Tanto sottili quanto pericolose, le lenze da pesca hanno uno spessore di pochi decimi di millimetro, ma nonostante ciò possono mutilare o uccidere ogni anno un numero enorme di uccelli, tanto grande che è persino difficile da calcolare. Nonostante ciò, chiunque abbia mai praticato birdwatching in zone umide costiere sa bene quanto sia diffuso questo problema.
Quando si osservano grossi stormi di gabbiani, piovanelli, corrieri e altri uccelli acquatici, è quasi scontato vedere individui con zampe avvolte dalle lenze o addirittura completamente amputate dal graduale stritolamento del filo di nylon. Il più delle volte i birdwatcher e gli ornitologi non possono far altro che osservare inermi perché, sebbene in difficoltà e condannati a morte certa, gli uccelli sono ancora in grado di volare ed è praticamente impossibile avvicinarli per soccorrerli.
«Il sottile filo di nylon a cui spesso vengono legati ami e piombini può restare in agguato per decenni lungo la riva o spostarsi in altri luoghi e comportarsi esattamente come una trappola, per tutti animali che lo ingeriscono o che ne restano avvolti – Spiega Rosario Balestrieri, ornitologo e assegnista di ricerca presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn – Negli uccelli è particolarmente difficile stimarne l’impatto, in quanto una parte cospicua degli uccelli feriti o debilitati può continuare a spostarsi per poi morire lentamente in mare aperto, dove è quasi impossibile da rilevare. Le lenze poi non sono nemmeno selettive, come sì è appurato da uno studio del 2015, tutte le specie di uccelli possono esserne vittime, indipendentemente dalle dimensioni dell’animale o dal fatto che si tratti della specie più comune o di una sull’orlo dell’estinzione».
Gli animali intrappolati fanno fatica a muoversi e spesso muoiono tra atroci sofferenze a causa di infezioni, lesioni e fame oppure finiscono per essere catturati più facilmente dai predatori. Sono centinaia o forse migliaia solamente in Italia gli uccelli che perdono la vita ogni anno a causa di lenze e ami da pesca abbandonati, ma si tratta di un problema fin troppo sottovalutato.
«Se osserviamo nelle zone portuali i gabbiani, spesso possiamo notare che ad alcuni di questi manca un piede, asportato dal filo di nylon che stringe sempre di più la parte del corpo a cui si è agganciata, mutilando infine l’animale – continua Balestrieri – Oltre ai gabbiani che osserviamo nei porti e che possono avere uno spettro alimentare ampio che comprende anche rifiuti, la stragrande maggioranza degli uccelli marini sono predatori specializzati che devono garantire performance notevoli per catturare le loro prede, nutrirsi o riprodursi con successo, per cui basta anche solo una piccola lesione per iniziare un effetto domino che può condurre alla morte o alla mancata riproduzione per l’animale».
Pivieri, piovanelli, gambecchi, beccacce di mare e gambecchi sono solo alcuni dei tanti uccelli marini che ogni anno devono affrontare lunghissime migrazioni lungo le nostre coste. Un viaggio pericolosissimo, che può essere bruscamente interrotto da un invisibile filo di nylon abbandonato da un pescatore poco attento: «I pescatori dovrebbero custodire con cura gli attrezzi da pesca, ami, piombi e lenze, che non andrebbero in alcun modi dispersi nell’ambiente – spiega ancora Balestrieri – Per ridurre le probabilità che un uccello predi l’esca, restando poi ferito, si consiglia di usare esche artificiali e di fare attenzione che non ci siano gabbiani, cormorani ed altre specie intorno all’area in cui si sta pescando».
Da alcuni anni si è iniziato a parlare di reti e lenze da pesca biodegradabili proprio per ridurre questo problema, che tra l'altro impatta anche su pesci, tartarughe, cetacei e altri animali marini. In questo modo il mare di fili di nylon che con il tempo si è andato ad accumulare su rive e fondali e che continua a espandersi a ritmi esponenziali, potrebbe avere una battuta di arresto, ma c'è ancora molto da fare e anche noi possiamo fare la nostra parte.
«Chiunque faccia una passeggiata lungo la costa e ha a cuore la salute della fauna selvatica può però fare la sua parte, raccogliendo lenze, ami e altri rifiuti dall'ambiente – Conclude Balestrieri – I birdwatcher invece hanno maggiori probabilità di osservare uccelli aggrovigliati, feriti o in difficoltà, per cui sono invitati a soccorrere l’animale se le circostanze lo permettono e documentare con foto e video questa strage silenziosa».