Un viaggio alla scoperta dei danni che sta creando uno dei settori alimentari che sta crescendo più rapidamente al mondo: gli allevamenti intensivi di pesce. È questo ciò che affronta Until the End of the World, il nuovo documentario del regista e giornalista Francesco De Augustinis, che sarà presentato il 15 febbraio al MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma.
Alla base del lavoro c'è la volontà di far sapere alle persone che i danni provocati dagli allevamenti di maiali, polli e vitelli non sono maggiori rispetto a quelli che derivano dall’industria dell’acquacoltura, nonostante questa prometta di contribuire a rendere il sistema alimentare più sostenibile. Salmoni, trote, orate, spigole, e poi ambiente, sicurezza alimentare, colonizzazione, accaparramento di terre e di risorse idriche, il film è un’esplorazione attraverso tre continenti, per raccontare l’esperienza di diverse comunità in diverse parti del mondo che in modo indipendente lottano contro l’espansione degli allevamenti di pesce per difendere la propria esistenza.
Dall’Italia, alla Grecia, dalla Spagna al Senegal, fino alle acque un tempo incontaminate della Patagonia cilena, il documentario espone i conflitti per le risorse che questa industria produce, realizzando enormi profitti e proponendosi come paladina della sostenibilità. L’acquacoltura, infatti, negli ultimi tre decenni ha continuato a crescere senza sosta fortemente sostenuta dalla politica che la ritiene la strategia per aumentare la produzione globale di cibo con un maggiore ricorso alle risorse marine. Secondo le stime di Compassion in World Farming, nel mondo verrebbero allevati tra i 40 e i 120 miliardi di pesci, per una produzione annuale di circa 122,6 milioni di tonnellate e nel 2021 a livello globale la quantità di pesce prodotto in allevamento aveva già superato quello della pesca.
Davanti a questi numeri il film vuole mostrare gli effetti collaterali di questa crescita esponenziale, molto simile a quanto successo pochi decenni fa con la nascita e il diffondersi ovunque degli allevamenti intensivi di terra: quindi l’inquinamento di paradisi naturali, la distruzione di piccole economie locali e la paradossale concorrenza di questa industria con i mezzi di sostentamento di intere comunità in aree vulnerabili del Pianeta.
Per non parlare poi della questione dei mangimi prodotti per nutrire i pesci d’allevamento composti da farina di pesce, olio di pesce e additivi per far ingrassare più velocemente gli animali. Della questione delle deiezioni prodotte negli allevamenti talmente concentrate che alterano i fondali danneggiando così moltissime specie selvatiche. E poi ancora c'è il problema dell’alta densità di pesci all’interno degli allevamenti che crea un’alta concentrazione di azoto, fosforo o zolfo causando la eutrofizzazione ovvero il consumo di tutto l’ossigeno, che comporta la distruzione di qualsiasi forma di vita. E in ultimo, non per importanza, la lenta agonia dei pesci che vengono estratti dall’acqua con grandi reti e vengono lanciati sul ghiaccio, dove muoiono lentamente d’asfissia.
Until the End of the World fa parte di un progetto di De Augustinis intitolato One Earth di cui fanno parte altri due documentari, il primo che prende lo stesso titolo del progetto e che mostra come allevamenti intensivi, deforestazione tropicale, epidemie, cambiamenti climatici siano tutti anelli della stessa catena di fenomeni che stanno alla base della perdita di equilibrio della nostra unica Terra. Il secondo che si intitola “Deforestazione Made in Italy” e che racconta due anni di indagini, viaggi, ricerche per mostrare uno scorcio inedito sul rapporto diretto che esiste tra le principali eccellenze del Made in Italy e la deforestazione tropicale.