La rabbia è una delle malattie che continua a produrre vittime animali e non in diversi paesi del mondo, colpendo in particolare i cani rinselvatichiti o i cani liberi in generale che fanno parte delle comunità e dei villaggi. Per risolvere questo grave problema ed individuare velocemente gli esemplari colpiti dalla malattia, un gruppo di ricercatori della Washington State University (WSU) ha sviluppato un'applicazione per cellulari e tablet in grado di riconoscere i cani vaccinati e sani da quelli non vaccinati e potenzialmente malati tramite il riconoscimento facciale.
Quest'applicazione è stata presentata in un articolo pubblicato su Scientific reports e secondo gli scienziati della WSU promette anche di migliorare significativamente gli sforzi di vaccinazione contro la rabbia in alcune aree dell'Africa e dell'Asia, dove le probabilità per un cane di ammalarsi di rabbia sono più alte.
Per testare il loro prodotto, gli autori della ricerca hanno deciso di andare in una clinica specializzata per la vaccinazione contro la rabbia nelle zone rurali della Tanzania, dove giovani volontari e veterinari lavorano sul campo ogni giorno per microchippare, vaccinare e registrare non solo i cani domestici ma anche quelli rinselvatichiti e più difficili da raggiungere. In Tanzania infatti migliaia di cani ogni anno vengono infettati dal virus della rabbia, contribuendo a diffondere la malattia anche nell'uomo.
Secondo i risultati forniti all'interno dell'articolo, la tecnologia si è rivelata abbastanza precisa, una volta che il software si è adattato nel riconoscere i volti dei singoli cani. Utilizzando l'app, i veterinari di questo centro in Tanzania sono riusciti infatti a identificare correttamente il 76,2% dei cani vaccinati e il 98,9% dei cani non vaccinati, semplificando notevolmente i passaggi che si ripetono durante le analisi. Ora quando un veterinario ha il sospetto che un cane soffra di rabbia senza presentare ancora i sintomi, può usare questa app mentre attende i risultati delle analisi sanguigne per iniziare a farsi un'idea per poi impostare la terapia.
«Poiché i cani domestici sono il principale serbatoio del virus della rabbia, che colpisce anche la nostra specie, il suo controllo a livello globale richiede la vaccinazione di massa dei cani. Un compito reso più semplice, dall'introduzione della nostra tecnologia», ha affermato il professore associato della WSU Felix Lankester, ricercatore principale dello studio.
Ogni qual volta un veterinario vaccina un cane contro la rabbia, basta che scatti una foto del suo volto tramite l'app per contribuire al progetto, assicurano i ricercatori. Queste immagini vengono infatti immagazzinate in un database, da cui attinge il software di riconoscimento facciale dei cani. Nel caso in cui dunque un cane privo di documenti arrivi nel suo studio, egli potrà usare l'applicazione per capire se l'animale che ha di fronte è stato vaccinato contro la rabbia, da lui stesso in passato o da qualche collega, visto che il software riconosce esclusivamente i cani che sono stati censiti. In tal modo un veterinario può considerare se un animale è potenzialmente a rischio e usare l'applicazione per scansionare il suo volto e determinare se ha dei sintomi particolari, collegate alla malattia.
La rabbia uccide circa 60.000 persone ogni anno. Oltre il 99% dei decessi è dovuto a morsi di cane. I veterinari di tutto il mondo si stanno quindi sforzando per sviluppare grosse campagne di vaccinazione, come quelli guidati dal programma Rabies Free Africa della WSU. Per rendere però una popolazione canina resistente alla malattia, grazie all'immunità di gregge, circa il 40% dei cani in un’area deve essere vaccinato. Una sfida molto complessa da raggiungere, per quei territori molto poveri e che presentano delle limitazioni nella forza lavoro.
In Tanzania per esempio i centri di vaccinazione per gli animali sono molto rari e i veterinari sono pochissimi, rispetto alla popolazione canina. Lo sviluppo di questa applicazione promette quindi a questi territori di ricevere un maggior supporto, anche quando il numero di operatori rimane limitato o aumentano i casi di rabbia canina. Gli scienziati della WSU sono inoltre anche desiderosi di utilizzare la loro tecnologia per affrontare altre pericolose malattie, che colpiscono animali e esseri umani.
L'unica limitazione di questo strumento è che i veterinari devono essere dotati di una rete internet, per far funzionare l'app, chiarisce Lankester. Un problema non da poco quando ci si trova in regioni isolate. Il team del WSU sta allora anche lavorando per comprimere le dimensioni dell'applicazione, così da consentirne l'utilizzo anche offline e il download tramite reti internet vecchie e lente.