Quale futuro attende gli ippopotami importati in Colombia dal narcotrafficante Pablo Escobar? La domanda, fino a pochi mesi fa, sembrava scontata: eradicazione tramite abbattimento. Ma con l'insediamento della nuova ministra dell'Ambiente, Susana Muhamad, qualcosa sta cambiando.
Nel corso di uno dei suoi primi discorsi pubblici, la neoministra, seguendo lo slogan "Pace con la natura", ha dichiarato: «Ci assumiamo la responsabilità di proteggere gli animali. Per questo come Ministero abbiamo aggiunto un articolo nel Piano di sviluppo nazionale per creare un gruppo dedicato a Protezione e Benessere Animale, all'interno della Direzione Foreste, Ecosistemi e Biodiversità».
Anche se il riferimento agli animali di Escobar non è esplicito, si tratta di un cambio di passo significativo rispetto alla precedente direzione del dicastero dell'Ambiente. Muhamad è subentrata al precedente ministro Carlos Eduardo Correa, il quale più volte aveva affrontato la questione manifestato chiaramente la volontà di eradicare gli ippopotami perché ritenuti specie invasiva in Colombia.
A supportare le tesi di Correa, fu una relazione del 2022 realizzata dal Comitato Tecnico Nazionale sulle Specie Invasive su impulso del Ministero. I tecnici hanno elaborato le ricerche dell'Istituto Humboldt e dell'Istituto di Scienze Naturali dell'Università Nazionale che hanno mostrato i rischi ambientali legati all'invasione dell'ippopotamo e l'impatto che questa avrebbe su altre native della Colombia.
Privi di predatori naturali, gli ippopotami si stanno riproducendo in maniera costante: i quattro individui che erano stati ospitati nell'azienda Napoles di Escobar nel 1993 si sono stabiliti nel fiume Magdalena, uno dei maggiori fiumi della Colombia e nei laghi vicini. Da loro, tre femmine e un maschio, derivano tutti gli individui oggi presenti: la popolazione stimata è di 150 ippopotami, considerati la più grande specie invasiva del mondo.
Le specie invasive sono animali originari di una determinata regione geografica che, una volta introdotti in un nuovo territorio, mantengono popolazioni in grado di sopravvivere e riprodursi allo stato selvatico. Queste popolazioni, definite anche "alloctone" o "aliene", possono generare delle vere e proprie invasioni biologiche, in grado di minacciare le specie locali cioé "autoctone". Ed è quello che sta avvenendo con gli ippopotami di Escobar.
Secondo uno studio del 2019 l'impatto degli ippopotami sull'ecosistema in Colombia con il tempo può rappresentare una seria minaccia per le risorse idriche. Mentre in Africa, dove questi animali sono autoctoni, la loro presenza fertilizza laghi e fiumi. Lo stesso non avviene in Sudamerica, dove i laghi che accolgono i discendenti degli ippopotami del capo del cartello di Medellin" registrano un incremento di cianobatteri e di altre sostanze associate alla proliferazione di alghe tossiche, con conseguenze sui pesci autoctoni e anche sulle comunità di pescatori locali.
Non si tratta solo di una questione ambientale, a questa si aggiunge un problema di ordine sociale: i grandi mammiferi invasivi rappresentano un motivo di conflitto con i colombiani appartenenti alle comunità del fiume Magdalena che basano la loro sussistenza sulla pesca.
Per fare fronte a queste problematiche erano state ipotizzate anche non cruente, come la sterilizzazione degli ippopotami che però non si è rivelata sufficiente a contenere l'espansione del loro areale. Uno studio condotto dall'esperta del Consiglio colombiano di Scienza e Tecnologia, Nataly Castelblanco-Martínez, ha usato modelli previsionali che hanno tenuto conto dell'espansione della popolazione registrata negli ultimi 20 anni, rilevando che «in assenza di fattori limitanti la dispersione, l'habitat potenziale di colonizzazione per gli ippopotami può diventare molto esteso nel paesaggio e può essere favorito dai cambiamenti climatici in futuro».
Tuttavia è lo stesso team di Castelblanco-Martínez a rilevare che «la proposta di una linea d'azione può diventare controversa quando la specie ha un valore carismatico per la società, indipendentemente dal suo impatto ecologico o sociale».
La straordinaria vicenda degli ippopotami di Escobar per i colombiani ad oggi ha assunto un valore quasi mitico. Ne è la prova quanto avvenuto nel 2009 quando le autorità locali hanno abbattuto Pepe, uno dei tre ippopotami del nucleo originario importato dal trafficante. I social erano ai loro albori, eppure le immagini del corpo di Pepe fecero il giro della Rete e delle televisioni locali, scatenando forti proteste pubbliche per quell'atto di giustizia sommaria.
Sono passati molti anni ma gli ippopotami della cocaina resistono con forza nell'immaginario collettivo: rappresentano il lascito di un eroe negativo mitizzato da prodotti come la serie Netflix "Narcos".
Nel 1978 il narcotrafficante Pablo Escobar era al massimo del suo potere, e per sottolineare la forza del suo dominio ha forse pensato che non fosse sufficiente manovrare la politica locale e nazionale del suo paese inondando le strade del mondo con la sua droga. Decise di intervenire sulla Natura, inaugurando l'Hacienda Nápoles, un grande zoo personale con animali importati da ogni luogo: rinoceronti, elefanti, giraffe, canguri, pappagalli e, ovviamente, ippopotami.
«Lo zoo era quasi pronto, però mio padre voleva sempre più animali. E aveva gusti costosi», scrisse anni dopo il figlio di Pablo, Juan Escobar, raccontando in un libro la genesi e la distruzione della tenuta di famiglia.
Con il declino della fortuna di Escobar anche il suo impero è andato in pezzi e la Natura ha fatto il suo corso. Alcuni animali sono stati spostati in parchi zoologici, altri invece hanno preso possesso dell'habitat in cui si trovavano.