Piantare alberi da frutto per ricordare l'orsa Amarena. È questo l'obiettivo di un grande numero di iniziative nate all'interno delle comunità abruzzesi che sperano così anche di sfamare i plantigradi che gravitano attorno alle città.
Queste azioni dopo essere nate online sono diventate un progetto vero e proprio chiamato "Una foresta per Amarena", in ricordo dell'orsa marsicana uccisa con un colpo di fucile la notte del 31 agosto 2023 mentre si trovava all'interno di un pollaio adiacente a un'abitazione di San Benedetto dei Marsi. Un evento che abbiamo ricostruito nel videoreportage girato proprio nei luoghi abitati dagli orsi, dentro e fuori l'area del Parco nazionale d'Abruzzo.
Seguendo le tracce di Amarena abbiamo parlato con allevatori e agricoltori che considerano gli orsi una minaccia, e con cittadini che al contrario li cercano attivamente, smartphone alla mano. Ma tutti senza distinzioni sono convinti che Amarena frequentasse i paesi perché spinta dalla fame, e come lei anche i suoi simili.
Per questo domenica 5 novembre verranno piantati 30 alberi da frutto nella zona di Villalago, Comune dell'Aquilano molto frequentato da Amarena. Una presenza così importante per la piccola comunità da da spingere la giunta comunale guidata da Fernando Gatta a rendere l'orsa cittadina onoraria.
È questa l'area che la community online "Le montagne dell'orso" guidata da Eugenia Salvatore e Giovanni Casadei ha individuato per la piantumazione dei suoi alberi. Un evento che ha incontrato il favore di moltissime persone, e anche il benestare del direttore del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm), Luciano Sammarone, il quale però ha sottolineato come queste azioni non siano destinate ad avere un impatto sulla presenza dei plantigradi nelle città.
«Gli alberi impiegano molto tempo a crescere, e piantarli adesso significa vederli crescere abbastanza da fare frutti in 7-10 anni – spiega a Kodami il Direttore del Pnalm – Per il fine per il quale vengono piantati sarebbe più utile recuperare quelli che sono già presenti. È un lavoro che il Parco ha sempre fatto, ma seguendo i giusti criteri e rispettando l'ambiente, anche le piante infatti possono ibridarsi, e una piantumazione non corretta potrebbe causare una perdita di biodiversità nelle nostre aree verdi».
Il Direttore è chiaro nel sottolineare che una piantumazione fatta con cognizione è utile ad arricchire l'ecosistema, ma non avrà effetti diretti sulle abitudini degli orsi osservati nei paesi: «La loro presenza non è legata alla carenza di cibo, perché se così fosse nei centri abitati gli orsi non verrebbero sporadicamente, ma molto più spesso e a decine, mentre invece su una popolazione di circa 60 animali quelli che frequentano i centri abitati sono, stagionalmente, tre-quattro, qualche volta cinque».
Una posizione analoga a quella espressa da Paolo Ciucci, docente dell'Università La Sapienza di Roma ed esperto di orsi bruni marsicani. Su Kodami, lo zoologo ha smontato le molte favole che si raccontano su Amarena e sugli altri orsi, compresa quella della fame: «Gli orsi che hanno l'abitudine di frequentare i paesi sono casi particolari e si tratta di nomi ben noti. Gli altri difficilmente si fanno vedere perché preferiscono stare altrove, c'è però una categoria che effettivamente può preferire ambienti antropici, ma non lo fa per motivi alimentari ma sociali».
L'orso infatti pratica l'infanticidio, ed è uno dei meccanismi per regolare la popolazione: «I maschi che incontrano una femmina con cuccioli che non sono suoi li uccide per rendere la femmina sessualmente ricettiva, accoppiarsi con lei e generare i suoi piccoli – aveva aggiunto l'esperto – Per questo le femmine di orso evitano di stare in un territorio in cui ci sono grossi maschi socialmente dominanti. In una popolazione ad alta densità come quella del Parco d'Abruzzo questo può essere un buon motivo per spingere le femmine verso i paesi».
A subire la presenza dei maschi adulti dominanti non sono solo le femmine con i piccoli, come lo era Amarena, ma tutti gli individui ai margini della società, come il giovane Juan Carrito, e l'anziana Gemma. Lo ricorda anche Sammarone: «È difficile vedere nei centri abitati grossi maschi intenti a predare animali domestici nei pollai. Loro restano sulle montagne, a dimostrazione che da mangiare per loro evidentemente ce n'è anche per gli altri. Il motivo che spinge alcuni a scendere è legato a una questione di interazione e di competizione intraspecifica».
La popolazione di orsi, in ragione delle politiche di conservazione messe in atto in questi anni, sta crescendo e per fare fronte a questa pressione gli orsi devono espandere il proprio areale. Le aree protette nascono proprio lo scopo di tutelare la fauna e la flora ma non sono recinti entro cui chiudere i selvatici, magari grazie a una massiccia presenza di frutteti. Un'idea che non ha nulla a che fare con la conservazione degli animali.