E’ possibile già scaricarla via smartphone. Ma funziona davvero la App che traduce il linguaggio del gatto in linguaggio umano? Si chiama MeowTalk e promette di tradurre i miao del micio in modo tale che possano diventare parole. Uno dei project manager che l'ha realizzata è Javier Sanchez, tra coloro i quali hanno lavorato per dar vita ad Alexa, l'assistente vocale di Amazon.
Kodami ha voluto vederci chiaro e capire se lo strumento funziona o meno. Secondo l'etologa Sonia Campa, componente del comitato scientifico di Kodami, la App può codificare i miagolii del proprio amico, ma la migliore interpretazione che si possa avere del gatto è basata sull’esperienza e sul rapporto quotidiano che si può avere con lui. Infatti, il "miao" non è sempre uguale.
Come funziona MeowTalk
Dopo aver scaricato MeowTalk sul proprio smartphone va creato un "Catprofile", cioè un profilo del micio, con nome, genere ed età. Poi vanno registrati i diversi miao del gatto e, con un sistema di intelligenza artificiale (che può essere corretto sulla base della propria esperienza di vita), si può tradurre quel miagolio in una frase ben precisa. Da "lasciami solo", a "sono affamato", fino a "sto riposando": queste sono solo alcune tra le principali traduzioni del vocabolario di MeowTalk.
Diverse sono le recensioni lasciate dagli utenti, molte delle quali anche discordanti. C'è chi dice che alcune traduzioni sono veritiere e chi ha notato una certa dicotomia: da una parte la app traduceva il miagolio con «sono arrabbiato» e dall'altra il gatto iniziava a fare le fusa mettendosi a leccare. In uno dei commenti un'utente l'ha descritta come «completamente inutile» perché ha registrato il suono della sua micetta che le avrebbe detto prima «ti amo» e poi «è vero?». L'azienda sviluppatrice, la Akvelon Inc., le ha risposto: «Non pensiamo che l'app funzioni bene con i gattini. Pensateci, capireste cosa dice un bambino?».
Ecco come parlano i gatti
«E’ un enorme equivoco che i gatti comunichino con noi come fanno gli umani, verbalmente – spiega l'etologa Sonia Campa, componente del comitato scientifico di Kodami – Noi abbiamo l’uso della linguaggio e della parola. Loro comunicano per posture, prossemiche e, a livello chimico, con i feromoni. Nel gatto il miagolio è uno strumento comunicativo che si è evoluto con la convivenza dell’essere umano». L'esperta sottolinea come proprio grazie al contatto con l’uomo i gatti abbiano valorizzato il miagolio, anche durante l'età adulta. Con il passare degli anni di vita, infatti, lo usano difficilmente se non per minacciarsi.
«Ciò che di sicuro sappiamo è che il miagolio viene personalizzato – aggiunge Sonia Campa – Attraverso una storia fatta di rinforzi, basata anche sui nostri comportamenti, hanno imparato come ottenere quello che vogliono. Quindi, puoi esserci un gatto che con una persona abbia miagolii con una certa intensità e con un’altra usa ne usa di differenti. Gli studi hanno notato come ci siano proprio fasce diverse di frequenze».
Ma un'applicazione può agevolare il rapporto tra essere umano e gatto? «E’ possibile che un'App possa identificare una frequenza e dire se il gatto stia chiedendo o meno qualcosa, stia minacciando, stia corteggiando – dice l'etologa – ma la migliore App è quella della conoscenza e del rapporto della coppia gatto-umano che si va a consolidare proprio grazie alla convivenza».