La scoperta di una nuova barriera corallina è un evento ormai molto raro, eppure un gruppo di biologi marini della Scripps Institution of Oceanography e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) è riuscito in questa impresa, individuandone una precedentemente sconosciuta al largo degli Stati Uniti, mentre mappavano con i sottomarini parte della costa orientale. Questa barriera corallina ha tra l'altro anche battuto un precedente record, divenendo la più grande barriera corallina di acqua profonda conosciuta, come emerge dallo studio pubblicato sulla rivista geomatics.
La barriera si trova a circa 161 chilometri dalla costa, in un tratto di Atlantico settentrionale che per anni era stato considerato dai biologi come un territorio abbastanza povero di vita e costituito per lo più da sedimenti morbidi. «Per anni abbiamo pensato che fosse così – ha spiegato una delle protagonisti della scoperta, Kasey Cantwell, capo delle operazioni per il NOAA – Dopo più di 10 anni di mappatura sistematica e di esplorazione, abbiamo però rivelato uno dei più grandi habitat di barriera corallina mai trovati al mondo e siamo particolarmente fieri di questo risultato».
Questa scoperta è stata possibile grazie a 23 immersioni con sommergibili e a 31 tentativi di rilievo con sonar multi raggio dei fondali marini dell'area ora soprannominata Million Mounds, estesa quanto l'intero stato della Florida. La barriera appena scoperta misura infatti 500 chilometri di lunghezza e 110 chilometri di larghezza, mentre i coralli coprono una superficie che raggiunge anche i 1.000 metri di profondità.
La specie più presente di questa barriera corallina è il corallo di pietra Desmophyllum pertusum, che sopravvive con una temperatura media dell’acqua di 4°C. La maggior parte delle specie presenti, però, non sono molto colorate, poiché a tali profondità i raggi solari non penetrano adeguatamente nella colonna d'acqua, permettendo così esclusivamente la sopravvivenza tramite la filtrazione delle particelle di cibo dall'acqua circostante.
Proprio per svolgere questo compito, i coralli di questa barriera corallina hanno quindi sviluppato delle ramificazioni molto estese, che se da una parte consentono di avere una maggiore superficie di assorbimento dei nutrienti, forniscono anche riparo e protezione a una gran varietà di altri organismi, tra cui pesci, molluschi e varie specie di echinodermi come ricci, oloturie e stelle marine.
Questa scoperta ha permesso anche gli scienziati di confermare una vecchia teoria che circola spesso nelle aule in cui si radunano gli esperti di oceanografia. Ovvero che le barriere coralline di acque profonde coprano una superficie maggiore rispetto a quelle tropicali e che quindi svolgono un ruolo molto importante per la biodiversità, come per esempio l'assorbimento del carbonio. L'unico problema è che sono molto difficili da individuare, perché a differenza delle barriere coralline di superficie si trovano appunto in profondità e sono più difficili da raggiungere.
Come sottolineato inoltre da Kasey Cantwell e da altri autori dello studio che ha commentato la scoperta, questi coralli sono molto vulnerabili rispetto alle reti normalmente utilizzate per la pesca a strascico. Per questa ragione, gli oceanografi e diversi attivisti si stanno già adoperando per richiedere il bando di pesca in alcune delle aree individuate da questo studio, così da tutelare la biodiversità sottomarina e l'integrità di questi preziosi ecosistemi.