Sono ormai diversi gli studi che cercano di formulare un atlante cerebrale dei nostri fidati amici a quattro zampe, ma sarebbero stati in pochi negli anni scorsi a immaginare che la mappatura delle proprietà cerebrali dei cani avrebbe fornito delle informazioni interessanti anche riguardo lo sviluppo e l'evoluzione del cervello umano.
Il progetto Canine Brain Atlas infatti, finanziato originariamente per studiare l'attività cerebrale nei cani attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e comprendere così anche fenomeni complessi come l'epilessia e il sonno, ha inavvertitamente rivelato il ruolo fondamentale di alcune regioni nervose (la corteccia cingolata e i lobi frontali laterali) nella risoluzione dei problemi logici per tutti i mammiferi.
Lo studio è stato effettuato da diversi docenti del Dipartimento di etologia dell' ELTE Eötvös Loránd University di Budapest, in Ungheria, e ha anche evidenziato come tali aree cerebrali – in maniera diversa a secondo della specie – lavorano in sincronia, favorendo la creazione di reti nervose specifiche per ciascuna attività. Gli animali presi in esame erano tutti cani addestrati per vivere con soggetti con leggeri problemi di relazione sociale e d'interazione con il mondo esterno. E si è scelto questa soluzione perché, come dicono gli stessi ricercatori, «il cane addestrato a differenza degli altri cani è in grado di rimanere immobile nello scanner per otto minuti ed è motivato in cambio di coccole e premietti». I risultati di questa analisi poi sono stati pubblicati sulla rivista Brain Structure and Function, con la presentazione del nuovo atlante cerebrale dei cani.
Durante le fasi della scansione, i ricercatori ungheresi assicurano di non aver assegnato alcun compito ai cani, se non quello di rimanere fermi nello scanner. Questo perché agli scienziati interessava il cosiddetto stato di riposo fMRI, che esamina l'attività cerebrale di qualsiasi individuo quando il soggetto non è impegnato a svolgere un'attività in particolare, permanendo così in uno "stato di riposo". I dati ottenuti permettono di rivelare quali sono le correlazioni e le connessioni fra le diverse aree cerebrali quando il cervello è in una sorte di stand by, rimanendo attivo solo per svolgere le funzioni di base, consentendo così ai ricercatori di studiare le reti neurali.
Quali sono stati i risultati più significativi di queste scansioni? Secondo Dora Szabo, prima autrice dello studio, a differenza degli esseri umani, per i cani le reti nervose del lobo frontale laterale – che controllano i processi di risoluzione dei problemi logici e il mantenimento del comportamento diretto al prosieguo degli obiettivi – non hanno una così grande importanza. Al loro posto gioca invece un ruolo davvero importante la regione della corteccia cingolata, che è situata in profondità nella corteccia cerebrale. Si tratta di una buona notizia, poiché dimostra che gli esseri umani sono molto differenti dalle altre specie intelligenti di mammiferi perché hanno subito uno sviluppo encefalico che li ha portati a dare maggiore importanza alla parte frontale del cervello e spiega anche per quale ragione alcune terapie sviluppate per sostenere gli attacchi epilettici nei cani – basate sulle ricerche neurologiche umane – non hanno avuto successo.
Alcuni dei vecchi farmaci che erano stati infatti sviluppati per aiutare i cani in difficoltà non potevano letteralmente funzionare, poiché colpivano il bersaglio sbagliato, chiariscono i ricercatori. I moderni prodotti invece – introdotti dopo aver visto quali erano le differenze fra umani e esseri umani – sono molto più efficaci perché agiscono genericamente sull'intero cervello dell'animale.
I ricercatori inoltre hanno misurato l'estensione delle varie reti neurali in cani di varie età, il più vecchio delle quali aveva 14 anni, per valutare le loro capacità nervose e gli eventuali danneggiamenti legati al progressivo invecchiamento del cervello. « I dati hanno rivelato che i cani più anziani erano leggermente meno capaci di mantenere la loro posizione iniziale all'interno dello scanner – ha spiegato Eniko Kubinyi, altro autore dell'articolo e ricercatore senior che studia l'invecchiamento cognitivo nei cani da anni – Questa differenza, tuttavia, era molto piccola, poiché anche nel loro caso lo spostamento della testa era inferiore a 0,4 mm, dimostrando che anche i cani anziani e in salute perdono davvero di poco il proprio autocontrollo e hanno dei centri nervosi efficienti. Sotto questo aspetto, sono simili agli umani, poiché anche le persone anziane dotate di grandi capaci mentali trovano più difficile mantenere l'immobilità per lunghi periodi di tempo rispetto alle persone più giovani».