La Mongolia come il Trentino. E il leopardo delle nevi come l’orso. Anche in Mongolia infatti, dove ci sono territori smisurati dalla presenza umana più ridotta del Pianeta, i pastori avvertono che leopardi delle nevi e lupi, grandi carnivori e grandi predatori, costituiscono un enorme pericolo per il bestiame. Hanno cercato di risolverla sfruttando l’ingegno di un ricercatore italiano, Claudio Augugliaro, che in partnership con lo Snow Leopard Conservancy ha trovato il modo più innocuo, proficuo ed efficace per risolvete il problema. Dando anche un contributo allo sviluppo delle comunità locali.
Un italiano alla ricerca del leopardo delle nevi
«Nel 2017 siamo stati invitati a collaborare con grandissimo onore da Rodney Jackson che tutti nel campo scientifico considerano un punto di riferimento imprescindibile nello studio del leopardo delle nevi. Dall’anno successivo, approntai uno studio nella provincia di Bayan-Ölgii in Mongolia, sul conflitto tra pastori e grandi predatori come i leopardi delle nevi e i lupi. Si trattava di valutare l’effetto deterrente delle Foxlights (sistema di luci a intermittenza n.d.r.) nel tenerli lontani dal bestiame, perché la maggior parte delle persone che vivono in questa regione sono pastori nomadi e l'allevamento del bestiame è la principale fonte di reddito», spiega Augugliaro, ricercatore palermitano trapiantato da oltre dieci anni in Mongolia sulle tracce del gatto di Pallas e del leopardo delle nevi. Anche se i leopardi delle Nevi sono relativamente ben tollerati, infatti, le perdite di bestiame dovute alle varie specie di carnivori possono essere finanziariamente devastanti. Quindi, sebbene il leopardo delle mevi in Mongolia sia venerato come un simbolo, è importante trovare modi per ridurre il conflitto tra persone e predatori.
Gli studi di Claudio Augugliaro
«Lo Snow Leopard Conservancy si era interessato ai miei studi sul leopardo delle nevi effettuati negli anni precedenti in collaborazione con il MUSE, l'Unile la National University of Mongolia. Ero da poco riuscito ad individuarne un esemplare, grazie alle fototrappole installate, un pò di fortuna e molto lavoro di ricerca sul campo, in un habitat particolarmente inospitale dove nessuno avrebbe mai pensato di poterne trovare uno. Pubblicai l’individuazione del leopardo delle nevi nel punto più a sud est della Mongolia, su Check List, una rivista scientifica internazionale e, grazie a questo studio e alla mia esperienza di ricercatore specializzato su questo tema, fui contattato dalla Snow Leopard Conservancy di Jackson che mi propose una collaborazione. Da lì nacque il progetto delle Foxlight che, dal 2018, procede ancora oggi e continuerà per il tutto il 2021 e, speriamo, anche oltre. Sempre che si riesca a trovare i fondi necessari».
La Snow Leopard Conservancy
Scopo dell’organizzazione di Jackson è «aiutare le popolazioni locali a convivere con questo sfuggente predatore, sviluppando interventi di base, tra cui recinti a prova di predatori, Himalayan Homestays (rifugi per ecoturismo) e altri incentivi economici per trasformare il leopardo delle nevi da specie ritenuta nociva a bene prezioso agli occhi della popolazione locale – recita il sito dell’organizzazione – Lavorando con partner locali e comunità di pastori, in prima linea nella preservazione della biodiversità delle alte montagne dell'Asia centrale, e fornendo assistenza tecnica e finanziaria per attività legate alla gestione e conservazione della biodiversità, i nostri programmi rafforzano la proprietà della comunità sui progetti, l'autosufficienza a lungo termine e la salute dell’ecosistema». E, cosa fondamentale, coinvolgono le comunità locali nella ricerca di base non invasiva sugli animali, le loro prede e il loro habitat.
Le Foxlights tengono lontani i Leopardi delle Nevi dal bestiame
Dal 2018 al 2021, quindi, Claudio Augugliaro e il suo team, in cui spicca la moglie mongola Choikhand, anche lei ricercatrice e studiosa, coinvolgono una sessantina di pastori locali per la distribuzione e il controllo capillare delle Foxlights, luci lampeggianti ad energia solare. Mentre durante il giorno i cani da guardiania svolgono un controllo sufficiente, è dopo il tramonto che il bestiame risulta più esposto all’attacco dei grandi predatori. Durante la notte, infatti, queste luci multicolori che si accendono e si spengono, come un pastore che pattuglia con una torcia e ben visibili anche ad un chilometro di distanza, riescono a tenere lontani i predatori. Leopardi delle nevi e lupi, infatti, collegando la luce alla presenza dell’uomo, si allontanano senza attaccare il bestiame. «I primi dati sono stati incoraggianti – spiega Augugliaro – dimostrando che dove sono stati utilizzati non ci sono stati ulteriori attacchi. Tre pastori sono stati inoltre incaricati di raccogliere periodicamente dei questionari le cui risposte forniscono tantissime informazioni su tracce, impronte, carcasse di questi animali. Dati fondamentali nella valutazione dell’efficacia delle Foxlights e quindi necessari per continuare gli studi».
Conservazione e ricerca alla base della convivenza uomo/predatori
«Insieme alle Foxlights sono state inoltre posizionate nell’area del progetto anche fototrappole che dovrebbero fornire informazioni utili sull’abbondanza sul posto della specie, che verrà messa in relazione al numero degli attacchi – conclude Augugliaro che sottolinea – Questo metodo è particolarmente efficace sulle grandi distanze e su aree scarsamente abitate come l’Asia, dove gli animali selvatici non sono abituati alla presenza dell’uomo né alle infrastrutture ben illuminate e dunque la luce viene identificata come un vero pericolo da cui scappare».
Forse non sarebbe così anche in Italia, in Trentino in particolare, dove la presenza di orsi nell’ultimo periodo è sfociata in vere e proprie azioni di contenimento coatto, con la chiusura di tre plantigradi all’interno del recinto di Casteller voluta del presidente della Provincia Fugatti. Ma la storia di Claudio Augugliaro e delle Foxlights della Mongolia utilizzate come deterrente per tenere lontani dal bestiame Leopardi della Neve e Lupi, può insegnare molto su quanto conservazione e ricerca, soprattutto se basate su una moltitudine di azioni al fine di mitigare il conflitto, possano essere le basi per una convivenza pacifica con gli animali selvatici.