I pangolini, conosciuti anche come formichieri squamosi, sono fra i mammiferi a più alto rischio di estinzione del mondo, per via soprattutto del commercio illegale delle loro scaglie che vengono considerate tra gli ingredienti più importanti della medicina tradizionale cinese. Per quanto però questi animali siano in pericolo, una nuova specie è stata tuttavia da poco scoperta, grazie proprio alle confische effettuate bracconieri.
A dare questa notizia è stato uno studio pubblicato lo scorso 19 settembre tra le pagine di Proceedings of the National Academy of Sciences. I suoi autori, alcuni scienziati cinesi che lavorano alla Yunnan University di Hong Kong, erano stati infatti interpellati dalla Polizia locale per effettuare delle analisi di routine di alcuni lotti sequestrati nel 2012 e nel 2013, con l'intento di identificare le specie che erano state uccise dai bracconieri.
A seguito però del sequenziamento del DNA, effettuato su 27 scaglie diverse, gli scienziati cinesi si sono trovati nella inaspettata situazione di ritrovarsi fra le mani i resti di un animale sconosciuto alla scienza, che non presentava alcun riscontro all'interno dei database utilizzati dalle università per riconoscere la specie. Il team, sospettando quindi di fronte a un'importante scoperta, ha così chiesto la collaborazione di alcuni colleghi stranieri, come Philippe Gaubert dell'Università Toulouse III – Paul Sabatier di Tolosa, per avere un punto di vista esterno e ricevere un aiuto nel processo di identificazione dell'animale.
Alla nuova specie – di cui ancora non si registra alcuna osservazione in natura – è stato così assegnato il nome provvisorio Manis mysteria, in riferimento alla sua natura enigmatica e al modo insolito con cui gli scienziati sono giunti per la prima volta in contatto con l'animale. E dalle informazioni ottenibili dal sequenziamento, gli esperti hanno inoltre anche scoperto che questa nuova specie probabilmente è già in pericolo di estinzione. Questa, inoltre, si è separata dalle altre specie di pangolino – soprattutto dal quello delle Filippine (Manis culionensis) e malese (Manis javanica) – circa cinque milioni di anni fa. Sarebbe quindi la specie ad essersi evoluta più recentemente dell'intero gruppo, che conta ora 9 specie in tutto tra Asia e Africa.
Ovviamente non si sa ancora quale sia la sua morfologia e il suo areale, ma probabilmente – considerando la provenienza di gran parte delle scaglie sequestrate – il nuovo pangolino rientra perfettamente all'interno dei confini dei paesi del Sud-est asiatico, che funge da vero e proprio punto caldo mondiale del bracconaggio di questi mammiferi. Ma perché questi animali vengono così tanto apprezzati dalla tradizione medicinale cinese?
Le scaglie dei pangolini sono fatte di cheratina, la stessa sostanza che si trova nelle unghie e nei capelli degli esseri umani. Non possiedono alcuna capacità curativa, eppure un'antica tradizione cinese prevede che il loro consumo possa far bene alla salute e favorisca un miglioramento delle capacità e delle prestazioni sessuali. La polvere da loro estratta è infatti sempre stata considerata afrodisiaca e oltre a essere particolarmente costosa, è sempre stata considerata un prodotto per l'élite ricca del paese.
Storicamente, fino a qualche anno fa, consumare o vendere le scaglie di pangolino era tra l'altro considerato una sorta di status symbol, che permetteva all'acquirente di elevarsi socialmente dalla cerchia medio borghese a quella immediatamente superiore. E non è un caso se, con la crescita economica nazionale, la vendita di questi prodotti ha subito un vero e proprio boom all'interno dei confini cinesi da quando molte più persone hanno cominciato a poterselo permettere.
Per colpa della crescita di questo commercio, gli scienziati ritengono che più di un milione di pangolini siano stati uccisi in natura dal 2004 al 2014, ma per fortuna l'intero mercato internazionale e il governo centrale di Pechino ne ha vietato la vendita a partire dal 2016. Questo però non ha impedito ad alcuni cacciatori di venderne la carne in alcuni mercatini rionali nazionali, come quello di Wuhan, da cui è partita la pandemia da Covid-19.
Al di là però della scoperta raggiunta grazie al ritrovamento di questa nuova specie, gli scienziati cinesi autori dello studio ritengono che ci sia ancora molto da fare per comprendere appieno la sua biologia e lo status di conservazione. Auspicano quindi che un esemplare in vita venga al più presto avvistato, così da permettere ai ricercatori di effettuare nuovi studi e d'individuare le politiche ambientali più adatte per per poter proteggere questa nuova specie.