Il 3 luglio del 2021, a Montano Lucino, in provincia di Como, il dipendente di un'azienda agricola in cui vengono allevati lama è stato trovato senza vita all'interno del recinto dove stava accudendo gli animali. Inizialmente si era pensato ad un malore, ma alcune ferite al petto e all'avambraccio della vittima hanno poi fatto pensare ad un'aggressione da parte dei lama.
A quasi un anno dall'apertura delle indagini sulle cause del decesso, la Procura di Como ha accusato di omicidio colposo i tre soci e amministratori dell'agriturismo in cui è avvenuto l'incidente perché, secondo i giudici, la situazione in cui si trovava il lavoratore rappresentava un potenziale rischio e, inoltre, il dipendente non era dotato di protezioni adeguate per urti, testate, morsi o aggressioni degli animali.
Ma quali sono le precauzioni da prendere? Entrare a contatto con loro rappresenta realmente un rischio? A spiegarlo a Kodami è Walter Mair, primo allevatore italiano di lama e alpaca, che nel 1996, a pochi passi da Bolzano, ha fondato l'allevamento Kaserhof.
«Non sono assolutamente animali pericolosi per l'uomo ma come tutte le specie hanno bisogni e necessità. Prima di iniziare ad allevarli, quindi, bisogna studiare e sapere come relazionarsi con loro – spiega l'allevatore – Solo preparandosi adeguatamente si possono prevenire e ridurre i rischi».
La gestione consapevole dei camelidi e la sindrome di Berseck
«Negli ultimi anni in Italia c'è stato un vero e proprio boom di interesse per queste specie e la quantità degli allevamenti è in crescita continua – spiega a Kodami Ilaria Baldo, fondatrice dell'azienda agricola Silpaca, dove da quasi 10 anni alleva alpaca – Non bisogna però sottovalutare la complessità di questo mestiere. Affinché ogni individuo sviluppi una personalità equilibrata, socievole e curiosa, bisogna infatti prestare attenzione soprattutto nelle prime fasi della vita dei cuccioli, quando si rischia di cadere nel tranello di umanizzare il rapporto con loro e trattarli come se fossero bambini».
Difficile comprendere come sia avvenuto l'incidente che ha causato la morte del dipendente nell'azienda agricola comasca, ma secondo Ilaria Baldo e Walter Mair è probabile che all'interno del recinto fosse presente un individuo affetto da sindrome di Berseck, anche detta Berseck Male Syndrome (BMS).
«Si tratta di un disturbo comportamentale abbastanza noto tra gli esperti di entrambe queste specie, causato dall'eccesso di socializzazione con gli umani durante i primi mesi di vita dei cuccioli. I comportamenti da evitare sono l'accudimento eccessivo, l'allattamento da parte dell'uomo senza una giusta causa, l'eccesso di contatto fisico, le coccole e altre abitudini umane che nascono dal desiderio di trattare gli animali da allevamento come cuccioli di animali da compagnia – spiega l'allevatrice – L'effetto di questa sindrome è il potenziale sviluppo di una personalità che riconosce gli esseri umani come identità appartenenti al proprio branco, con il rischio che il lama o l'alpaca adulto finisca, quindi, per comportarsi con noi umani come se fossimo dei conspecifici».
Venire confusi con un lama o con un alpaca, soprattutto alla luce dei comportamenti che questi animali possono mettere in atto nella comunicazione intraspecifica, ovvero con gli altri individui della stessa specie è rischioso per un essere umano. «Alpaca e lama possono comunicare tra loro anche in maniera piuttosto aggressiva – spiega Mair – Sono dotati di 3 denti da combattimento, 1 canino e due incisivi, con cui alcuni maschi arrivano a mordersi ferocemente anche gli organi genitali, soprattutto per questioni gerarchiche legate alla gestione dei rapporti con le femmine».
«Lama e alpaca non sono animali aggressivi ma curiosi e timorosi»
Secondo Walter Mair, però, è importante che la possibilità di sviluppare questa sindrome non porti a considerare lama e alpaca come animali aggressivi a priori: «Il problema di questi incidenti non è il comportamento animale, ma la nostra ignoranza a riguardo – spiega Mair – Molti allevatori alle prime armi si lasciano commuovere dai cuccioli più socievoli, ma è proprio in quel momento che sta nascendo il malinteso: finché sono giovani fanno tenerezza, ma quando crescono, quell'abitudine diventa un conflitto gerarchico che può complicare ogni azione quotidiana».
Anche Ilaria Baldo conferma la posizione di Mair: «In quasi 10 anni di esperienza, non ho mai avuto a che fare con un individuo vittima di questa sindrome. Non dimentichiamo che si tratta di prede: alpaca e lama sono generalmente animali timorosi che, pur avendo una spiccata curiosità, tendono a spaventarsi facilmente – conclude Ilaria Baldo – Ognuno ha la sua personalità unica e, per entrare davvero in relazione con loro bisogna rispettarli e imparare a conoscerli, non imporsi con arroganza o testardaggine, altrimenti tendono ad allontanarsi e chiudere la comunicazione».
Il benessere dei lama e degli alpaca: «Attenzione al caldo e alla dieta»
I lama e gli alpaca sono animali domestici di origine sudamericana, provenienti entrambi dalle alte radure andine, dove si spingono fino ai 6 mila metri di quota. Fin dai tempi degli Inca, questi camelidi accompagnavano gli esseri umani come animali da soma, in un ruolo simile a quello che in Europa e in Nord Africa siamo abituati ad affidare agli asini. In alcune culture vengono considerati anche animali da carne o da latte, mentre la loro lana viene utilizzata per l'abbigliamento e la produzione di prodotti artigianali.
«Quando si sceglie di allevare questi animali non si possono scordare le loro origini climatiche e ambientali – spiega Giulia Giovanelli, veterinaria che da anni studia la salute dei camelidi allevati sulle Alpi – Mentre sulle Ande vengono tosati soprattutto per l'utilizzo della loro lana, gli individui che vivono alle altitudini alpine devono essere tosati anche per non soffrire eccessivamente il caldo. In Trentino – Alto Adige si possono superare i 35 °C in estate, ma non è lo stesso quando si vive a 6000 metri di altitudine».
Un ulteriore rischio che, secondo Giovanelli, corrono i camelidi allevati sulle nostre montagne è la poca attenzione che viene data alla loro dieta: «Purtroppo queste specie sono vittime della nostra abitudine di voler dare i premietti e i croccantini agli animali, esattamente come siamo abituati a fare con i cani – spiega – I camelidi, però, hanno bisogno di una dieta povera, si nutrono di erba e fieno e non sono assolutamente in grado di digerire altri alimenti».