I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica della Carnegie Mellon University a Pittsburgh, in Pennsylvania, sono anche dei grandi appassionati di paleontologia e questa loro passione si è rivelata molto utile quando hanno cominciato a pensare di costruire dei robot in grado di "riportare in vita" alcune antiche e misteriose creature estinte, che da decenni alimentano il dibattito scientifico su come fossero o si muovessero quando erano in vita.
Il loro progetto si chiama Softbotics e secondo gli scienziati coinvolti promette di cambiare completamente gli studi inerenti l'evoluzione delle specie più antiche, poiché permette di ricostruire i movimenti e alcuni comportamenti di animali di cui sappiamo ancora molto poco. L'avanguardia del loro metodo – spiegano gli ingegneri nello studio pubblicato sulla rivista PNAS – consiste nel ricostruire le varie parti di organismi ormai estinti tramite stampanti 3D, che una volta assemblate tra loro possono di fatto ricostruire e testare per esempio i movimenti o la locomozione di questi animali ipotizzati dai paleontologi.
Per testare la loro idea, gli scienziati della Carnage Mellon University hanno così scelto un antico animale marino chiamato Pleurocystites, un echinoderma parente delle attuali stelle marine e ricci di mare vissuto 450 milioni di anni fa, la cui locomozione è stata considerata misteriosa fino a questo momento per via della curiosa morfologia delle sue parti anatomiche.
Costruendo ciascuna parte del suo corpo, i ricercatori hanno tuttavia dimostrato come questo antico animale, fra i primi ad allontanarsi dai sedimenti del fondale e a muoversi attivamente, grazie a uno stelo muscolare che spingeva il suo corpo in avanti come una sorta di molla o catapulta. Locomozione che è possibile vedere nei video allegati allo studio. Ovviamente, per raggiungere questi risultati «i ricercatori della neonata comunità della robotica bio-ispirata hanno dovuto scegliere solo le caratteristiche principali che vale la pena adottare dagli organismi», come ha dichiarato Richard Desatnik, uno dei principali ingegneri coinvolti da questo progetto.
«Essenzialmente, dobbiamo decidere come far muovere i nostri robot, scegliendo le migliori strategie di locomozione – ha aggiunto Zach Patterson della CMU e co-autore dell'articolo – Ad esempio, un robot stella marina che riprende le morfologie di una specie estinta nel Devoniano avrebbe davvero bisogno di usare 5 arti per la locomozione o possiamo trovare una strategia migliore?».
In seguito della pubblicazione del loro articolo, ora gli ingeneri sono alla costante ricerca di nuovi fossili in grado di poter essere utilizzati tramite nel progetto Softbotics. E tra le specie che gli ingegneri intendono prima o poi ricreare ci sono i primi organismi invertebrati che hanno raggiunto la terraferma. Questa nuova scienza, definita dai ricercatori come paleobionica, ovvero la collaborazione della bionica applicata alla paleontologia, ha ovviamente ampi margini di miglioramento, sottolineano Patterson e Desatink, anche perché i loro sistemi sono giovani e necessitano ancora di alcuni aggiornamenti.
Grazie però alla consulenza di paleontologi spagnoli e polacchi, che includono Przemyslaw Gorzelak dell'Accademia Polacca delle Scienze e Samuel Zamora dell'Istituto Geologico e Minerario della Spagna, il team è riuscito già a compiere passi da gigante nell'arco degli ultimi mesi e si aspetta che in futuro il processo di costruzione dei Softbotics sarà ancora più rapido, preciso e veloce.