Gli animali sequestrati, spesso vittime di reati, vivono in un limbo dal quale il più delle volte non riescono ad uscire. Devono sottostare ai tempi lunghissimi della giustizia italiana dietro le sbarre di un canile, gli unici a pagare per un crimine che neanche sanno di aver commesso.
Una situazione che in Italia è stata a più riprese denunciata dalle associazioni di tutela animale, e che in queste ore è stata portata all'attenzione del ministro della Giustizia Carlo Nordio grazie alla lettera inviata dal vicepresidente della Camera, Sergio Costa.
Il deputato del Movimento 5 Stelle ha sottolineato la necessità di un intervento normativo che garantisca una migliore gestione degli animali vittime coinvolti in reati. Nella lettera, Costa ha segnalato come, nonostante gli sforzi delle Forze dell'ordine e della magistratura, i reati contro gli animali siano ancora diffusi in Italia.
Secondo il rapporto realizzato dall’Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV, i procedimenti relativi al maltrattamento di animali costituiscono circa il 30,08% dei casi registrati, seguiti dall'abbandono o detenzione in condizioni incompatibili con il 16,48% e dai reati venatori con il 13,50%.
Le vittime di questi reati pur venendo sottratti ai loro aguzzini rischiano una sorte addirittura peggiore: entrano nel sistema Giustizia dal quale però non riescono più ad uscire. Di solito, i cani sequestrati non possono venire adottati fino a quando il procedimento giudiziario non è concluso, e anche se durante questo lasso di tempo possono essere affidati ad altre famiglie o a volontari, spesso le persone non si fanno avanti per paura di dover rinunciare a loro.
Non tutti i cani però vengono sequestrati, talvolta vengono considerati di «interesse investigativo», e la loro sorte è anche peggiore: non possono essere affidati neanche alle associazioni, costretti a restare abbandonati a loro stessi all'interno dei canili ai quali sono stati affidati. Questa è la sorte in cui spessissimo incappano i cani coinvolti loro malgrado in fatti di cronaca. L'episodio più noto è quello dei 13 cani di Satriano che il 26 agosto 2021 tolsero la vita alla ventenne Simona Cavallaro all'interno della Pineta di Monte Fiorino, in Calabria.
Il pastore riconosciuto come responsabile dei cani è stato condannato a 3 anni di carcere per l'omicidio colposo della giovane, ma i cani, rimasti in canile nonostante la disponibilità di diverse associazioni, sono destinati a un fine pena mai, pur non essendo mai stati sotto sequestro.
Una eterogeneità che fa male alla Giustizia, e agli animali, come ha dichiarato Costa: «Per quanto possa sembrare assurdo e contro ogni tipo di natura i reati di maltrattamento di animali sono ancora molto diffusi in Italia, nonostante il grande sforzo delle Forze dell'ordine. Ma quando vengono salvati da quell'inferno spesso i nostri amici animali si ritrovano in un altro inferno: quello delle normative non omogenee e non chiare».
«È cruciale sviluppare strategie efficaci per prevenire e contrastare questi crimini, ma è altrettanto importante stabilire procedure chiare per la gestione degli animali sequestrati – scrive – Attualmente, non esiste una procedura standardizzata, e una rigida interpretazione della normativa potrebbe ostacolare l'affidamento degli animali».
Il deputato porta poi due esempi recenti di cani vittime di crimini che non hanno mai avuto l'occasione di ottenere giustizia, come il caso dell'azienda Green Hill e dell'allevamento lager di Casaluce, mostrando che una via virtuosa è percorribile: «Gli animali salvati furono affidati alle famiglie richiedenti attraverso alcune associazioni animaliste. Possiamo e dobbiamo garantire un futuro di serenità e benessere a questi esseri senzienti, glielo dobbiamo!».