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21 Dicembre 2022
12:39

Una nuova scoperta riscrive l’evoluzione del becco degli uccelli

La seconda analisi di un vecchio reperto belga può forse cambiare del tutto la storia dell'evoluzione degli antenati dei primi uccelli, comparsi durante il Cretacico.

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A volte un'errata interpretazione di un fossile costa moltissimo ai paleontologi. Quando però l'errore viene scoperto e ben interpretato da parte della comunità scientifica, le conoscenze ottenute possono essere fondamentali per comprendere appieno il percorso evolutivo di una specie, se non di un intero clade. Questo è avvenuto per un osso appartenente a Janavis finalidens, un antico uccello che è vissuto in Europa sul finire del Cretacico superiore – circa 66,7 milioni di anni fa – contemporaneamente agli ultimi dinosauri, la cui mal interpretazione di un osso per decenni ha confuso e ribaltato le conoscenze inerenti l'evoluzione degli uccelli.

Janavis finalidens è una specie che è stata ridefinita solo recentemente, la cui storia però si è dimostrata alquanto complicata. Scoperto agli inizi degli anni 90, la sua specie è stata riportata erroneamente nel 2002 con una descrizione che presentava molti errori ed è stata descritta correttamente solo quest'anno, nel novembre del 2022. Lo J. finalidens era un antico uccello dentato che viveva nei pressi della famosa formazione Maastricht, in Belgio, località molto nota ai paleontologi a seguito delle numerose scoperte che lì sono avvenute e che tra l'altro hanno permesso di scoprire i primi reperti di mosasauro.

Il suo nome specifico si rifà all'antico dio romano Giano e alle antiche due parole latine "finalis", che significa fine, e "dens", che significa denti. Gli scienziati hanno voluto fare un omaggio all'antico dio romano, noto per avere due teste, a causa della dualità nella interpretazione del suo fossile, che nell'arco di venti anni si è visto inserire in due gruppi ben separati di uccelli.

Ora, da quando Carlo Linneo ha impostato il suo sistema di classificazione degli esseri viventi, gli zoologi hanno diviso tutti gli uccelli (viventi ed estinti) in due specifiche categorie, che sono i Neognathae – ovvero le specie con articolazioni mobili ed una fessura nella mascella superiore, che consentono un movimento più libero del becco – e un gruppo noto come Palaeognathae, che come struzzi ed emù possiedono un palato superiore fuso che conferisce al loro becco una certa staticità, essendo tra l'altro meno elastico e mobile.

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I rapaci sono da sempre considerati degli "uccelli moderni" (Neognati), a seguito della presenza  dello pterigoide

Per secoli, si è ritenuto che questo palato fuso si trovasse in tutti gli antenati degli uccelli, negli uccelli odierni più antichi e anche nei dinosauri non aviari. E in seguito alla prima erronea indagine ed interpretazione che era stata effettuata sui reperti di Janavis finalidens, gli scienziati per oltre venti anni hanno creduto che quest'animale appartenesse alla storia evolutiva degli uccelli ritenuti più antichi, ovvero i paleognati. Un riesame dei reperti però, che ha permesso ai suoi autori di uscire con un nuovo articolo su Nature, ha modificato per sempre l'opinione che gli scienziati si erano fatti della specie, portando a scoprire alcune novità che hanno permesso di riconsiderare la posizione di J. finalindens all'interno dell'albero filogenetico dell'intera sottoclasse degli uccelli.

Nell'articolo gli scienziati affermano che il fossile di J. finalidens appartiene «a un nuovo taxon di uccelli dentati del tardo Cretacico, recanti uno pterigoide che è notevolmente simile a quelli del clade neognatico esistente oggi dei Galloanserae». I galloanseri è il gruppo che comprende i galliformi e gli anseriformi (anatre, oche e cigni) odierni, noti per essere fra gli uccelli con il becco considerato moderno ed articolato, mentre lo pterigoide è un osso del cranio dei vertebrati, che si forma in corrispondenza della parte dorsale della mandibola. L'affermazione degli scienziati indica dunque come studiando il reperto di J. finalidens, questi si siano ritrovati di fronte ad un uccello che racconta una storia completamente diversa rispetto a quanto era stato affermato nella sua prima identificazione come paleognato.

Il reperto belga mostra però anche qualcosa in più. Visto che l'animale visse circa 66 milioni di anni fa, la sua presenza nel Cretacico ha difatti involontariamente dimostrato come "il becco articolato" tipico dei neognati fosse presente anche nelle specie più antiche, anticipando di parecchie decine di milioni di anni il momento in cui i paleontologi supponevano fossero comparsi gli antenati dei neognati. Inoltre, visto che il resto dell'esemplare scoperto a Maastricht indica che J. finalidens era anche un parente di Ichthyornis, un altra specie di uccello vissuto circa 20 milioni di anni prima, questo ci permette di riconsiderare del tutto la storia evolutiva degli uccelli, vittima di mal interpretazione da parte degli scienziati per decenni.

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Lo struzzo, per secoli considerato tra gli uccelli più antichi, essendo un Paleognato, potrebbe rivelarsi una delle specie più moderne, a seguito delle ultime scoperte

Nel complesso, sembra che il palato fuso presente in struzzi ed emù non sia una caratteristica appartenente agli antichi uccelli risalenti al periodo Cretacico, ma che probabilmente si sia evoluto di seguito alla comparsa delle forme che presentavano invece un palato non fuso. L'essere perciò "ancestrali" sarebbe dunque una condizione secondaria e moderna degli attuali Paleognathae, che deriverebbero invece da specie dotate di un becco neognato.

«Questa scoperta è stata resa possibile solo grazie a Juan Benito e Daniel Field, paleontologi dell'Università di Cambridge» – commentano altri ricercatori non coinvolti nella scoperta su Science – «in quanto hanno preso in prestito il fossile nel 2018 dal Museo di storia naturale di Maastricht, in modo da poter utilizzare la tomografia computerizzata per visualizzare meglio le ossa nascoste dentro ad un blocco di sedimento».

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Il reperto che ha permesso il riesame della specie

Senza questa tecnica, probabilmente ancora oggi la scienza considererebbe J. finalidens come una antica specie di uccello dotato di un palato fuso con il cranio, compiendo gli stessi errori che hanno portato gli zoologi e i paleontologi per secoli a considerare gli struzzi e gli emù più antichi degli altri uccelli, quando invero la struttura anatomica degli antenati comuni sta dimostrando il contrario.

«Quando Benito ha studiato il fossile, rimase perplesso da un osso che l'analisi precedente aveva identificato come parte di una spalla ma che sembrava troppo piccolo. Lui e la sua equipe si sono resi conto solo dopo che il pezzo era un frammento di un osso che era stato spezzato in due e che questi era lo pterigoideo, la chiave dell'articolazione di qualsiasi becco superiore neognato».

«I nostri risultati» concludono gli scienziati inglesi nel loro articolo su Nature «capovolgono l'ipotesi di lunga data sull'origine del palato mobile degli uccelli e dovrebbero indurre a rivalutare le presunte affinità galloanserane di diversi bizzarri gruppi del primo Cenozoico, come gli "uccelli pseudodentati" (Pelagornithidae)».

Per eventuali conferme, bisognerà attendere nuovi ritrovamenti, seppur la genetica possa già in parte risolvere la questione, andando a verificare se il DNA delle specie oggi viventi possa suffragare le prove anatomiche e morfologiche che sono state scoperte dalla seconda analisi dello J. finalidens.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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