Il piccolo pappagallo panciarancio è una specie talmente vicina all'estinzione che appena cinque anni fa ne erano rimasti solamente 20 in tutta la Tasmania, l'unico posto nel mondo dove questa specie migratrice si riproduce. Quest'anno, però, a completare l'annuale migrazione dalle coste dell'Australia sud-orientale attraverso il braccio di mare che separa il continente dalla Tasmania, c'è stato un numero "record" di individui, ben 81: che per quanto possa sembrare ancora basso è il più alto mai osservato in natura negli ultimi 15 anni.
Lo hanno confermato gli esperti dell'Orange-bellied Parrot Tasmanian Program, il progetto di conservazione che da anni studia, monitora e soprattutto alleva in cattività questa specie per scongiurarne l'estinzione definitiva. L'annuale censimento appena concluso conferma quindi che la specie, seppur ancora criticamente minacciata di estinzione, è in lenta ma costante ripresa e che parte di questa crescita è merito anche dell'allevamento, con successivo rilascio in natura, di alcuni individui in cattività in giardini zoologici e centri specializzati.
Degli 81 uccelli avvistati in Tasmania, 24 erano infatti nati in natura e 6 erano invece giovani allevati e liberati nella scorsa stagione. I risultati del censimento rivelano anche che 50 di questi uccelli sono maschi e 31 invece femmine. Ottantuno uccelli in totale rimasti in natura è sicuramente un numero ancora pericolosamente basso e e vicino al baratro dell'estinzione, è tuttavia addirittura il quadruplo rispetto solamente al 2018. Negli ultimi cinque anni, infatti, i dati del censimento sono stati i seguenti: 20 individui nel 2018, 23 nel 2019, 51 nel 2020, 70 nel 2021 e 77 nel 2022.
Il pappagallo panciarancio (Neophema chrysogaster) è un piccolo uccello endemico dell'Australia meridionale e una delle sole tre specie di pappagalli che migrano. È lungo circa 20 cm e presenta uno spiccato dimorfismo sessuale. Il maschio adulto si distingue per le parti superiori del corpo di colore verde brillante, quelle inferiori gialle e il ventre, da cui prende il nome, arancione. La femmina adulta e i giovani sono invece di colore verde più opaco, ma entrambi i sessi possiedono un'evidente banda frontale e parti esterne delle ali di due tonalità diverse di blu acceso.
Un tempo la specie era molto più diffusa e veniva regolarmente avvistata anche lungo la costa continentale da Sydney ad Adelaide. A causa però di diverse minacce, tra cui la perdita di habitat, gli incendi e la competizione per il cibo con specie aliene introdotte dall'uomo, la popolazione ha subito un vero e proprio tracollo numerico che ha richiesto un'importante piano d'azione governativo per scongiurarne l'estinzione definitiva. A partire dal 2011, infatti, vengono regolarmente allevati in cattività nuovi piccoli per "rimpolpare" la popolazione in natura, e fortunatamente il programma di recupero sta dando i frutti sperati.
Quest'anno lo staff dell'Orange-bellied Parrot Tasmanian Program ha liberato 19 uccelli allevati in cattività e le prime ispezioni dei nidi della stagione a Melaleuca, nel remoto e selvaggio sud-ovest della Tasmania, suggeriscono un inizio molto promettente per la nuova stagione riproduttiva. Nonostante ciò, la specie resta chiaramente estremamente minacciata, anche perché la sua annuale migrazione – comportamento più unico che raro tra i pappagalli – è estremamente rischiosa e non tutti gli individui che partono riescono ad arrivare, purtroppo, a destinazione.
Dei 139 uccelli partiti lo scorso anno da Melaleuca, 58 non ce l'hanno fatta e sono tornati, anche se un tasso di ritorno superiore al 50% viene comunque considerato positivo. Per tutti gli uccelli migratori, infatti, il viaggio di andata e ritorno tra le aree riproduttive e quelle invernali, resta una delle principali cause di morte, soprattutto per gli individui giovani e inesperti che affrontano la loro prima migrazione. In passato, per esempio, si era raggiunto un tasso di sopravvivenza che si era abbassato addirittura ad appena 15% di quelli che partivano.
Per cui, questo nuovo record e il costante aumento dei pappagalli che tornano ogni anno in Tasmania per riprodursi, testimoniano quindi l'incredibile duro lavoro e la dedizione del team che lavora per il recupero dei piccoli pappagalli panciarancio. Il prossima passo del progetto, sarà ora lavorare alla crescita autonoma della popolazione, perché prima o poi gli uccelli dovranno "imparare" a nutrirsi e a riprodursi senza il supporto degli esseri umani. I pappagalli ricevono infatti ancora cibo supplementare e si riproducono soprattutto nelle cassette nido installate dagli esperti.
A un certo punto la popolazione dovrà diventare abbastanza grande da non dover più proteggere singoli uccelli e singoli nidi. Gli esperti stanno quindi pensando di ridurre sia il supporto alimentare che le cassette nido, per favorire così una riproduzione "più naturale" all'interno delle cavità degli alberi. Ridurre l'aiuto dell'essere umano porterà inevitabilmente ad alcune perdite per la popolazione, ma se vogliamo davvero salvare questa specie affinché diventi davvero autonoma, i piccoli pappagalli dovranno "imparare" anche ad affrontare tutto questo. Ma la strada giusta, per fortuna, sembra ormai presa.