Immaginate di poter riportare in vita animali estinti da centinaia o addirittura migliaia di anni. Sembra fantascienza, eppure grazie agli enormi progressi nel campo dell'ingegneria genetica e dell'embriogenesi, secondo molti scienziati è più che possibile. Si chiama de-estinzione e da qualche anno se ne parla sempre più spesso, soprattutto grazie alla startup di biotecnologie chiamata Colossal Biosciences, che ha appena annunciato di voler riportare in vita anche il dodo (Raphus cucullatus), l'iconico uccello non volatore estinto per colpa dell'uomo nella seconda metà del XVII secolo. Se sarà davvero possibile è ancora tutto da dimostrare ed è un dibattito, anche etico, più che mai infuocato tra gli scienziati.
Riportare in vita il dodo non è infatti l'unico dei progetto ambiziosi della Colossal Biosciences, l'azienda fondata nel 2021 dal genetista di Harvard George Church e dall'imprenditore Ben Lamm, ha infatti già in programma di de-estinguere anche il mammut e il tilacino. Per poterlo fare, il primo requisito fondamentale è un genoma in ottimo stato di conservazione. Un genoma non è altro che l'intera sequenza di DNA contenuta in ogni cellula di un organismo, il "libretto di istruzioni" degli esseri viventi in cui è scritto l'intero progetto di "costruzione" dell'essere vivente, che può essere raccolto e ricostruito anche da campioni conservati nei musei.
In questo caso, però, la startup non punta a realizzare una vera e propria clonazione di questi animali – come è avvenuto con la famosa Dolly – ma intende soprattutto modificare i genomi di specie viventi simili e strettamente imparentate a quelle estinte, per far nascere animali che avranno aspetto, comportamento e abitudini paragonabili a quelli scomparsi. La Colossal Biosciences li chiama dodo, mammut o tilacini "funzionali", cioè animali il più possibile vicini agli originali ma non esattamente dei veri e proprio cloni.
Anche per questo esiste un forte dibattito etico – oltre che tecnico-scientifico – sulla de-estinzione, ma nonostante ciò i progetti vanno avanti e gli investitori non mancano affatto. L'azienda ha infatti raccolto ben 150 milioni di dollari dopo l'annuncio, che sommati a quelli già disponibili per il progetto fanno circa 225 milioni di dollari investiti per riportare in vita il dodo e altri animali estinti. Ma riportare in vita l'iconico dodo non sarà certamente un gioco da ragazzi.
La clonazione, le modifiche del DNA e la de-estinzione più in generale, sono tecniche costose, complesse, lente e soprattutto molto rischiose. I tassi di insuccesso sono molto alti, così come le probabilità che compaiano malformazioni, difetti genetici e problemi di salute. Nel gennaio del 2009, per esempio, gli scienziati del Centre of Food Technology and Research in Aragona, in Spagna, sono riusciti a far nascere un clone di uno stambecco dei Pirenei (Capra pyrenaica pyrenaica), dichiarato estinto nel 2000. Tuttavia, il cucciolo è morto subito dopo la nascita a causa di difetti fisici ai polmoni. Si tratta del primo e unico animale estinto clonato fino ad ora, ma anche l'unico che si è estinto per ben due volte.
Meglio è andata invece ad Elizabeth Ann, il primo animale in via di estinzione clonato con successo alla fine del 2020. Si tratta una femmina di furetto dai piedi neri (Mustela nigripes), noto anche come puzzola americana, clonata a partire dal DNA di un esemplare morto 30 anni fa. Questa prima clonazione di successo per una specie in via d'estinzione, secondo alcuni, ha aperto le porte a nuovi importanti orizzonti per la conservazione delle specie che soffrono di una bassissima diversità genetica, ma non tutti sono d'accordo.
Se davvero Colossal Biosciences riuscirà a riportare in vita il dodo, il mammut il tilacino, richiederà in ogni caso parecchio tempo, forse qualche decennio. Anche per questi motivi, secondo alcuni i roboanti annunci della startup sarebbero – almeno per il momento – più che altro una sorta trovata pubblicitaria per raccogliere attenzioni e fondi da utilizzare in progetti e applicazioni più realistiche nel campo della biotecnologia, come quelle in campo medico umano.
Inoltre, secondo molti naturalisti e biologici, queste specie ormai estinte difficilmente troverebbero posto nel mondo al di fuori di un recinto, visto che hanno ormai visto scomparire in parte o del tutto i loro habitat originali. Una loro reintroduzione potrebbe avere conseguenze imprevedibili per gli ecosistemi naturali e le specie viventi oggi, un rischio che difficilmente qualcuno vorrà prendersi. Ma soprattutto, secondo molti conservazionisti, la de-estinzione potrebbe anche avere risvolti negativi per la salvaguardia delle specie che oggi rischiano di sparire.
Il dirottamento di fondi e riflettori verso animali carismatici ormai già estinti, potrebbe distogliere l'attenzione dalle tante specie, soprattutto quelle meno note, che rischiano oggi di sparire per colpa dell'uomo. Una grossa fetta della comunità scientifica sostiene quindi che ci si dovrebbe concentrare maggiormente sulla conservazione di ciò che ancora abbiamo, piuttosto che su quello che abbiamo già perso, investendo soprattutto nell'istituzione di nuove aree protette e progetti di conservazione in natura.
Per i sostenitori della de-estinzione, invece, riportare in vita "riproduzioni" di dodo, mammut e altri animali estinti, è un altro passo in avanti nella giusta direzione per quest'area di ricerca e per il futuro della conservazione anche delle specie viventi. Clonazione e de-estinzione restano però un argomento estremamente controverso, complesso e dibattuto e solo il tempo ci dirà se, quando e soprattutto quali conseguenze avranno il ritorno in vita del dodo e altri animali.