I camosci (Rupicapra rupicapra) del Monte Grappa, nelle prealpi venete, saranno i protagonisti di uno studio condotto dall’Università di Sassari: verranno analizzati i movimenti degli animali per studiarne i comportamenti in relazione ai cambiamenti climatici. Il progetto, finanziato dal Pnrr, è in collaborazione con la Regione Veneto e fa capo al Centro nazionale per la biodiversità, guidato dal Cnr. Il monitoraggio, invece, sarà eseguito con l’ausilio delle polizie provinciali di Treviso, Belluno e Vicenza.
L’obiettivo è quello di osservare come questi animali cambino le proprie abitudini non solo in base alle temperature che aumentano sempre di più, ma anche alla presenza del lupo (Canis lupus), loro predatore naturale, ormai nuovamente stabile sul Monte Grappa.
Il camoscio è un mammifero appartenente alla famiglia dei bovidi, molto simile alle capre, la cui evoluzione gli ha fornito adattamenti morfologici e fisiologici particolari che gli permettono di sopravvivere in ambienti ostili come rupi scoscese anche in pieno inverno, sotto una spessa coltre di neve. L’adattamento più particolare è sicuramente quello dello zoccolo che presenta il bordo esterno più duro, per sfruttare i più piccoli appigli sulla roccia, e i polpastrelli morbidi, che aumentando l'attrito ed evitano le scivolate in discesa. In più le dita dello zoccolo sono divaricabili e forniscono una più ampia superficie d'appoggio anche sulla neve.
Il camoscio alpino vive a quote comprese tra i 1.000 e i 2.800 m di altitudine, tra boschi di conifere e pareti rocciose e scoscese al limite della vegetazione. In Italia la popolazione era in espansione e il suo areale va dalle Alpi fino alla Provincia di Imperia, limite meridionale del suo habitat, con la maggiore presenza di individui tra le province di Trento, Bolzano e Verona. A quanto pare però i cambiamenti climatici hanno portato ad una battuta d’arresto della crescita dei branchi.
Da oltre un mese sono stati predisposti i siti di studio nell’area di Cima Grappa, dove sono già stati individuati i primi sette esemplari. Una volta catturati, gli animali vengono temporaneamente sedati, controllati dai veterinari e dotati di radiocollare, per poi essere rilasciati nel loro ambiente naturale. Nei prossimi mesi, i loro spostamenti saranno controllati dal team di Marco Apollonio, docente di zoologia dell'Università di Sassari e coordinatore del progetto. Al momento sono stati scelti solo esemplari maschi, per non disturbare le femmine nel periodo della riproduzione, successivamente saranno individuati altri esemplari.
Gli studi più recenti sul camoscio hanno rivelato che, a causa dell’aumento di temperatura dovuto al cambiamento climatico, le popolazioni alpine sono in diminuzione, con esemplari giovani e deboli. Inaspettatamente altri branchi di bassa quota sembrano invece avere una maggiore resistenza e uno stato di salute migliore.
Lo studio dell’Università di Sassari potrà confermare o smentire l'ipotesi che il bosco, presente in gran parte del massiccio, possa rappresentare un'area rifugio, soprattutto per l’effetto di contrasto dell'aumento della temperatura effettuato dalle piante.