Spesso in città si vedono piccioni con materiale impigliato tra le zampe, ma nella maggior parte dei casi si tratta di rifiuti nei quali si ingarbugliano accidentalmente. Nel caso del soccorso fatto dall’Enpa a Milano, invece, il piccione fortunatamente salvato, ha subito un deliberato maltrattamento. «Ci ha contattato qualche giorno fa la Polizia Locale di Rho, per chiedere se fosse possibile consegnarci un piccione ferito – racconta un volontario su Facebook – Naturalmente abbiamo accettato e gli agenti che si sono presentati con l’animale spiegando alla nostra operatrice che era stato recuperato con le zampe legate».
All’arrivo, i lacci erano già stati sciolti dagli stessi agenti per dare all’animale migliori chance di sopravvivenza, intervento provvidenziale ma che in ogni caso è sempre meglio eseguire con grande cautela per evitare lesioni. L’assenza di circolazione, infatti, può causare in poco tempo danni permanenti agli arti, impedendo al volatile di potersi posare e alimentare correttamente.
«Non è raro che i piccioni restino intrappolati in quello che trovano per strada, ma questo soccorso è stato la conseguenza di un deliberato maltrattamento, che per fortuna è stato denunciato – spiegano ancora dall’Enpa, ricordando a chi se lo fosse dimenticato che «ai sensi dell’articolo 544 ter del Codice Penale, «chiunque causi lesioni ad un animale o lo sottoponga a condizioni non compatibili con le sue caratteristiche etologiche commette a tutti gli effetti un reato penale».
Denunciare alle autorità competenti tutti i comportamenti che contribuiscono a distruggere flora e fauna, è fondamentale anche per far crescere una sempre maggiore presa di coscienza da parte di tutti sull’importanza della tutela del patrimonio naturale e faunistico nella sua totalità. Infatti, indipendentemente dal fatto che i piccioni siano antipatici a davvero molte persone, la loro vita vale tanto quanto quella di un altro animale selvatico. A dirlo, non sono gli animalisti, ma è la Corte di Cassazione con un’importante sentenza del 2019 nella quale veniva confermata la condanna nei confronti di un pescatore di siluri perché legava le zampe ad alcuni piccioni vivi appendendoli all’amo e utilizzandoli come esche nel fiume.
Tale verdetto ha pertanto ribadito ciò che viene detto nella legge nazionale n. 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” chiarendo nuovamente che questo volatile presente in città va «assimilato agli animali selvatici, godendo quindi della loro stessa tutela legale». Secondo la norma, infatti, anche i piccioni sono “bene ambientale” e “patrimonio indisponibile dello Stato” e dunque non possono essere catturati né abbattuti senza autorizzazione della Provincia o della Città Metropolitana in coordinamento con il Comune, gli unici enti che in ambito di materia igienico-sanitaria possono decidere come comportarsi nella gestione di questi volatili.
Infatti, la legge prevede la possibilità per ragioni sanitarie, di tutela del patrimonio zootecnico o di quello storico-artistico, di mettere in atto azioni di contenimento della specie, ma i Sindaci devono obbligatoriamente ricorrere a “metodi ecologici” di contenimento del fenomeno e, soltanto in caso di esito negativo, potranno adottare piani di abbattimento da realizzare, in ogni caso, per mano di guardie venatorie preposte. Quindi, in sintesi, maltrattare questi animali è reato. La legge non fa discriminazioni sul reato di uccisione e di maltrattamento di animali che invece colpisce «chiunque, per crudeltà o senza necessità» uccide o maltratta un animale, qualsiasi, compreso i piccioni che vivono nelle nostre città.