«Questi 8 milioni di euro saranno destinati alla ricerca e in particolare saranno utili per dare un'enorme spinta a studi volti a garantire il benessere degli animali. Molti di questi difficilmente trovano finanziamenti esterni così grandi». Con queste parole Chiara Mariti, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Pisa, commenta a Kodami come verrà spesa la somma di denaro del progetto OSCAR, erogata dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) come riconoscimento dell'incredibile qualità della ricerca di solo 180 dipartimenti in tutta Italia.
A conquistare l'attenzione del MUR sono, in particolare, le interazioni fra uomini e animali e la necessità che questo rapporto sia il più sano possibile. Per questo motivo il Ministero ha assegnato il titolo di "dipartimento di eccellenza" al Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Pisa.
Prima di approfondire l'aspetto pratico del progetto OSCAR (Open Science in Co-Creative Animal Research) capiamo insieme come si accede ai fondi e cosa significa "dipartimento di eccellenza".
«Esiste un gruppo incaricato dal MUR di valutare ogni 5 anni la qualità della ricerca dei dipartimenti italiani – spiega Chiara Mariti – Una volta fatta la valutazione viene stilata una classifica e i primi 350 dipartimenti italiani sono definiti "di eccellenza". Il progetto OSCAR prevede una seconda fase di selezione dove, fra questi 350 organi di ricerca, ne vengono selezionati solo 180 che presentano un progetto di sviluppo dipartimentale, in sostanza parliamo di "eccellenze fra le eccellenze". Infatti, i fondi vengono erogati a chi di partenza ha già una buona ricerca e nell'ambito delle scienze veterinarie siamo l'unico dipartimento ad averli ottenuti».
Una sorta di Oscar alla ricerca scientifica, insomma, ma invece di una statuetta dorata gli studiosi ricevono un riconoscimento che va ben oltre il constatare l'operosità dei laboratori all'interno del dipartimento, ma sostiene una idea di base fondamentale: la collaborazione fra esperti migliora ogni aspetto della ricerca, dalla didattica alla comunicazione al grande pubblico. «La nostra idea è: facciamo in maniera che la scienza si apra al mondo esterno, questo è il vero significato del termine open science – continua l'esperta – Per farlo stiamo costituendo dei "cocreation lab", ossia laboratori veri e propri dove si incontrano regolarmente studiosi e persone della società civile per discutere di problemi che la ricerca dovrebbe affrontare».
Si creano dunque momenti di contatto reali per parlare di temi che coinvolgono diversi attori, dagli allevatori alle aziende farmaceutiche fino ad arrivare ai cittadini. La ricercatrice spiega proprio come questo passo sia fra i più importanti del progetto OSCAR: «Spesso all'interno dei laboratori si ha una punta di diamante, ovvero una linea di ricerca che va forte. Per il progetto OSCAR, invece, abbiamo raggruppato le varie anime del dipartimento, considerando sempre che al centro del nostro operato ci sono gli animali. Prendiamo in esame dall'attività medica veterinaria fino all'aspetto etologico e di relazione uomo-animale».
Si tratta dunque di fondi che permetteranno di migliorare direttamente diversi aspetti della vita degli altri esseri viventi. Fra le linee di ricerca, ad esempio, ne esiste una volta a capire come rendere sostenibili gli allevamenti, mentre sono estremamente attuali gli studi sull'effetto dei cambiamenti climatici sugli animali. «I fondi ricevuti saranno allocati nelle diverse aree di competenza e serviranno per aumentare il numero di ricercatori nei laboratori e comprare attrezzature all'avanguardia. Molte di queste permetteranno di aumentare la capacità di diagnosi e di terapia», aggiunge Mariti.
Le migliorie al benessere degli animali che può portare il progetto, però, non terminano qui. «Questi fondi avranno delle ricadute importanti anche sulla didattica – spiega ancora l'esperta – Vuol dire insegnare a specializzandi, dottorandi e a tutti gli studenti che un giorno si approcceranno agli animali con mezzi utili per una formazione professionale d'eccellenza. Ad esempio fra le attrezzature acquisite ci sono dei simulatori che permettono una didattica avanzata senza l'uso di animali».
L'Italia si riconferma quindi il paese dell'eccellenze ma quanto davvero si investe sulla ricerca? Gli ultimi dati disponibili sulle spese sostenute sono del 2020 e provengono da analisi ISTAT. Secondo lo studio sono sono stati spesi nel 2020 circa 25 miliardi di euro, il 4,7% in meno dell’anno precedente. Inoltre, la spesa sostenuta dalle imprese è diminuita del 6,8% rispetto al 2019. In calo anche la spesa delle Università (-2,0%) mentre aumenta quella delle istituzioni private non profit (+2,2%) e resta stabile la spesa delle istituzioni pubbliche.
Il calo della spesa è dovuto anche all'impatto della pandemia e infatti, nonostante ancora non esistano analisi complete per il 2021 e 2022, i dati preliminari segnalano per il 2021 un’importante ripresa con il 5,2% in più rispetto al 2020, e per il 2022 circa il 3,9% in più sul 2021. Sembrerebbero dati rincuoranti, ma c'è sempre da tenere in considerazione che l'Italia ad oggi è ancora ben sotto alla media europea. Secondo i dati Eurostat del 2021 siamo quattordicesimi dopo Ungheria e Portogallo con solo 25 miliardi di euro spesi.
Gli 8 milioni del progetto Oscar, dunque, sono senza dubbio pochi comparati con queste cifre. C'è ancora molto da fare per far risplendere il settore della ricerca in Italia ma non per questi gli scienziati dello Stivale si danno per vinti: un "Oscar" più che meritato che premia quindi, soprattutto, la dedizione.