Un piovanello comune (Calidris ferruginea), un piccolo limicolo distribuito in quasi tutto il mondo, è stato salvato dall'aggressione di una cornacchia dai gestori dell’Oasi Naturista di Capocotta.
Un gesto che ha creato polemica e pareri divisivi: da una parte c'è chi parla dell'insensatezza dell'interferenza dell'uomo con un fenomeno naturale quale la predazione, dall'altra chi vede il risvolto pratico della questione in quanto il piovanello comune è una specie segnalata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) come "prossima alla minaccia", mentrela cornacchia è un animale estremamente diffuso.
La situazione è più complessa di così e va osservata più nel dettaglio, prendendo in considerazione la zona del salvataggio e le dinamiche naturali in gioco. L'Oasi è all'interno di un meraviglioso contesto naturalistico, un ambiente estremamente diffuso prima che la maggior parte del litorale italiano fosse deturpato da colate di cemento e file di stabilimenti: l'ecosistema dunale.
In una spiaggia incontaminata, infatti, non troveremmo una grande distesa di sabbia brulla, ma ovunque guardassimo ci sarebbe vita. Da una parte i lunghi gambi d'orati dal sole dell'ammofila che svetta dalla cima della duna, mentre sotto lo zigolo delle spiagge e il convolvolo, due piante dai fiori meravigliosi visibili solo in questo particolare ecosistema. Un altro passo e ci troviamo in una zona dell'ecosistema estrema: qui la salinità derivante dall'acqua del mare è talmente elevata da far resistere solo il cachile marittimo, pianticella apparentemente inerme ma estremamente resistente al vento, alla sabbia cocente e al sale marino.
A far capolino tra queste piante che sopravvivono a un ambiente che possiamo definire quasi estremo, una comunità animale altrettanto resistente. Da una parte dei piccoli coleotteri neri, le pimelie, che lasciano le loro minuscole orme sulla sabbia che non sembra impedirgli in alcun modo i movimenti grazie alle particolari strutture setolose sulle zampe. Dall'altra abbiamo insetti che si posano sui fiori come la farfalla sfinge o le lucertole che veloci effettuano piccoli scatti da una zona di vegetazione all'altra.
Potremmo parlare dell'importanza di questo ecosistema per ore per via dei numerosi modi in cui supporta gli animali e l'uomo. Ad esempio, è in grado di fermare il vento carico di salsedine proveniente dal mare permettendo così a tutti di godere di meravigliose passeggiate al fresco nelle quercete miste tipiche della macchia retro-dunale. Di questa complessa rete di interconnessioni fra animali e vegetali fa parte anche lui: il piovanello comune.
Questo piccolo uccello è caratterizzato da un becco piuttosto lungo, nero e arcuato verso il basso e delle zampe anch'esse lunghe e nere. È un limicolo, ovvero un camminatore dell'acqua esperto nel cercare cibo in zone umide dove, grazie alle sue lunghe zampe e al becco, riesce a pescare gli alimenti facilmente senza doversi immergere completamente. Questi animali non sono minacciati, ma il forte impatto dell'uomo ne sta assottigliando la popolazione, raggiungendo lo stato di "prossima alla minaccia".
Per questo motivo, in questo caso specifico, decidere di intervenire non è considerabile un'azione deprecabile e in ogni caso l'intervento è stato rapido e non ha previsto un contatto prolungato con l'essere umano. Una volta recuperato l'uccello, infatti, i due gestori hanno chiamato il vicino Centro habitat Mediterraneo della Lipu di Ostia, che ha inviato un volontario a prelevare l'animale che, nell'incontro con la cornacchia, era rimasto ferito.
Solitamente, però, le interferenze con la fauna selvatica, soprattutto quando si tratta di predazioni, sono quasi sempre sbagliate, spesso illegali, e vanno il più delle volte stigmatizzate. Anche se può sembrare crudele, interferire con certe dinamiche naturali può forse salvare la vita a una preda, ma potrebbe condannare a morte un predatore, che sta semplicemente comportandosi come può per sopravvivere.
In definitiva ogni volta bisogna sempre considerare contesto e soggetti coinvolti ma ricordarci anche che siamo una specie sociale, fortemente empatica e ciò comporta maggiore sforzo da parte nostra nel non agire guidati dall'emotività. Del resto la Storia ci insegna che non siamo semplici osservatori del mondo, lo abbiamo modificato e influenzato profondamente e, aldilà dell'interferire con le dinamiche naturali, è nostro dovere riuscire a riparare ai crimini perpetrati da noi stessi nei confronti della natura lì dove possiamo.