preda marina. I movimenti di nuotatori o surfisti potrebbero somigliare a quelli delle loro prede abituali, come il nuoto ondulante delle foche o i rapidi cambi di direzione dei leoni marini. Inoltre lo squalo è un predatore che per cacciare, fa affidamento sulla silhouette delle prede e, soprattutto nel caso dei surfisti, le somiglianze di queste sono significative. Questi animali vedono l'ambiente circostante in meno "fotogrammi" al secondo rispetto agli umani. La loro percezione del colore è anche per lo più limitata alle sfumature di blu e verde e non possono risolvere le forme con la stessa precisione che abbiamo noi. Questo non vuol dire che hanno una cattiva vista, è semplicemente adattata alle caratteristiche dell’ambiente in cui vivono.
«Per qualsiasi considerazione specifica è necessaria l'identificazione o la conferma della specie da parte degli esperti, e la specie in questo caso non è nota – sottolinea Federica Pirrone, etologa e membro del comitato scientifico di Kodami – Dunque ogni speculazione sul comportamento sarebbe fuori luogo. Si può solo rimanere generici. In tal senso, è vero che, secondo i database più aggiornati, l'Australia è il secondo Paese al mondo per frequenza di attacchi all'uomo, e la responsabilità, almeno di quelli più seri, caratterizzati anche da morso, è attribuibile prevalentemente a tre specie, nell'ordine: lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier) e lo squalo leuca (Carcharhinus leucas), che da quelle parti di solito chiamano "bull shark". Si parla comunque di una media di nove attacchi all'anno dal 1990 al 2000, che è poi salita a 22 morsi all'anno dal 2010 al 2020, quindi di un numero basso e sporadico di incidenti».
Le cause, potenziali, non sono ancora state del tutto chiarite: «Secondo l'ipotesi principale, l'aumento di attacchi in Australia sarebbe correlato con le dinamiche umane – conclude Pirrone – in particolare con la crescita del numero di persone, soprattutto lungo la costa, e con l'aumento del tempo che esse trascorrono in attività acquatiche come il surf e le immersioni. Come appunto nella circostanza dello sfortunato, ma anche molto sveglio e coraggioso, studente italiano».