In Australia è partita un'ambiziosa campagna di vaccinazione per salvare i koala del Nuovo Galles del Sud dalla clamidia, un'infezione batterica che può causare cecità, infertilità e persino la morte. I primi koala sono stati catturati e vaccinati a marzo e la campagna dovrebbe durare per circa tre mesi. L'obiettivo del progetto è catturare, vaccinare e monitorare la metà della popolazione che vive nella regione del Northern Rivers, vale a dire circa 50 animali in totale.
La sicurezza e l'efficacia del vaccino a dose singola, che è stato progettato specificamente per i koala, sono state precedentemente testate su alcune centinaia di animali arrivati nei centri di recupero negli ultimi anni e gli scienziati ora sperano di poter dare una svolta decisiva per salvare l'iconico marsupiale. La clamida, che è un'infezione che colpisce anche l'uomo ed causata da batteri appartenenti al genere Chlamydia, sta infatti avendo effetti devastanti sui marsupiali.
Ma se negli esseri umani e negli animali domestici può essere curata grazie agli antibiotici, per i sempre più minacciati koala non è purtroppo così semplice. L'insieme dei microbi che aiutano i koala a digerire le foglie di eucalipto, che sono la loro principale fonte di cibo, possono infatti neutralizzare persino alcuni farmaci, ed è per questo che è stato necessario sviluppare un vaccino specifico.
Non è ancora del tutto chiaro come siano stati infettati i marsupiali, ma gli scienziati ritengono che molto probabilmente i koala abbiano inizialmente contratto il batterio attraverso il contatto con feci di pecore e bovini infetti. Una volta infettati, poi, gli animali si contagiano a vicenda nel momento dell'accoppiamento e il batterio viene anche trasmesso da madre a figlio durante la gestazione.
Nel decidere di vaccinare i koala, un'operazione comunque rischiosa e potenzialmente impattante, gli scienziati hanno calcolato costi e benefici e progettato protocolli specifici per ridurre la minimo il disturbo e l'ulteriore diffusione dell'infezione. L'intera processo è stato poi approvato da diversi enti governativi, tra cui il dipartimento dell'agricoltura dell'Australia e il dipartimento per la pianificazione e l'ambiente del Nuovo Galles del Sud.
Il rischio che la clamidia possa spazzare via definitivamente i koala, purtroppo è davvero molto alto. Nel 2008, nel Nuovo Galles del Sud settentrionale appena il 10% degli animali testati era risultato infetto. Oggi quel tasso è salito addirittura all'80% e il problema riguarda anche altre popolazioni australiane. Secondo le ultime stime, infatti, circa la metà dei koala nel Queensland è già infettata dalla clamidia.
A questa minaccia recente vanno aggiunte poi tutte le altre, tra cui la distruzione dell'habitat causata del disboscamento, gli investimenti stradale e i devastanti incendi sempre più frequenti per colpa della crisi climatica. Le popolazioni selvatiche di koala sono già diminuite drasticamente negli ultimi due decenni e la specie, secondo la Lista Rossa delle specie minacciate redatta dalla IUCN, è valutata come Vulnerabile. A livello locale, però, le cose vanno persino peggio e infatti lo scorso febbraio il governo federale australiano ha dichiarato i koala In pericolo nelle regioni orientali del Nuovo Galles del Sud, del Queensland e nel Territorio della Capitale Australiana.
A causa di tutto ciò, il rischio che i koala si estinguano nel giro di pochi decenni, perlomeno in alcuni stati, è perciò più che mai concreto e, secondo le valutazione effettuate dal governo del Nuovo Galles del Sud, questo potrebbe avvenire già entro il 2050. Per cui, anche se vaccinare animali selvatici non è un procedimento molto diffuso nel mondo ed è tra l'altro un'operazione estremamente complessa e dispendiosa, la situazione di emergenza ha spinto scienziati e conservazionisti ad agire in fretta e a tentare il tutto per tutto per salvare gli ultimi koala.