Due mamme e i loro figli si incontrano separate da un vetro. Una è Emmelina, esemplare di homo sapiens. L’altra è Kiki, una gorilla. La donna avvicina il suo bebè di cinque mesi, Canyon, allo spazio del Franklin Park Zoo di Boston destinato ai primati. Il bimbo dormiva e aveva il volto ben in vista. La gorilla si avvicina, lo guarda, lo scruta, picchietta il vetro con un dito quasi a voler giocare con lui. Poi fa vedere anche il suo cucciolo, Pablo. Il video delle due mamme e dei due piccoli a tu per tu nello zoo (diffuso attraverso YouTube) ha fatto il giro del mondo. Si è parlato molto di empatia da parte della gorilla nei confronti del piccolo d'uomo. Ma cosa vuol dire empatia? Esiste nelle altre specie? O le cose stanno in maniera diversa da come l’occhio umano le vuole interpretare?
«In questo caso, osservando il video, direi che non si tratti di empatia ma sicuramente curiosità e interesse. L’empatia è un’altra cosa: è riuscire a percepire lo stato mentale di un altro. E anche per gli animali può essere la molla per alcune forme di altruismo, in grado di indurre un soggetto ad aiutarne un altro, palesemente in difficoltà, e prendersene cura, in modo disinteressato, sulla spinta di un impulso spontaneo mediato dalle emozioni. In questo caso, però, la reazione del Gorilla entra in una dinamica appunto di interesse: se anche lei ha un piccolo, secondo me non si sbaglia a pensare che stia facendo delle associazioni. Gli adulti delle specie più affini all'uomo sono in grado di riconoscere i piccoli proprio nel loro essere piccolo – spiega l'etologa Federica Pirrone, componente del comitato scientifico di Kodami – Sicuramente il gorilla ha avuto una grande curiosità a guardare la mamma e il bambino dall'altra parte del vetro».
Pirrone sottolinea poi il ruolo che appunto gioca l'antropomorfismo nelle interpretazioni dei comportamenti animali, facendo riferimento al pensiero dell'etologo olandese Frans de Waal, uno dei più grandi studiosi al mondo delle abitudini dei primati. «Sono molto dalla parte di de Waal che dice che il vero problema non è l’antropomorfismo ma l’antropodiniego. L’antropomorfismo è quando viene data la forma umana ai comportamenti animali – aggiunge Pirrone – Noi ci dividiamo tra quelli che antropomorfizzano all'estremo e quelli che lo negano, appunto l'antropodiniego. Negare completamente che ci siano somiglianze è sbagliato: noi siamo animali e tra i mammiferi abbiamo sovrapposizioni. Secondo de Waal, stigmatizzare continuamente l’antropomorfismo vuol dire avere la tendenza di creare una distanza tra l'essere umano e gli altri animali. Un buon equilibrio è invece quello che ci vuole. L'antropomorfizzazione va "ripulita" perché diventi qualcosa di reale: anche noi siamo animali».
I video social degli zoo sono legati principalmente ai mammiferi
I video pubblicati sui social riguardano spesso i mammiferi perché attraggono di più l'attenzione. In questo caso a pubblicare la scena delle due mamme è stato Michael, il marito di Emmelina. Ma il "segreto" del legame con gli esseri più simili agli umani lo sanno bene negli zoo. Secondo uno studio condotto dall’Università di Exeter e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Zoological and Botanical Gardens, i canali YouTube gestiti dagli zoo si concentrano sull'intrattenimento più che sugli aspetti formativi che possono avere. Al centro della loro attenzione non c’è la biodiversità delle strutture ma la presenza dei mammiferi, che desterebbero una maggiore curiosità da parte degli utenti (sono protagonisti del 75% dei video). Le politiche della conservazione della biodiversità, infatti, è risultata al centro dei prodotti social di YouTube solo nel 3% dei casi, anche se questo è un genere di contenuto in aumento.
Degli animali che sono apparsi nei video più visti degli zoo, i primi nove erano mammiferi (con i panda giganti in cima alla lista). Gli unici non mammiferi nella top ten erano i pinguini, al decimo posto. «La domanda chiave è: per cosa usano YouTube gli zoo?», commenta Paul Rose, ricercatore dell'Università di Exeter. «Se l'obiettivo è convincere la gente a visitarlo, potrebbe avere senso concentrarsi sull'intrattenimento e sulle specie più popolari – aggiunge – In questo modo, l'educazione sulla fauna selvatica e la conservazione può essere fatta una volta che le persone arrivano allo zoo, dove trascorreranno molto più tempo di quanto ne spenderebbero guardando un video su YouTube».
Gli studiosi hanno notato come i video sugli animali che si trovano sulla Lista Rossa Iucn (il sistema di classificazione delle specie in in via di estinzione) sono apparsi più spesso negli ultimi anni. I ricercatori di Exeter hanno raccolte questi dati prima della pandemia di Covid-19 e hanno potuto notare come il contenuto pubblicato su molti canali YouTube sia cambiato radicalmente in questo periodo. «Ho visto molti più zoo fare video dal vivo durante il lockdown per spiegare il significato delle loro varietà di animali», spiega Rose.
Un maltrattamento in uno zoo? Segnalalo: ecco come
Diverse associazioni animaliste si battono da tempo per chiedere di liberare gli animali dei giardini zoologici. Tra queste c’è la Ong britannica Born Free, impegnata a lavorare per garantire anche che vivano in adeguate condizioni. Per questa ragione hanno attivato una iniziativa a cui tutti possono partecipare, coinvolgendo anche i membri del Parlamento europeo e i tour operator. L’associazione suggerisce anche di mandare recensioni negative su siti come Trip Advisor. Un'opportunità che viene suggerita è di presentare le denunce di ciò che non va anche alle organizzazioni che riuniscono i giardini zoologici internazionali: tra queste, Waza (World Association of Zoos and Aquariums) ed Eaza (European Association of Zoos and Aquaria)