Quando si affrontano temi come il sesso e la riproduzione negli animali, il ventaglio di opportunità, strategie e comportamenti bizzarri diventa pressoché infinito e può andare ben oltre anche la più fervida immaginazione. Per esempio, ci sono maschi che si accoppiano fino alla morte, pesci abissali che invece si trasformano in borsette di spermatozoi oppure femmine che riescono a riprodursi completamente da sole e senza alcun minimo contributo da parte del maschio.
Ed è proprio questo il caso della femmina di squalo zebra che si è riprodotta allo Shedd Aquarium di Chicago.
Questo evento, recentemente descritto in una nota sul Journal of Fish Biology, ha stupito parecchio biologi e naturalisti, non tanto per il tipo particolare di riproduzione, già noto in questa e altre specie di squali, ma soprattutto perché è avvenuto nonostante fossero disponibili nei paraggi esemplari di maschi maturi, la cui assenza è invece considerata da tempo un elemento fondamentale che spingere le femmine a fare tutto da sole.
La capacità di riprodursi senza accoppiarsi con un maschio è chiamata partenogenesi e funziona più o meno così: partendo da una cellula uovo non fecondata (quindi senza alcun contributo dello spermatozoo) alcune specie sono in grado di dare comunque alla luce i proprio piccoli, che sono generalmente dotati di un patrimonio genetico identico a quello della madre e quindi, in sostanza, sono dei veri e propri cloni. La partenogenesi può essere facoltativa, occasionale oppure, in certi casi, persino obbligatoria, come avviene in alcune specie di lucertole o cavallette i cui i maschi sono ormai estinti da tempo e le femmine si riproducono esclusivamente per via partenogenetica.
Questa particolare strategia riproduttiva è presente in parecchi gruppi animali, dagli insetti ai varani, dalle lucertole al condor della California, passando per tantissime altre specie di invertebrati e gli squali, appunto. È nota, per esempio, per lo squalo palombo (Mustelus mustelus) ed era già stato osservato anche nello stesso squalo zebra (Stegostoma fasciatum), una specie a rischio estinzione diffusa soprattutto lungo le coste degli oceani Indiano e Pacifico. La partenogenosi negli squali è stata però osservata solo in condizioni cattività e, come fanno notare gli autori, soprattutto quando negli acquari c'erano solo femmine, che non avendo alternative sono state costrette a riprodursi da sole.
Queste osservazione hanno perciò fatto ipotizzare agli scienziati che, almeno per gli squali, la partenogenesi avviene esclusivamente quando le femmine non altra scelta, una sorta di ultima spiaggia in assenza dei maschi. In questo nuovo caso avvenuto allo Shedd Aquarium, invece, di maschi a disposizione ce n'erano, ma nonostante ciò la femmina ha scelto comunque di riprodursi per partenogenesi. Tutto ciò stanno quindi rimettendo in discussione le convinzioni dei biologi circa le condizioni che spingerebbero le femmine a scegliere questa strada, anche perché i piccoli nati in questo modo sono generalmente più fragili e molto spesso muoiono nel giro di pochi mesi, probabilmente proprio per la mancanza del contributo genetico maschile.
Non sono perciò del tutto chiari quali potrebbero essere i motivi che hanno spinto questa femmina a non accoppiarsi con un maschio, tenendo anche presente lo scarso tasso di sopravvivenza dei piccoli, e serviranno certamente ulteriori studi per approfondire questo fenomeno. Nonostante ciò, questo evento potrebbe comunque aiutare ricercatori e conservazionisti a tutelare in maniera più efficace e mirata questa specie in via d'estinzione. Come purtroppo sta accadendo per molte specie di quali e razze, le catture accidentali nelle reti e la pesca di frodo per la carne, le pinne e l'olio ricavato dal fegato di questi pesci, hanno portato a un tracollo delle popolazioni selvatiche.
La sfida dei biologi che studiano questa specie è quindi quella di approfondire il più possibile la biologia riproduttiva dello squalo zebra – compresa la partenogenesi – per poterlo aiutare anche attraverso la riproduzione in cattività e il successivo rilascio in natura. Migliorando le conoscenze e lo studio delle dinamiche di popolazione da un punto di vista genetico, sarà infatti possibile calcolare modelli demografici più accurati e, nel caso, intervenire con azioni di conservazione ancora più mirate ed efficaci.