Uno nuovo studio ci avvicina ancora di più a comprendere in che parte del cervello si troverebbe la coscienza prendendo come esempio i topi, portando avanti un dibattito che ha una tradizione centenaria.
Infatti, prima del XVI secolo i popoli antichi ritenevano che la coscienza e l'anima fossero la stessa cosa e che questa fosse racchiusa in diverse parti del corpo: gli antichi greci, ad esempio, ritenevano fosse nelle gambe, con l'avvento del Cristianesimo si riteneva fosse nel cuore, ma con il famoso "Cogito ergo sum" di Cartesio agli inizi del 1600 quest'ultima si posiziona nel cervello.
Lo studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex è stato condotto dall'Università di Tokyo e mostra l'importanza di certi tipi di connessioni neurali nell'identificazione della coscienza. In ogni caso, prima ancora di riuscire a individuarla, i ricercatori hanno dovuto rispondere a una domanda fondamentale che tutti i filosofi dall'alba dei tempi si sono posti: cos'è la coscienza?
Le prove della coscienza negli animali
La questione può essere affrontata da più punti di vista. Ad oggi siamo consapevoli che gli animali possiedono capacità percettive più o meno sviluppate, alcuni possono riconoscersi allo specchio come i cavalli, mostrando di avere in qualche modo una coscienza di sé, mentre altri possiedono delle capacità riflessive degne di nota, come i corvi.
Gli studiosi giapponesi, però, non si sono solo limitati a osservare: hanno creato una vera e propria mappa celebrale con tutti i percorsi neurali chiamata connettoma, prendendo come esempio il topo. Poi, per identificare le aree del cervello in cui risiede la coscienza, i ricercatori hanno cercato un segno distintivo specifico all'interno delle reti neurali del cervello e lo hanno trovato nei "percorsi bidirezionali".
In poche parole, quando vediamo qualcosa o sperimentiamo una sensazione, il nostro cervello riceve informazioni dai nostri organi di senso e le invia al cervello tramite un impulso chiamato "segnale feedforward". Questi segnali da soli non possono bastare per descrivere la coscienza in quanto descrivono semplicemente che l'organismo, in questo caso il topo, ha visto, sentito, toccato o, in generale, percepito qualcosa.
Il cervello, quindi, ha anche bisogno di inviare informazioni indietro con un segnale che risponde allo stimolo ricevuto, chiamato "segnale feedback". L'insieme di questi due segnali vengono chiamati normalmente "percorso bidirezionale" ed è questo che permette a tutti gli animali, uomo compreso, di percepire coscientemente gli stimoli.
Infatti, proprio quando si è incoscienti, addormentati o svenuti, ad esempio, i meccanismi di segnale feedback vengono bloccati. Questo significa che sì, siamo in grado di percepire gli stimoli ma non possiamo rispondere. Dato che non tutte le parti del cervello possiedono connessioni bidirezionali in grado di rispondere ai segnali ricevuti, i ricercatori hanno ipotizzato che queste potessero essere un segno distintivo essenziale per riconoscere quelle aree che sono responsabili della coscienza.
Mappare il cervello del topo per scoprire dove risiede la coscienza
A questo punto ai ricercatori non rimaneva che scoprire quali parti del cervello fossero privi di connessioni bidirezionali. Per questo motivo hanno studiato il connettoma del topo, una dettagliata mappa con tutte le informazioni sui percorsi neurali del suo cervello. E così facendo hanno scoperto che le parti con la caratteristica della bidirezionalità non erano distribuite uniformemente tra tutte le principali regioni del cervello, ma erano concentrate nelle regioni corticali e talamiche.
La corteccia cerebrale, situata sulla superficie del cervello, contiene aree sensoriali, aree motorie e aree di associazione che sono essenziali per conoscere il mondo e si ipotizza siano dunque fondamentali per la coscienza. Il talamo, situato al centro del cervello, è strettamente legato alla regione corticale e ha connessioni anche con il sistema limbico, parte del cervello che ha un ruolo chiave nelle reazioni emotive e nelle risposte comportamentali.
Così facendo gli studiosi giapponesi hanno risposto solo parzialmente al quesito, scoprendo un nuovo modo per definire la coscienza e alcune potenziali parti dove potrebbe risiedere. Ma, ad oggi, che la coscienza risieda proprio in quelle zone del cervello rimane ancora un mistero. Quello che è certo è che il famoso aforisma di Cartesio andrebbe forse rivisto. Non più "Cogito ergo sum", ovvero "penso, quindi, sono", ma "Percipio et respondeo ergo sum", cioè "percepisco e rispondo e, quindi, sono".