Nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi è stata individuata una nuova specie di falena. Responsabile della scoperta è l'entomologo Giovanni Timossi, che ha deciso di chiamarla Megacraspedus laseni in onore del professore Cesare Lasen, primo presidente del Parco e noto botanico.
Ha ali bianche con lunghe frange sul margine e un'apertura alare di poco superiore al centimetro. Ad oggi, ne sono stati raccolti solo due esemplari, ma la scoperta ha un valore enorme per la biodiversità degli ambienti alpini.
«Osservare una nuova specie è come avere il privilegio di vedere per primo il panorama dalla cima di una montagna inesplorata – afferma Giovanni Timossi, raccontando a Kodami le emozioni di questa scoperta – Divulgare le informazioni riguardo la sua presenza, poi, aiuta a sensibilizzare la popolazione alla tutela della biodiversità, perché sapere che intorno a noi c'è una specie unica al mondo, fa percepire il vero valore dell'ambiente».
Il riconoscimento di Megacraspedus laseni
Il lavoro svolto da Timossi in questi anni è stato complesso e impegnativo. Il primo individuo di Megacraspedus laseni, infatti, è stato trovato nel 2016, ma per osservarne un secondo il ricercatore ha dovuto attendere altri due anni. «Il risultato ottenuto deriva dal fatto che ho cercato attentamente laddove nessuno aveva mai guardato prima – dice l'esperto – Dedicarsi alle farfalle notturne, infatti, significa uscire di notte e visitare l'ambiente in momenti poco ospitali e ad altitudini che, spesso, complicano ulteriormente le ricerche».
Megacraspedus laseni, infatti, non è certo una falena facile da riconoscere al primo sguardo. Per riuscire ad identificarla e descriverla, infatti, Tamossi ha dovuto analizzarne il DNA e gli organi interni. «La certezza finale di essere di fronte ad una nuova specie avviene attraverso le analisi genetiche – spiega il ricercatore – Sebbene sia sufficiente il 2% di differenza genetica, in questo caso abbiamo raggiunto il 6%. Per quanto riguarda l'aspetto morfologico, invece, non è facile determinare come riconoscerla dalle altre specie simili, anche perché il colore e i disegni sulle ali cambiano nell'arco della vita del soggetto».
La zona della "Busa delle Vette" in cui è avvenuto il ritrovamento, è una delle più note all'interno del Parco delle Dolomiti Bellunesi. Situata tra la Valle del Cismon e le Pale di San Martino è caratterizzata dalle condizioni estreme tipiche dell'alta quota, come il vento e il forte innevamento. «Questa specie è in grado di sopravvivere anche in condizioni difficili. Quassù, infatti, il vento è così forte che rischia di essere portata via e la carenza di ossigeno rappresenta anch'essa una sfida per un animale di così piccole dimensioni – spiega l'esperto – I lepidotteri, inoltre, soffrono anche la mancanza di umidità e lo sfruttamento eccessivo degli ambienti montani, come quello causato dagli impianti sciistici o dalla presenza di pascoli che, con il passare del tempo e l'aumento delle temperature, vengono portati sempre più in alta quota».
La speciazione geografica nelle Dolomiti
Le Dolomiti rappresentano un insieme di luoghi che, durante la quarta glaciazione, sono rimasti isolati a lungo gli uni dagli altri. Questa separazione ha fatto in modo che, nel tempo, si sviluppassero molte specie animali endemiche. «Questo fenomeno è chiamato "speciazione geografica" e ci ricorda che la flora e la fauna non sono altro che il risultato di ciò che che è accaduto in passato in un determinato luogo – spiega l'entomologo – Nella zona del bellunese sono attive poche ricerche a riguardo, ma i fiumi Piave e Brenta hanno certamente favorito lo sviluppo di questo fenomeno, fungendo da barriere geografiche che hanno permesso la nascita di specie endemiche come quella appena individuata».
Timossi si occupa da molto tempo di lepidotteri e negli ultimi anni, attraverso il Progetto Dolomiti quota 2000, ha descritto anche altre 3 specie. In questo, però, caso ha deciso di dedicarla a Cesare Lasen, botanico di fama internazionale e primo direttore del Parco.
«Generalmente il nome della specie viene scelto sulla base di un aspetto morfologico o del luogo in cui viene scoperta. In questo caso, però, ho deciso di dedicarla ad un amico ed esperto di vegetazione italiana e del Veneto, perché è nato in questa zona e si è reso disponibile ad aiutarmi nel riconoscimento delle piante osservate all'interno dell'habitat di Megacraspedus laseni – conclude il ricercatore, che si ritiene soddisfatto del risultato ottenuto – La ricerca si concentra spesso sulle specie più grandi o più appariscenti, ma il rischio è che nel frattempo insetti e invertebrati si estinguano sotto i nostri occhi ancora prima di venire scoperti».